Cosa succederebbe se a Roma si abbattesse una siccità talmente violenta da prosciugare il Tevere? Paolo Virzì parte da questo incipit per sviluppare Siccità, un film corale fatto di vite che si intrecciano, vite portate al limite da una calamità straordinaria che le prova e le consuma, mettendole a nudo e facendo emergere pulsioni e desideri repressi, a lungo sopiti. Il regista mette in campo un'operazione in qualche modo anche maestosa per parlare di presente, per descriverci un periodo che ci ha messo tutti alla prova e che effettivamente ancora non ci siamo lasciati alle spalle. Durante la conferenza di presentazione del film, fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, Virzì, accompagnato dal suo cast quasi al completo, ha parlato proprio di questo, del significato del film e della sua coralità. Siccità uscirà il 22 settembre in occasione dell'iniziativa Cinema in Festa per poi approdare definitivamente nelle sale il 29 settembre.
Una vicenda corale
Il regista ha cominciato ricordandoci alcune paure provate in questi anni: "Ci si domandava se il cinema ci sarebbe stato ancora, se ci saremmo ancora incontrati, io seguivo con interesse e angoscia i pezzi del mio amico Paolo Giordano sul Corriere della sera, mi domandavo cosa raccontare, in realtà cosa aveva senso raccontare, come spiegare questo sentimento. Eravamo isolati, si aspettavano le dirette Facebook per sapere se si potevano incontrare i congiunti, ma è servito per interrogarci sul nostro lavoro. Qui si immagina una Roma alle prese con un grande allarme climatico e sanitario, e quindi non poteva non essere una storia collettiva: ne è uscita una galleria di personaggi che piano piano si intrecciano. La salvezza possibile è proprio nella struttura del racconto: queste persone sono interconnesse e legate, questo è il senso che abbiamo raccontato, ci sarà una salvezza se ci riconnettiamo. È un film catastrofico, me ne rendo conto, ma non si può raccontare una storia così senza la speranza."
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Lavorare con Virzì dopo tanti anni
Paolo Virzì ha anche lodato l'ottimo cast del suo film: "Ci sono multipli punti di vista nei tre giorni a Roma raccontati nel film, dove i personaggi sono differenti tra loro ma cercano di salvare se stessi. È stato un meraviglioso cast, ognuno di loro si è rivelato un incredibile attore, e ognuno con i propri ruoli vanno a comporre un mosaico." Monica Bellucci, sempre attesissima qui al Lido, ha voluto esprimere la sua gioia nel lavorare di nuovo con il regista dopo tanti anni: "Ho lavorato anni fa con Virzì per Napoleone ed è stato molto bello. Per questo ruolo, che è anche un po' malvagio, il mio personaggio vorrebbe la redenzione ma non ci riesce, penso sia per questo che ho accettato questa parte. Sono felice di essere in questo progetto che è drammatico e ironico, come la vita. Il mio personaggio vola leggero come se non volesse pensare alla morte, la sua battuta più significativa è 'Se dobbiamo morire meglio farlo da ubriachi'."
Anche Valerio Mastandrea ci ha tenuto a esprimere la forza di questa pellicola: "Questo film tratta un tema attuale, i migliori film che parlano di un periodo vengono realizzati ad anni di distanza, col distacco, ma questo film lo fa prima e bene." L'attore ha poi espresso un suo parere sulla difficile situazione delle sale cinematografiche italiane che sempre più in questo periodo vedono diminuire il loro pubblico: "Non credo che la gente non abbia voglia di tornare al cinema ed è per questo deve trovare anche aperti i cinema."