La prima volta che Steven Soderbergh e David Koepp hanno tentato di collaborare sul banco c'era l'idea di fare un remake di The Uninvited, un film horror del 2009, a sua volta già remake di una pellicola coreana del 2003. Del progetto poi non se ne fece nulla e il primo lavoro condiviso tra i due sarebbe arrivato nel 2022, quando su HBO Max uscì Kimi - Qualcuno in ascolto.

A più di trent'anni dai loro rispettivi debutti, entrambi presentati nel 1989 al Sundance Film Festival. Soderbergh con Sesso, bugie e videotape, che prima passò al Festival di Cannes e vinse la Palma d'oro, consacrando il regista all'età di appena 26 anni; Koepp (giusto per ricordarlo: suoi Jurassic Park, Mission: Impossible, Spider-Man) con Apartment Zero, diretto da Martin Donovan. E tra loro è quindi scattato qualcosa. Dopo Kimi - Qualcuno in ascolto ha seguito a stretto giro, nel 2024, Presence, e subito dopo Black Bag: Doppio gioco (nonostante da noi sia uscito prima quest'ultimo, con Presence presentato al Comicon di Napoli).
Un'ideale trilogia sui tremori della contemporaneità
Tre opere sulla carta molto differenti. Le prime due a bassissimo budget, l'ultima con un pacchetto produttivo delle grandi occasioni. Kimi un thriller, Presence un racconto sovrannaturale, Black Bag un intrigo tra spie. Ma non è un caso che siano arrivate tutte a distanza di così poco tempo l'una dall'altra, e in particolare a seguito del periodo della pandemia da Covid-19, che ha segnato un paradigmatico cambio di percezione nella maniera in cui viviamo la precarietà di un mondo sempre più instabile e illegibile.

Allora, Soderbergh e Koepp in questi tre film hanno raccolto i tremori - consci e inconsci - di una società in fame d'ossigeno. E da lì hanno incapsulato in un corpus comune le traiettorie di una ideale trilogia sulla resistenza del calore dell'umano davanti alla freddezza di una realtà sempre più vaporizzata, sempre più dispersa in una nube elettrica virtuale.
Kimi - Qualcuno in ascolto: who watches the watchmen?
In questo Kimi - Qualcuno in ascolto è il perfetto apripista. Come protagonista ha una ragazza, Angela (Zoë Kravitz), affetta da agorafobia, condizione sviluppatasi a seguito di un'aggressione subita e acuitasi durante il periodo di restrizione sociale dovuto dal Covid. Già dalla premessa c'è innanzitutto il tentativo di ragionare sul depositarsi della psicosi pandemica, e sul conseguente radicamento forzato del concetto di distanza e di sospetto.

