Ci soffermeremo sull'intuizione e sul coraggio in questa recensione di Siccità, il nuovo film di Paolo Virzì che arriva in sala dal 29 settembre dopo il passaggio alla Mostra del Cinema di Venezia. Intuizione per lo spunto di partenza, che si è rivelato ben più attuale di quanto gli autori stessi potessero pensare al momento della scrittura della sceneggiatura; coraggio perché non è così scontato che in Italia si metta in cantiere un film di questo tipo, capace di affondare le unghie nel terreno fertile del fantastico per guardare a un prossimo futuro che possa far riflettere sul nostro presente. È quello che ci piace della fantascienza, più o meno pura e spinta oltre l'orizzonte degli eventi: sfruttare suggestioni che si allontanano dal nostro presente per osservarne temi e dinamiche da una distanza che permetta di metterli a fuoco senza superficialità. Virzì lo fa con il suo Siccità e, al netto di qualcosa che funziona meno bene, riesce a raccontare la nostra quotidianità dalle sponde di un Tevere prosciugato.
Non può non piovere per sempre
È già iconica l'immagine del Tevere privo d'acqua, il fondo esposto e secco, sporco come ci si aspetterebbe. È un po' predizione di un futuro che si sta già avverando, un po' avvertimento che ci piacerebbe venisse accolto. Perché Virzì ci racconta una Roma in cui non piove da tre anni, che sono ben più gravi e vincolanti dei mesi di aridità vissuti la scorsa estate e finiscono per modificare e stravolgere le regole della società civile e le abitudini della popolazione, tra razionamenti e divieti, sofferenze e gravi disagi quotidiani. Su questo sfondo si muove un carosello di personaggi di ogni età e classe sociale, tra emarginati e persone di successo, giovani e anziani, per una storia corale e variegata in cui ognuno di essi si muove alla ricerca della propria strada e la propria redenzione, con l'intenzione di andare a comporre un disegno narrativo unico.
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Una danza, tra grottesco e realismo
La coralità è insieme una forza e un limite di Siccità, perché da una parte permette di mettere insieme una galleria di personaggi diversificata e potenzialmente intrigante, con l'intento di proporre uno spaccato lucido e profondo della nostra società, ma dall'altra risente di alcuni alti e bassi, non tanto qualitativi ma di appeal delle diverse storie che coinvolgono le tante figure e relativi interpreti. Il risultato è una danza, quasi sempre in perfetto equilibrio tra realismo e grottesco nei toni, in cui i tanti nomi coinvolti si muovono con disinvoltura, da Silvio Orlando a Valerio Mastandrea, passando per Elena Lietti, Claudia Pandolfi, Tommaso Ragno, Monica Bellucci, Max Tortora e Sara Serraiocco. Basta questo semplice elenco, per lo più soltanto parziale, per capire che c'è tanta qualità al servizio di Paolo Virzì, ma anche attenzione a interpreti che possano raggiungere e comunicare con le diverse inclinazioni degli spettatori.
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Del coraggio di Paolo Virzì
Non è un difetto un senso assoluto, ma un freno nel realizzare qualcosa di completamente compiuto. Se infatti lo spunto è intrigante, l'intento coraggioso e la realizzazione di qualità elevata e capace di non sfigurare in un ambito che è per di più esplorato da produzioni internazionali, il risultato finale lascia un pizzico di amaro in bocca per alcuni passaggi meno riusciti. Non si tratta di difetti che rovinano l'opera, che possano renderla bersaglio di critiche eccessive e di grandi delusioni da parte dello spettatore, ma rappresentano una piccola macchia che va a sporcare un risultato finale inferiore all'intento di partenza, a quel coraggio di pensare e realizzare un'opera del genere nell'ambito della nostra cinematografia.
Siccità resta un prodotto ben costruito e orchestrato, che suscita la curiosità e sa soddisfarla, che diverte ed emoziona con i suoi cambi di tono e ritmo, ammirevole per come spazia tra dramma e commedia, macchiando il tutto con suggestioni di genere, spostandosi in un prossimo futuro. Non è un film perfetto, ma è un tipo di operazione che vorremmo veder realizzare più spesso nel nostro paese.
Conclusioni
Un po' avvertimento, un po' predizione. Di questo vi abbiamo parlato nella recensione di Siccità, il nuovo film di Paolo Virzì presentato fuori concorso a Venezia e finalmente in sala. Una commedia corale che sa sfociare anche nel dramma e si macchia di suggestioni di genere, nello spostarsi in un prossimo futuro. Peccato che alcune delle storyline siano un pizzico meno coinvolgenti di altre e che questo rappresenti un ostacolo nel giudicare il film del tutto compiuto, ma l'intento, il coraggio e l'ambizione sono ammirevoli e speriamo possano aprire porte per il futuro.
Perché ci piace
- L'immagine, già iconica, del Tevere privo d'acqua, simbolo di un problema reale che il film sa raccontare con originalità di tono.
- L'equilibrio tra dramma, commedia, grottesco e suggestioni di genere.
- La ricchezza del cast, animato da nomi di spicco del nostro panorama cinematografico...
Cosa non va
- ... ma lo sforzo è in parte rovinato da alcune storyline meno coinvolgenti di altre.