Che preferiate scrivere Seven o Se7en la sostanza dei fatti non cambia di una virgola: parliamo del film che ha consacrato David Fincher a regista di culto, nonché di una pellicola che ha segnato indelebilmente l'immaginario e l'iconografia dei thriller della seconda metà degli anni Novanta e d'inizio 2000. Solo Il silenzio degli innocenti, qualche anno prima, era riuscito a fare qualcosa di analogo (e X-Files ne sa qualcosa).
Un decennio, gli anni Novanta, in cui alcuni dei più talentuosi registi di videoclip e spot televisivi fecero il grande salto dal palinsesto di MTV ai billboard cinematografici. Nel caso di Fincher, parliamo di un filmmaker che, prima di esordire al cinema col controverso Alien 3, aveva diretto leggendari video musicali come Vogue di Madonna o Janie's got a gun degli Aerosmith.
Il serial killer di Kevin Spacey
Un regista che ha saputo trasportare tutta la sua raffinata estetica in un noir sporco e tagliente come un brano dei Nine Inch Nails (guarda caso presenti ad accompagnare gli splendidi titoli di testa con una versione remixata di Closer), così simile a un quadro di Hieronymus Bosch mescolato alla notte perenne di Blade Runner e alle inquietudini metropolitane di Gotham City che ad altri film più o meno coevi.
E non solo: oltre ad aver posto le basi per un prima e un dopo Seven, insieme all'Edward Zwick di Vento di passioni e al Neil Jordan d'Intervista col vampiro, proprio Fincher ha aiutato a far capire al mondo intero che Brad Pitt non era solo il belloccio fisicato di Thelma e Louise, ma un attore che aveva molto da dire e dare. Anche se a rubare la scena sia a lui che al veterano Morgan Freeman fu, come è giusto che sia verrebbe da dire, il serial killer di un Kevin Spacey che non aveva neanche voluto la citazione del suo nome nei crediti per mantenere il più stretto riserbo sull'identità di un assassino che, dopo Il prezzo di Hollywood e I soliti sospetti, sarebbe stata un po' troppo telefonata.
Da Alien 3 a Seven
È storia nota: quello fra Alien 3 e David Fincher non è di certo un rapporto idilliaco. La pellicola andò bene dal punto di vista commerciale, ma il regista, alla sua prima incursione dietro alla macchina da presa di un film, si ritrovò a ereditare un progetto che era passato nelle mani di parecchia gente. E non ebbe, chiaramente, voce in capitolo qusi su nulla, compreso il final cut tanto che quello che arrivo nelle sale si rivelò un lungometraggio ben differente da quello che aveva in testa.
Nel 2003, undici anni dopo l'arrivo nelle sale, Alien 3 venne per la prima volta proposto in home video in una versione estesa, convenzionalmente battezzata come "Assembly Cut". Proponeva 30 minuti di scene in più e non era stata supervisionata da David Fincher.
Il filmmaker ha più volte parlato di questa esperienza nel corso del tempo e, chiacchierando con Variety per la recentissima riproposizione in 4k proprio di Seven, ha spiegato che quanto accaduto con il terzo capitolo del franchise inaugurato da Ridley Scott è stata un'utilissima lezione su come impostare la sua attività di autore cinematografico.
Dice infatti che "con Alien 3 ho smesso di cercare il permesso e ho preferito, semmai, iniziare a chiedere perdono. Questo è diventato il mio motto. E Seven, sulla carta, poteva prendere direzioni molto diverse. Ma quando ho letto la sceneggiatura, sapevo già che aspetto avrebbe avuto il film e quale fosse la posta in gioco". Una posta in gioco che prevedeva il trionfo del male e una testa mozzata in una scatola.
