"Ho una cassetta da farvi sentire". David Byrne, il leader dei Talking Heads, arriva sul palco. È da solo, con una chitarra acustica e uno di quegli stereo portatili che si usavano negli anni Ottanta. Byrne attacca Psycho Killer ed inizia così il concerto che diventerà un film storico: Stop Making Sense. Presentato al Festival di Toronto e poi alla Festa del Cinema di Roma, ora tornato in sala con il titolo di Stop Making Sense. 40 Anniversary Experience. L'appuntamento è l'11, il 12 e il 13 novembre per una proiezione in 4K e audio Dolby Atmos 7.1. In una serata molto speciale, al Teatro Olimpico di Roma, lo scorso ottobre, abbiamo vissuto l'esperienza del film restaurato e il racconto di Jerry Harrison, il tastierista dei Talking Heads, e James Mockoski, il supervisore del restauro.
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Stop Making Sense venne girato nel corso di tre serate al Pantages Theater di Hollywood nel dicembre 1983, durante il tour dell'album Speaking in Tongues. È stato il primo film che ha utilizzato la tecnologia digital audio per il sonoro. Stop Making Sense inizia con dei titoli di testa simili a quelli de Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba di Stanley Kubrick e questo fa già capire che sarà un concerto, ma anche grande cinema. Non a caso, a dirigere c'è Jonathan Demme.
David Byrne ed un ingresso ad effetto
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David Byrne, prima di attaccare Psycho Killer, dice di avere un nastro che vorrebbe farci ascoltare. Ma in realtà quel beat della drum machine era un Roland TR-808 suonato dal banco di missaggio. È l'inizio delle danze. Ad ogni canzone un membro della band raggiungerà Byrne sul palco: Tina Weymouth, al basso, per Heaven, Chris Frantz, il batterista, per Thank You for Sending Me an Angel, e Jerry Harrison, alle tastiere e alla chitarra, in Found a Job. E via via si aggiungeranno altri musicisti. Jonathan Demme vide la cosa e decise di accentuarla. "Questa idea era nata in precedenza" racconta Jerry Harrison. "C'è un video del 1984 su YouTube in cui si vede come avevamo cominciato a introdurre questo tipo di concerto: iniziavamo con i 4 membri e poi arrivavano gli altri e diventavamo una big band. L'idea di David era di ampliare questa parte concettuale e aggiungere man mano i vari elementi". "La coreografia è venuta nel corso di quasi un anno di lavoro" continua. "Stavamo suonando insieme e David aveva cominciato a provare alcune mosse: le provava da solo e le filmava. Potevano sembrare strane, insolite. E così c'è stata un'elaborazione organica di quei movimenti".
Stop Making Sense è teatro, musica, cinema
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Il film di Jonathan Demme è una forma di spettacolo totale. Vedere la crew che crea il palcoscenico durante lo show fa pensare a uno spettacolo di Luca Ronconi o Bob Wilson. "Conoscevamo lo spettacolo di Bob Wilson The Knee Plays" racconta Jerry Harrison. "Abbiamo viaggiato in Giappone e abbiamo mutuato dal loro teatro l'idea di preparare davanti a tutti il palcoscenico. Lì gli aiutanti sono vestiti di nero e sistemano il palco mentre lo spettacolo va avanti. David Byrne ha detto: ispiriamoci a questo per fare il nostro show, ma in maniera discreta, che non dia fastidio".
Un film narrativo
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Nel film è come se ci fosse una storia che esce dalle canzoni. "Non la definirei proprio una storia, ma c'è un senso di narrazione" spiega Harrison. "Il film parte in maniera semplice e poi diventa tutto più complesso. All'inizio il palco è vuoto e c'è solo David Byrne; man mano che si uniscono gli altri musicisti e il palco viene costruito. E così anche le canzoni da più semplici diventano più complesse. La canzone finale è la più complicata". "Quello che è interessante è vedere le persone sul palco e i rapporti che si creano tra di loro" interviene James Mockoski. "È qualcosa che non sempre vedi quando assisti a un concerto. Jonathan Demme è stato bravissimo nello scoprirlo e a portarlo nel film".
Ipnotizzati da Tina Weymouth
Guardando Stop Making Sense, ogni volta in cui è inquadrata, è impossibile staccare gli occhi da **Tina Weymouth, la bassista dei Talking Head. Sembra la ragazza bionda di tanti college movie americani, ma il suo basso è l'anima del suono dei Talking Heads, è il groove. "A un certo punto fa la crab dance, la danza del gambero" ricorda sorridendo Jerry Harrison. "Ha questo ritmo, questo movimento in cui muove i piedi e va all'indietro". "In una vecchia copia in vhs del film c'era Tina che si muove in punta di piedi, balla sulle punte, è bella e armoniosa" ci svela il restauratore. "Questa cosa era stata poi tagliata, ed è tornata grazie al restauro".
