Roma e la nuova paternità hanno fatto bene ad Abel Ferrara. Il regista maledetto de Il cattivo tenente sembra essersi lasciato alle spalle gli eccessi di una vita e giunto alla soglia dei 70 anni si gode la nuova famiglia composta dalla moglie Cristina e dalla figlia Anna, che compaiono in molti dei suoi film. Non fa eccezione Siberia, vera e propria seduta psicanalitica in cui Ferrara compie un percorso di espiazione ripercorrendo gli errori del passato in un'opera cupa, astratta, simbolica in cui usa ancora una volta come alter ego il suo attore feticcio Willem Dafoe. Siberia, presentato in concorso a Berlino 2020, vede un Abel Ferrara rilassato e di buon umore pronto a commentare uno dei suoi film più personali.
"Come si fa a fare un film non personale?" chiede il regista. "Io posso solo fare film personali, faccio cinema per esprimere per me stesso. Questa è la magia, la verità della camera, non puoi nasconderti. Devi accettare ciò che sei davvero e andare avanti. Io lavoro in totale libertà, Willem Dafoe non lavorerebbe con me se non lo mettessi in condizione di essere libero".
Viaggio nel subconscio
La Siberia, nella mente visionaria di Abel Ferrara, è il luogo dell'(auto)esilio, della presa di coscienza, del distacco dal mondo ed è qui che si rifugia Clint (Dafoe), uomo tormentato dal passato misterioso. Clint ha lasciato tutto per passare il tempo in uno chalet insieme a una muta di cani da slitta a servire alcolici ai passanti. "Prima di Siberia avevo fatto un film Disney, Togo. Ho passato svariate settimane nelle montagne del Canada quindi ero abituato a stare al freddo insieme ai cani". L'inverno gelido, i paesaggi innevati e selvaggi appartengono, in realtà, all'Alto Adige, una delle principali location del film (del quale abbiamo parlato nella nostra recensione di Siberia) insieme a Germania e Messico. Il viaggio di Clint attraversa infatti una serie di luoghi che, seppur privi di prossimità fisica, sfociano l'uno nell'alto con la stessa logica del sogno.
Come spiega Willem Dafoe, "sapevamo dall'inizio che sarebbe stato un viaggio, che ci sarebbe stato lo chalet in montagna e l'isolamento del personaggio. Da lì ci sono dei salti di logica, dalla cava entriamo nel deserto". Riguardo all'astrattezza della vicenda, Dafoe precisa: "Abel non mi ha spiegato il significato simbolico, ma mi ha dato l'opportunità di vivere un racconto cinematografico diverso. Cullarti nella narrazione ti può far addormentare, la storia nasconde la verità. Può essere una storia storia bella, affascinante, ma qualcosa nel tuo cervello va in cerca di altri stimoli. Quando la storia è frammentata e non è logica ti stimola a pensare in un modo diverso".
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Tutte le ragioni di un legame artistico indissolubile
Abel Ferrara non rinnega l'oscurità del suo cinema e rivendica il legame col sogno, ma non ci sta quando si parla di incubo, termine che non gli va proprio a genio: "Quante volte ci svegliamo e ci rendiamo conto di ricordare un sogno come se fosse vero? I miei sogni sono oscuri, ma odio usare il termine incubo, preferisco parlare di brutti sogni, come faccio quando parlo con mia figlia Anna".
I sogni di Abel Ferrara non prenderebbero forma senza la complicità di Willem Dafoe, pronto a tutto quando si tratta dell'amico. "La nostra è una relazione basata su fiducia, piacere e complicità" spiega l'attore. "Capisco al volo ciò che Abel vuole fare, mi piace sentirmi utile nel suo cinema e poi insieme ci divertiamo". Questo legame artistico si è rafforzato da quando entrambi gli artisti hanno preso dimora a Roma, anche se Willem Dafoe ammette che si tratta di semplici coincidenze: "Entrambi abbiamo vissuto a lungo a New York, poi i nostri cammini artistici si sono intrecciati. In seguito Abel è venuto in Italia e più tardi anche io, ma è stato un caso". L'affinità artistica si riflette anche nei gusti? Non necessariamente. Willem Dafoe ammette di non essere attratto dall'oscurità quanto il suo regista, ma aggiunge che "quando il livello è alto e le cose si fanno complesse mi sento stimolato a fare meglio. Cerco nuove sfide, perché è l'unico modo in cui si migliora e Abel è una sfida continua. Io sono un'estensione di quello che lui cerca di fare".