Stellan Skarsgård e Bruno Ganz a Berlino con In Order of Disappearance

Un thriller innevato pieno di star e di vittime fa ridere Berlino. A dirigerlo è il norvegese Hans Petter Moland.

Ancora un thriller fulminante dalla Norvegia. In Order of Disappearance (in originale Kraftidioten), illumina il concorso del quinto giorno della Berlinale. La pellicola, diretta dal norvegese Hans Petter Moland, mescola humor nero, violenza grafica e argute trovate di sceneggiatura in una trama densa di eventi, malintesi e colpi di scena. Un po' Tarantino, un po' fratelli Coen, il film gode della presenza delle star Stellan Skarsgård e Bruno Ganz che animano l'incontro con la stampa insieme a Moland e allo sceneggiatore Kim Fupz Aakeson.

Stellan, come è stata l'esperienza sul set?
Stellan Skarsgård: Abbiamo girato in Norvegia ed era molto freddo, anche più che in Svezia.

Bruno, tu cosa ci puoi raccontare del tuo personaggio.
Bruno Ganz: Posso confermare anche io che era molto freddo e c'era un sacco di neve, ma mi sono divertito un sacco.

Bruno, di recente hai ricevuto un premio alla carriera. Hai interpretato un sacco di personaggi, ma come ti sei preparato stavolta? E' stato diverso dal solito?
Bruno Ganz: E' una buona domanda. Ci sono stati problemi linguistici, perciò per interpretare un serbo ho dovuto prepararmi con un coach, ma devo dire che il freddo ci ha fatto dimenticare le preoccupazioni linguistiche. E poi devo confessare che buona parte delle parole che pronuncio è inventata.

Stellan, stavolta tu usi la tua lingua madre, ma spesso sei costretto a recitare in altre lingue. Per te è un problema?
Stellan Skarsgård: Quando lavori in una lingua che non è la tua devi prepararti molto bene, ma devo dire che ormai in inglese mi sento sempre più a mio agio e sto anche migliorando il tedesco.
Hans Petter Moland: In Scandinavia, più che lingue, abbiamo dialetti diversi. Nel film quasi tutti gli attori parlano norvegese tranne Stellan, che parla svedese, e Birgitte Hjort Sørensen, che parla danese, ma si capiscono comunque.
Stellan Skarsgård: I norvegesi che guardano il film non si accorgeranno neppure che non parlo svedese. Penseranno che sono un norvegese con un impedimento linguistico.

Come mai nel film le donne sono così poco presenti?
Hans Petter Moland: Devo dire che in questo caso sono stato più
attratto dagli uomini.

Da dove è nata l'idea della storia?
Hans Petter Moland: Il film non è tratto da un libro. Stavolta sono stato attratto dall'idea di confrontare una società evoluta civile con gli istinti animaleschi che abbiamo dentro di noi. Per la sceneggiatura mi sono rivolto a Kim Fupz Aakeson perché ammiro il suo stile comico e il suo humor nero.

Tutti i tuoi film contengono un alto tasso di violenza. Come mai? Ne subisci la fascinazione?
Hans Petter Moland: Non credo di avere una fascinazione per la violenza, ma nei primi film mi concentravo su personaggi che tentano di evitare la violenza. Stavolta Stellan interpreta un uomo che decide di vendicarsi e non si ferma di fronte a niente. La violenza è innata nelle persone e talvolta esplode, come nel caso di questo personaggio. Volevo esplorare le conseguenze della violenza sulle persone normali. Non sono necessariamente attratto dalla violenza, ma mi piace studiarne le manifestazioni.

Bruno, il fatto di interpretare un gangster sanguinario ti ha turbato? Hai nostalgia del tuo angelo?
Bruno Ganz: Sul set abbiamo riso molto. Questo è un film che mescola sangue, morte, vendetta e risate ed è costellato di morti e funerali eppure il pubblico lo trova divertente perché è il modo in cui è scritto. I personaggi dei gangster sono stereotipati. E' un film che si astrae dalla realtà e il mio è un grande boss serbo, come Milosevich. Ovviamente è immerso nella violenza. A me piace interpretare ruoli diversi e sono felice, in questi anni, di essermi distaccato dai cliché che mi hanno reso celebre in passato.

Quanto del film è scritto e quanto avete improvvisato sul set?
Kim Fupz Aakeson: Non mi interessava che le mie parole fossero ripetute alla lettera. Abbiamo avuto un approccio rilassato al lavoro. L'importante per noi era il risultato sullo schermo. Per esempio la battura della Sindrome di Stoccolma è nata dalla situazione, non era nella sceneggiatura, ma la situazione era già scritta.

Nel film si parla anche di immigrazione. Come hai affrontato l'argomento? Come è la situazione in Norvegia oggi?
Hans Petter Moland: Sì, Stellan interpreta un immigrato e affronta le difficoltà del trapianto in un altro paese. Ma è soprattutto un uomo arrabbiato e ferito che ha appena perso il figlio e decide di vendicarsi. E' lo stesso tipo di sentimento che provano alcuni reduci, anche se la sua è una guerra privata. Ovviamente in lui c'è anche una componente di follia, visto che decide di scatenare la violenza invece di rivolgersi alla legge. In Norvegia sono molte le persone che arrivano con la speranza di lavorare. La popolazione norvegese ha insita un'idea di generosità, vuole accogliere le persone che hanno bisogno anche se oggi diventa sempre più difficile. Il film ironizza anche su questo aspetto.

Nel film è presente un product placement. Uno degli sponsor è un'azienda norvegese che produce spazzaneve, uno degli elementi più presenti nel film in varie forme.
Hans Petter Moland: Avevamo pensato di portarlo sul red carpet stasera, ma ce lo hanno vietato per problemi di larghezza della strada.

Perché le croci che indicano le varie morti nel film diventano così divertenti?
Hans Petter Moland: ormai veder morire le persone nei thriller è qualcosa di normale. Non fa più effetto al pubblico. Sottolineare i vari decessi con i cartelli a un certo punto diventa esilarante. In più abbiamo deciso di cambiare la forma delle croci a seconda della religione dei personaggi. Protestanti, ortodossi e così via.

Bruno, Stellan, cosa accadrà ai vostri personaggi? Andranno a vivere insieme?
Bruno Ganz: Perché no? Tutto può succedere.
Stellan Skarsgård: Io speravo in un finale in stile Casablanca, ma non me l'hanno concesso.