Jonathan Demme: la musica al centro
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Rivedere oggi Stop Making Sense vuol dire anche ricordare Jonathan Demme. "Era una persona gioiosa, riusciva sempre a trovare il meglio nelle persone e nelle situazioni e a tirarlo fuori" ricorda il tastierista. "Amava la musica. C'è tanta musica nei suoi film. Quando c'è una canzone di solito è a volume più alto che in ogni altro film di qualsiasi altro regista. Per lui la musica era fondamentale, era parte integrante del film e non un sottofondo. Oggi grazie a lui e questo film possiamo tornare a rivivere i momenti come abbiamo fatto questa sera".
Chiedi chi erano i Talking Heads
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Quella dei Talking Heads è una musica cinematica, perfetta per i film. È una musica allegra, da ballare, ma ha anche dei tratti inquietanti, sinistri. "Forse c'è una sola canzone d'amore dei Talking Heads, è This Must Be The Place" spiega Jerry Harrison. "È quella in cui, nel film, David Byrne balla con la lampada da terra. David amava scrivere canzoni su situazioni o idee. Per questo le nostre canzoni sono adatte ai film: perché creano un'atmosfera, uno stato d'animo. In su e giù per Beverly Hills, la storia di un clochard che viene accolto in una casa di ricchi, ad esempio si ascolta Once In A Lifetime".
Ma ricordiamo anche che proprio This Must Be the Place dà il titolo a un film di Paolo Sorrentino, dove è cantata da David Byrne. È puro cinema anche il momento in cui David Byrne indossa il famoso Big Suit, un abito molto più grande della sua taglia, creato dalla stilista Gail Blacker, che è indossato a Nicolas Cage nel film Dream Scenario - Hai mai sognato quest'uomo?, proprio in omaggio a questo film. All'epoca i Talking Heads erano considerati gli intellettuali della scena musicale.
"Vivevamo l'ambiente di Soho e la Lower New York" ricorda Harrison. "Era un posto in cui gli affitti erano bassi e si poteva andare a vivere. C'era stata la recessione e molte fabbriche si erano trasferite in North Carolina, così c'erano molti loft vuoti che potevano essere presi in affitto: accanto ai musicisti rock potevi trovare artisti Philip Glass, Cunningham o altri artisti. Era il quartiere dove si riuniva l'avanguardia".
Il restauro sonoro
Guardare il film restaurato è una grande esperienza. A volte, durante lo show, non si capisce se l'applauso arriva dal pubblico del film o da quello in sala, che partecipa attivamente al concerto. Si sentono i suoni, come quelli delle tastiere, arrivare da sinistra o da destra. "Con il sistema multichannel è possibile cogliere e mettere insieme i dettagli" spiega Harrison. "Si può mettere in primo piano un dettaglio mentre il resto della musica resta più in secondo piano". "Se ascoltate il mix originale è come se aveste tutto il suono di fronte" aggiunge Mockoski. "Con queste nuove tecniche si riesce a fare in modo di farvi stare dentro il pubblico, come se il pubblico vi circondasse completamente".
Il restauro non è stato un horror, ma...
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Anche la storia del restauro di Stop Making Sense è avvincente, un film d'avventura alla ricerca del materiale perduto. "In genere le storie dei restauri sono degli horror" scherza Mockoski. "I negativi sono distrutti, consumati, fatti a pezzi. In questo caso i negativi erano in ottima forma. Io mi sono occupato della parte visiva e Jerry Harrison di quella sonora". "Avevamo una versione audio dell'album e altre versioni che però non avevano la perfetta sincronizzazione" interviene il musicista. "Abbiamo perso molto tempo, fino a che James ha trovato il master audio in un magazzino". "Quello che succede generalmente quando ci si occupa di restauri è che spesso non si trovano i materiali perché le società vanno in bancarotta e spariscono" spiega il responsabile del restauro. "In questo caso i negativi erano a Burbank, mentre l'audio era stato mandato in Kansas: la società non esisteva più e aveva spedito là la parte audio". Stop Making sense è stato definito da Leonard Maltin "uno dei più grandi film rock di sempre". E Pauline Kael scrisse che era "vicino alla perfezione". Buon ascolto, e buona visione, al cinema.