Il giovane cinema italiano torna a occuparsi di figli e maternità negate, come svela la recensione di Sole, opera prima di Carlo Sironi presentata alla Mostra di Venezia 2019 nella sezione Orizzonti. Un film che nasce dall'osservazione della realtà e della propria intimità per il 36enne Sironi che, a un certo punto, si è chiesto come sarebbe stato avere un figlio biologicamente non suo. Da questa riflessione è nata la storia di Ermanno, giovane sbandato che si barcamena con piccoli furti e trascorre le giornate al bar a giocare alle slot machine. La vita di Ermanno viene stravolta dall'arrivo di Lena, ventiduenne polacca incinta di 7 mesi che è determinata a vendere la propria bambina. Gli acquirenti sono lo zio di Ermanno e la moglie, che non possono avere figli. Sono proprio loro ad aver coinvolto Ermanno affinché, dopo aver riconosciuto la neonata, conceda a loro l'affidamento legale.
Focus di Sole è il rapporto tra Ermanno e Lena, rapporto fatto di poche parole e molti sguardi. Carlo Sironi punta in alto e guarda a modelli ambiziosi. Il regista percorre la via di un cinema asciutto, scarno, rigoroso, incentrato sui personaggi. Un cinema di periferia che racconta storie piccole operando per sottrazione. Pur essendo al centro della narrazione, Ermanno e Lena quasi non comunicano. Lui se ne sta con lo sguardo sgranato, le spalle strette in una tuta di acetato, il taglio alla moda da bulletto e l'aria da cane bastonato a osservare lei che, dietro la gravidanza, cela tutti i desideri di una ragazza normale, la voglia di uscire, di mangiare e di ballare. Ridotti all'osso i dialoghi, Ermanno e Lena comunicano attraverso silenzi e sguardi, ma le poche parole che pronunciano pesano come macigni. Soprattutto nella seconda parte del film dove, dopo la diffidenza iniziale, i due personaggi intraprendono un percorso di avvicinamento.
Due volti giusti per un dramma di periferia
L'universo cupo e pessimistico di Sole riporta alla mente le opere di Bonifacio Angius o dei gemelli De Serio, giovani autori italiani che sembrano aver tratto dal neorealismo una lezione personalissima riadattandola secondo la loro poetica e sensibilità. La rabbia sorda che serpeggia nella periferia di Ermanno rievoca, però, anche i film del compianto Claudio Caligari. Paragoni illustri da scomodare per un film che cerca la sua strada appoggiandosi a due protagonisti capaci di sostenere il peso della storia.
Sguardo fisso, capelli rasati, quello di Claudio Segaluscio è un volto decisamente interessante. L'attore riesce a rendere con tocchi rapidi ed essenziali la maturazione che il personaggio di Ermanno attraversa quando si ritrova ad fronteggiare un'inaspettata paternità e comincia ad accarezzare l'idea di un cambiamento radicale di vita. L'aria sospettosa e lo sguardo perennemente corrucciato della 26enne polacca Sandra Drzymalska aiutano il pubblico a entrare in sintonia con il personaggio di Lena, giovane incinta di 9 mesi catapultata in una realtà completamente nuova. Di fronte ai gesti inattesi e disarmanti di Ermanno, anche la gelida Lena si ammorbidirà lasciando intendere come il suo atteggiamento distante sia, in realtà, una corazza per proteggersi da un mondo ostile.
Un figlio per crescere e per cambiare
Le dinamiche che guidano l'adozione ai limiti della legalità mostrata nel film, che ha praticamente le stesse dinamiche dell'utero in affitto, possono far sollevare il sopracciglio. La voglia di Carlo Sironi di costruire un coming of age incentrato sulla maternità spinge il regista a forzare la mano a una situazione che a tratti risulta paradossale.
Il contesto in cui la storia è calata è, però, profondamente realistico. Lo squallore della vita di Ermanno, la freddezza dei legami familiari, gli amici che il ragazzo frequenta. Di fronte a un'esistenza piatta e priva di prospettive l'arrivo di un figlio potrebbe rappresentare quella scossa che spinge il giovane a guardarsi allo specchio e crescere. Il tutto in un coming of age claustrofobico che si consuma in un appartamento grigio e spoglio in cui si consuma l'incontro (impossibile?) tra due solitudini.
Conclusioni
Come sottolineato nella recensione di Sole, l'opera prima di Carlo Sironi è un film rigoroso e duro che affonda le radici n un cinema erede del neorealismo che guarda alla periferia come luogo di indagine sociologica. Ma il film è anche un coming of age vista la giovane età dei protagonisti, costretti a maturare in solitudine in un mondo in cui devono lottare per trovare il proprio posto. Il tema della maternità e dell'utero in affitto diviene, dunque, la catalisi di una storia di riscatto mancato.
Perché ci piace
- E' un film duro, claustrofobico, cupo, ambientato in una periferia grigia da cui raramente trapelano spiragli di luce.
- I giovani protagonisti sostengono il peso del film sulle proprie spalle dando vita a un confronto povero di parole, ma carico di intensità.
Cosa non va
- Le dinamiche dell'adozione ai limiti della legalità al centro del film vengono forzate a scopi narrative spingendo il pubblico a porsi delle domande.