Un rischio non da poco
Qualche anno dopo l'arrivo di Seven, la New Line Cinema avrebbe fatto parlare di sé in quanto produttrice della Trilogia de Il Signore degli Anelli di Peter Jackson, un trittico di pellicole non propriamente a basso costo. Però, prima del palesarsi dei tre kolossal di cui sopra, proprio il thriller di Fincher si è potuto fregiare del titolo di film più costoso mai prodotto dall'etichetta: ben 34 milioni, circa 3 (o 4) in più di quelli stimati inizialmente. Per il regista fu importantissimo poter contare sul sostegno di Mike De Luca, all'epoca presidente della produzione di New Line (oggi è co-presidente della Warner Bros Pictures insieme a Pamela Abdy).
Racconta infatti che in De Luca ha "avuto un partner estremamente disponibile. Mike aveva i suoi problemi all'epoca, ma non temeva di correre rischi, e se sapevi articolare il rischio, lui lo accettava. Parlavamo a lungo dei film che amavo e di dove il nostro diagramma di Venn relativo al film si sovrapponeva con altro. Parlavamo di Una squillo per l'ispettore Klute, stranamente non di Il silenzio degli innocenti. Citavamo Il braccio violento della legge e un po' di L'esorcista... parlavamo di quei film con la sporcizia sotto le unghie".
D'altronde, stiamo solo parlando di un film con echi danteschi, miltoniani con omicidi ispirati ai sette peccati capitali di cui ci vengono mostrati gli efferati effetti (e lasciando che sia la fantasia dello spettatore a colmare i vuoti) in cui la speranza e l'happy end non trovano neanche un remoto angolino.
Non a caso, l'altra produttrice del film, Phyllis Carlyle, era decisamente meno propensa al rischio del collega che, comunque, fu fondamentale per il concretizzarsi del progetto. Non a caso, anche oggi, De Luca è uno degli executive più amati dai filmmaker in attività a La La Land.
Una rimasterizzazione lunga un anno
In questo 2025 che segna trent'anni dall'uscita di Seven nei cinema, il cult si ripresenta ai nostri occhi in una versione rimasterizzata in 4K che ha richiesto un anno di lavoro e la supervisione dello stesso David Fincher. Due o tre mesi sono stati necessari solo a rimuovere graffi, piccoli difetti di emulsione e a sistemare le perforazioni.
Nel corso di questa laboriosa operazione, Fincher non ha apportato modifiche alla sua opera, ma ha comunque dovuto lavorare d'astuzia, per così dire. Citando la ben nota edizione di E.T. del ventesimo anniversario in cui Spielberg ha aggiunto della computer graphic all'iconico alieno e sostituito con dei walkie-talkie le armi degli agenti governativi, spiega che un modo di fare di questo tipo non rientra nelle sue corde e che il suo mantra era quello di far sì che Seven in 4K restasse il più possibile fedele a com'era all'epoca del debutto in sala.
Tuttavia, l'upgrade in 4k ha comunque costretto il papà del film a fare delle modifiche seppur impercettibili. Correzioni di cui nessuno potrebbe accorgersi, come quella nelle battute iniziali in cui il David Mills di Brad Pitt si mette la cravatta già annodata e si siede accanto a Gwyneth Paltrow. Spiega Fincher che "Quando abbiamo girato quella scena, usando pellicola Eastman ad alta velocità con una profondità di campo ridotta, avevamo semplicemente messo un pannello bianco per riflettere la luce. È quello che avevano fatto in Oltre il giardino, uno dei miei film preferiti".
Nessuno, tanto al cinema quanto vedendo il film in VHS o Dvd, si sarebbe potuto accorgere della cosa. Con il 4K è più facile scorgere il trucco e per un perfezionista come David Fincher sarebbe stato inammissibile. Un modo di fare - e di rapportarsi all'alta definizione - che lui illustra così: "se guardi un'immagine e noti qualcosa che non va sulla sinistra" tanto che per lui è stato una magagna non da poco passare all'alta definizione perché "potevo finalmente vedere tutti gli attori di sfondo che fissavano e contavano, e mi sono ritrovato a pensare: "Cosa stanno combinando sullo sfondo della scena?" Più cose riesci a vedere, più sento la responsabilità di assicurarmi che l'unica cosa documentata sia quella che deve focalizzare l'attenzione dello spettatore su ciò che deve portare via dal film".