Appena due settimane fa, a proposito di Star Trek: Discovery 2, abbiamo parlato dell'importanza della storyline dedicata a Saru, il quale scoprì che il presunto limite biologico della sua razza era fasullo. Le implicazioni a lungo termine, legate al rapporto tra il personaggio e il suo popolo, nonché il pianeta natale su cui non ha messo piede da anni, sembravano annunciare una sottotrama ricca di potenziale drammatico. Ebbene, in questa recensione di Star Trek: Discovery 2x06 parleremo di tale evoluzione, purtroppo trasformata in un cumulo di situazioni sbrigative e a tratti insensate, rendendo The Sounds of Thunder, sesto capitolo della seconda annata, l'episodio più debole e frustrante di quelli trasmessi finora.
Questioni di famiglia
Di per sé, l'idea di base è tutt'altro che malvagia per collegare la storia della settimana (il ritorno a casa di Saru) con la trama orizzontale legata ai misteriosi segnali e all'Angelo Rosso (il quale si manifesta proprio in prossimità del pianeta natale dei Kelpiani). C'è anche un non indifferente tentativo di accostare i due elementi a livello emotivo, usando il rapporto tra Saru e la sorella (che lo credeva morto) per sottolineare l'importanza del ricongiungimento tra Michael Burnham e Spock, il cui debutto ufficiale nello show dovrebbe avere luogo nel prossimo episodio, arrivati esattamente a metà stagione. Inoltre, focalizzarsi sostanzialmente su una sola linea narrativa (il ritorno di Hugh Culber viene affrontato en passant, in attesa di uno spazio maggiore nei prossimi episodi) è, sulla carta, una strategia sana dopo le scorse settimane, in cui varie trame e sottotrame si contendevano l'attenzione degli sceneggiatori. Ma risulta abbastanza evidente che, chiuso il capitolo "morte di Saru" due episodi fa, la sua cultura e il mondo che abbandonò anni addietro siano argomenti su cui gli autori non si vogliono soffermare.
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La figura della sorella è, per l'intera durata dell'episodio, l'unico esponente della specie Kelpiana ad avere una presenza significativa, e la premessa drammatica - la risoluzione del conflitto sempiterno tra gli indigeni e una razza di oppressori, i Ba'ul - si rivela un vicolo cieco che sacrifica eventuali letture politiche riciclate dalla prima serie di Star Trek (il colpo di scena sul ribaltamento degli equilibri di potere tra i due popoli è troppo superficiale per risultare coinvolgente) per arrivare, in fretta e furia, a una conclusione sulla quale persino James T. Kirk avrebbe da ridire: il noto capitano dell'Enterprise non ha mai esitato a togliere di mezzo popoli che riteneva indegni, ma nel suo caso c'erano discussioni di tipo etico (principalmente con Spock e/o "Bones" McCoy) prima di arrivare a tale soluzione; Burnham e Saru decidono invece di alterare le sorti del pianeta senza alcuna esitazione, nullificando anche il potenziale narrativo di visite ulteriori in futuro. Non che i Ba'ul siano una minaccia particolarmente notevole, fatta eccezione per la presenza scenica dell'attore Javier Botet, specializzato in performances mostruose, il che attenua ancora di più l'impatto di tutta la seconda parte dell'episodio.
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Passato e futuro
Non tutto, però, è perduto: The Sounds of Thunder si redime in parte proprio quando deve ricollegarsi alla trama orizzontale, e se si esclude un piccolo buco di logica che sarà forse chiarito la prossima settimana (perché partire dal presupposto che Spock sia presente su Vulcano?), le considerazioni sull'Angelo Rosso sono tutt'altro che irrilevanti. Si tratterebbe infatti di una persona, dalle sembianze umanoidi, dotata di tecnologia che non può essere dell'epoca raccontata nello show. Sì, sembra proprio che, come ai tempi dell'altra serie prequel Star Trek: Enterprise, gli autori abbiano deciso di tirare in ballo i viaggi nel tempo (d'altronde il titolo della puntata, omaggio a un celebre racconto di Bradbury, era abbastanza eloquente al riguardo). E se ciò contribuirà a migliorare le sorti dello show, come accadde quasi due decenni fa, ben venga.
Movieplayer.it
2.5/5