L'inizio di New Eden, l'episodio 2x02 di Star Trek: Discovery, conferma quanto suggerito al termine di quello precedente: la ricerca di Spock, assente dall'Enterprise per motivi personali, sarà una storyline a lungo termine legata a quella dei segnali rossi. In attesa però di arrivare a quel punto, ancora lontano (mancano tre mesi alla fine della seconda stagione), gli autori hanno bisogno di avventure meno seriali per distrarre l'equipaggio, anche se un tentativo di rintracciare i segnali è legato al viaggio di questa settimana. Ed ecco che i nostri, con il capitano Pike ormai insediato, si ritrovano in un angolo per loro inesplorato della galassia, alle prese con un problema che i fan della serie classica e del primo spin-off riconosceranno subito. Un problema che mette in evidenza ancora una volta quello che può essere il principale difetto della serie, ma che è affrontato con un'efficienza narrativa e registica tale da rendere quasi invisibili i punti deboli della puntata.
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Be bold, be brave, be courageous
Con questa frase Pike dà il via alla missione di turno, e c'è una punta di ironia in quella affermazione che, oltre a rimandare alla celebre voce narrante inaugurale del franchise ("To boldly go where no one has gone before"), è quasi una sfida rivolta agli showrunner, i quali finora sono stati tutt'altro che coraggiosi con l'impostazione della serie, optando per storie semplici ma efficaci, dove il fan service incontra una minima volontà di andare avanti in modo inedito. Un approccio che di per sé non è un problema, dato che anche i tanto osannati Star Trek: The Next Generation e Star Trek - Deep Space Nine passarono circa due anni a capire esattamente dove volessero andare a parare, ma che è facile voler criticare dato che la nuova astronave che dà il titolo al programma si chiama Discovery, indice di un desiderio di andare oltre i canoni convenzionali dell'universo di Gene Roddenberry.
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Ed è proprio alle prime due serie e alla loro famosa insistenza sulla Prima direttiva (Prime Directive in originale) che l'episodio si rifà esplicitamente, seppure con qualche stratagemma da prequel. La direttiva (nota in questa sede come "Ordine generale 1") è la legge più conosciuta all'interno della mitologia di Star Trek, e fu ideata dallo sceneggiatore Gene L. Coon nel 1966 come risposta allegorica all'intervento militare degli Stati Uniti in Vietnam. La direttiva vieta infatti alla Flotta Stellare di alterare l'evoluzione naturale delle società degli altri pianeti, in particolare qualora non avessero ancora sviluppato la tecnologia per i viaggi nello spazio. Un concetto che è arrivato anche al cinema, poiché in Star Trek: L'insurrezione il cattivo di turno sta violando la direttiva, e che qui si ricollega in più modi agli stilemi più marcatamente classici del franchise.
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Scienza vs. fede
La trama ruota infatti attorno a un pianeta chiamato New Eden, dove vive un gruppo di umani sopravvissuti alla Terza Guerra Mondiale, avvenuta duecento anni fa. Loro hanno costruito una società pacifica creando un culto basato sull'unione di tutte le religioni del mondo, e sono rimasti all'oscuro di qualunque progresso tecnologico negli ultimi due secoli. Un'idea ricca di potenziale su due livelli: da un lato, l'esplorazione delle ramificazioni della Prima direttiva, che non ha ancora la sua designazione ufficiale e quindi in teoria è ancora da definire nei dettagli (l'altra serie prequel, Star Trek: Enterprise, si era divertita proprio da quel punto di vista); dall'altro, il dibattito sul contrasto tra scienza e religione, che soprattutto nella serie originale fu oggetto di storie interessanti dove l'equipaggio dell'Enterprise dovette fare i conti con entità i cui poteri rasentavano il divino (e ricordiamo che nel famigerato Star Trek V: L'ultima frontiera, scritto e diretto da William Shatner, Kirk e compagnia bella partono alla ricerca di Dio). Ma di tutto questo non c'è quasi traccia in un episodio il cui scopo primario è intrattenere per quaranta minuti scarsi (riassunto e sigla esclusi), in attesa di tornare, con calma, alla trama orizzontale. Forse si tornerà anche alla questione di New Eden, poiché Pike si congeda da Jacob (un nome che fa tanto Lost), l'unico ad aver intuito cosa succede al di là delle stelle, promettendo che si rivedranno.
Come già accaduto in precedenza, lo show propone delle idee interessanti, anche profonde (scomodando in questo caso la famosa citazione, parzialmente riveduta e corretta, di Arthur C. Clarke su scienza e magia), per poi relegarle quasi sullo sfondo, arrivando persino a rendere completamente inutile la presenza di un membro dell'equipaggio nella delegazione inviata sulla superficie del pianeta: la persona in questione è stata scelta perché capace di passare inosservata tra gli indigeni, essendo cresciuto in una comunità dedita al luddismo, ma dopo quella menzione iniziale diventa praticamente una comparsa. Eppure nulla di tutto questo incide troppo sulla fruizione dell'episodio, che procede ad un ritmo spedito con annesso elemento di suspense - un evento potenzialmente cataclismico - che assicura la componete entertainment senza soffermarsi su alcune carenze drammaturgiche. Merito soprattutto del regista, quel Jonathan Frakes che fa parte del mondo trekkiano dal 1987 e ha diretto svariati episodi della varie serie del franchise, oltre che un paio di lungometraggi negli anni Novanta. Fino conoscitore dei pregi e dei difetti di questo universo, l'ex-comandante Riker sa come mettere in risalto i primi e far passare essenzialmente inosservati i secondi, regalandoci un episodio dove la dose di spettacolo (basti pensare a tutto l'incipit) abbonda e intriga. Quanto al côté filosofico, non ci resta che aspettare, anche perché in qualche modo dovrà rifare capolino: dopo Paul Stamets, anche Sylvia Tilly sta iniziando a vedere gente morta...
Movieplayer.it
3.5/5