La contingenza è quella di un distruttivo fenomeno biologico, ma la risultante è il ripiegamento negli spazi intimi di una casa, di un rifugio che setta attraverso la messa in scena un tema che tornerà anche in Presence e Black Bag: Doppio gioco. Cioè di un'ultima resistenza della dimensione del privato, anzi, della più minima dimensione del privato. Che in Kimi - Qualcuno in ascolto inizia ad essere assaltata nel momento in cui Angela, che lavora da casa su un controverso software di raccolta dati, viene a conoscenza di una possibile violenza sessuale.
Da lì tutto precipita rapidamente e il film fa annaspare la protagonista, la responsabilizza suo malgrado nell'apparentemente insolvibile dilemma tra l'intervento individuale e il muro di gomma tecnocratico contro cui questo sbatte. Nel mezzo emerge la questione cruciale dei nostri tempi, sospesi in immagini che si subisce come sempre più neutre: vedere tutto e ascoltare tutto è dunque un atto di avvicinamento - e quindi di protezione - nei confronti delle persone, o uno strumento che pone una distanza morale tra l'osservatore e l'osservato?
Presence: il fantasma della responsabilità si aggira sul mondo
Recuperare l'ambiente della casa è la prima cosa invece fatta da Presence, che diventa l'unico set del film. Spiegandone la genesi in un'intervista a due con Koepp su GQ, Soderbergh parla di "gimmick", di una trovata, che ruota attorno all'idea di stare tutto il tempo nel punto di vista di un fantasma che infesta un'abitazione. Una soluzione che permette al regista di dare sfogo, con "l'idea più semplice che abbia mai avuto", all'estro di infaticabile sperimentatore per il quale la critica e gli studiosi di cinema gli hanno sempre reso gli onori nella sua quasi quarantennale carriera.
In proposito, come prima su Kimi - Qualcuno è in ascolto e in seguito su Black Bag: Doppio gioco, Soderbergh lavora anche nei panni di direttore della fotografia sotto lo pseudonimo di Peter Andrews e allo stesso modo di montatore con quello di Mary Ann Bernard. E Il presupposto è senz'altro affascinante. Essere, con l'adozione di questa prospettiva, sotto il lenzuolo bianco di uno spirito consapevole. Che osserva, non visto ma percepito. Come osservano, non sempre visti ma di certo percepiti come presenti, i molti occhi che costantemente vigilano sulla nostra quotidianità - come vigilava anche Angela.
Ai fini del nostro discorso è allora interessante, rimanendo in dialogo con la pellicola precedente del duo, la risposta che Soderbergh e Koepp danno a questa postura tecnica: rovesciare il linguaggio dell'osservante facendo assumere al punto di vista "freddo" un impulso di calore, rendendo il fantasma benevolo, configurandolo come un custode che prova empatia e impara a squarciare il confine.
Protegge quando c'è da proteggere, si arrabbia quando c'è da arrabbiarsi, si sottrae dal guardare quando in ballo ci sono pudore e privacy. Termine, quest'ultimo, sempre più eroso e precario da quando, per tracciare un punto cardinale, è diventato di dominio pubblico nel 2013 lo scandalo legato a Edward Snowden e alle sorveglianze di massa.
Black Bag: Doppio gioco: la teoria del sospetto affettivo
Eccolo il campo d'indagine: come sondare oggi la distanza tra gli individui per andare poi a ricostruire una vicinanza? La domanda che continua a stagliarsi anche sopra Black Bag: Doppio gioco, terza collaborazione tra Soderbergh e Koepp che in apparenza ha una matrice completamente differente. Un budget alto (stimato sui 60 milioni di dollari), un cast di star (Michael Fassbender, Cate Blanchett), un genere perfetto per l'intrattenimento (il thriller spionistico).

Ma è, ancora una volta, tutto agli scopi dei due. Se Kimi - Qualcuno in ascolto faceva forza in particolare nella penna da manuale di Koepp e Presence nella regia di Soderbergh a zonzo con una steadycam, Black Bag: Doppio gioco li coagula ancor di più insieme. Lo spunto è quello di sondare il sospetto di un tradimento tra due spie, marito e moglie (eccola qui: l'unità minima del privato). La formula sta nella negazione delle tipiche coordinate del cinema di spionaggio, che evoca esotismi e spostamenti attorno al globo, e ripiegare in ambienti generici, uffici asettici, spazi interni quasi da kammerspiel, da cinema da camera.
Così facendo Black Bag: Doppio gioco interpreta la materia calda filtrandola attraverso una griglia narrativa fredda, che a sua volta incapsula le tracce d'erotismo nelle traiettorie dialettiche di una virtualità glaciale, di una empatia inafferrabile tra schermi e big data. Il calore affettivo è disperso tra telecamere di sorveglianza e programmi informatici incomprensibili, che queste spie (mestiere-vettore ideale per Soderbergh-Koepp) maneggiano come un dato di fatto fino all'anestesia. Il film allora rovescia i tentativi di adesione all'umano cercandoli, anche in questa occasione, negli strumenti impensabili della tecnica, come nell'uso del poligrafo o nello sparo di una pistola.
Per una nuova idea della tecnica
C'è da farlo presente: un amore simile per la teoria rende questo trittico in una certa misura una materia algida e "artificiale", patologia alla quale non è di certo nuovo lo sforzo di ricerca in cui si immola il cinema di Soderbergh. Presence, più di Kimi - Qualcuno in ascolto o Black Bag: Doppio gioco, accusa ad esempio la frizione tra ragionamento tecnologico e coerenza narrativa interna; il fantasma non attraversa le pareti e risponde alle nostre stesse leggi fisiche unicamente perché soggetto all'imperativo della macchina-steadycam.
Ciò però non sottrae nulla alla triangolazione con la quale Soderbergh e Koepp hanno messo a fuoco, attraverso le cornici di un riconfigurato cinema di genere, pulsioni e dissociazioni della nostra contemporaneità. Cercando, e qui sta l'aspetto più degno d'attenzione, di riposizionarsi sul confine tra umanità e progresso tecnico-scientifico, per riallacciare il sentimento tra i membri della prima attraverso una rivalutazione positiva, e positivista, della seconda.