Fa strano scrivere una recensione di Spirit - Il ribelle vent'anni dopo il primo film DreamWorks (che fu nominato all'Oscar) e, spiace dirlo, forse era meglio fermarsi lì. Il film prende una virata decisamente umana e in controtendenza con gli intenti del capitolo inaugurale, che ha dato vita anche ad una serie tv animata vincitrice dell'Emmy. Pur volendo trattare tematiche simili, il film non sempre riesce nell'impresa di mantenersi all'altezza del predecessore. Spirit- Il ribelle è al cinema dal 17 giugno con Universal Pictures.
Anime selvagge
È bene ricordare come il primo film raccontasse il selvaggio West attraverso il punto di vista di un cavallo, il mustang Spirit del titolo, con pochissimi dialoghi riservati solamente a pochi personaggi umani incontrati lungo la strada - che rappresentavano il nemico, la minaccia - e un voice over e una colonna sonora che parlavano al posto delle parole agli spettatori, grazie alla voce di Matt Damon, alle musiche di Hans Zimmer e all'interpretazione di Bryan Adams. Questo secondo capitolo ribalta la prospettiva: questa volta la protagonista e il punto di visita della storia sono profondamente umane: una ragazzina, Lucky Prescott (Isabela Merced, Dora e la città perduta), ribelle di natura e per questo vista come selvaggia dalla famiglia perbene di cui fa parte. Lucky non ha mai conosciuto veramente la sua defunta madre, Milagro Navarro (Eiza González, Fast & Furious - Hobbs & Shaw), un'impavida stuntman cavallerizza di Miradero, una piccola città sulla frontiera.
Proprio a Miradero ritorna una volta adolescente insieme alla zia Cora (Julianne Moore), per ricongiungersi al padre Jim (Jake Gyllenhall), che l'aveva allontanata per il troppo dolore nell'aver perso la moglie, pensando di fare del bene. Lo spirito della cavallerizza ovviamente risiede in Lucky, compreso lo speciale rapporto coi cavalli. A Miradero Lucky conosce Spirit, che un addestratore di cavalli senza scrupoli (Walton Goggins, Justified) e la sua squadra pianificano di catturare insieme alla mandria e mettere all'asta.
Recensione Spirit - cavallo selvaggio (2002)
Spirito ribelle
Lucky è fin da subito caratterizzata specularmente a Spirit nel primo film: non si presta a sottostare a nessuna regola che la società impone a una "signorina per bene", cavalca, si sporca i vestiti, corre e non sta mai ferma, è alla ricerca dell'avventura ed è mossa dalla curiosità della scoperta. Il padre vorrebbe proteggerla ma capirà che deve lasciarla libera di far uscire il carattere che più gli ricorda la moglie defunta. Purtroppo però tutta la poesia del primo capitolo nella scelta anti-disneyana di un film d'animazione non basato sulle parole ma sulle immagini, sui grandi paesaggi del canyon americano e sulle musiche che davano voce ai personaggi animali, viene meno con una storia che cerca di mantenere lo stesso spirito, non riuscendoci sempre, ma che ne modifica l'aspetto visivo. Anche l'animazione utilizzata tende più al 3D che ai disegni a mano, perdendo quell'artigianalità che permeava il primo film. Proprio perché i protagonisti sono per la maggior parte umani, vi sono molti dialoghi e quindi si rientra nei canoni del genere d'animazione per bambini.
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Un film sull'amicizia
Lucky trova manforte in due bambine che vivono a Miradero, anche loro aspiranti cavallerizze, Abigail Stone (Mckenna Grace, Captain Marvel) e Pru Granger (Marsai Martin, La Piccola Boss). L'amicizia fra le tre, che appartengono diverse etnie, è il cuore del film, insieme ovviamente a quella fra Lucky e Spirit. Queste relazioni, così come il rapporto genitori figli vengono però "monodimensionalizzate" rispetto al primo capitolo e lo stesso Lucky sembra molto meno spirito indomabile e più propenso a farsi ammansire dall'umano che abbia un cuore. Non bastano gli omaggi al western come una corsa in treno o alcune grandi vedute panoramiche per ottenere lo stesso effetto poetico e meno semplicistico di Spirit - cavallo selvaggio. Anche la colonna sonora, a cura questa volta di Amie Doherty (Undone), ricalca più l'impronta musical dei classici Disney con Principessa/Eroina protagonista.
Spirit - Il ribelle è in definitiva un film a misura di bambino più che di adulto, di umano più che di animale, il che non è necessariamente un male, ma procede ovviamente su binari molto diversi. Se non ci fosse stato un film precedente così particolare e soprattutto se non si incentrasse troppo su Lucky e troppo poco su Spirit, alla fine dei giochi, il nostro giudizio sarebbe stato sicuramente diverso.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Spirit - Il ribelle ricordando come con questo nuovo capitolo DreamWorks abbia voluto riportare al cinema un franchise che era in un certo senso un anti-franchise, che cercava di non sottostare a nessuna regola come il suo protagonista, finendo però per rientrare in molti canoni di genere. Lucky è una protagonista convincente che però quasi adombra Spirit in alcuni momenti e ribalta e abbassa lo “spirito” del primo film, pur mantenendone le tematiche.
Perché ci piace
- Il tentare di trattare le stesse tematiche pur cambiando punto di vista dal cavallo all’umano di turno.
- La storia di crescita di Lucky, protagonista convincente.
- Le gag e le scene divertenti, soprattutto grazie ai personaggi di Cora e del fratello di Abigail.
Cosa non va
- Il punto di vista umano spinge troppo a discapito di quello animale, con troppi dialoghi e musiche più di matrice disneyana che di accompagnamento in voice over.
- L’animazione utilizzata che tende a prediligere il 3D facendo perdere la magia dell’artigianalità del primo film.