Ronciglione, inverno 2024. È passato molto tempo da quando siamo andati sul set de Il Mostro accompagnati da alcuni esponenti del team Netflix per dare un primo sguardo in anteprima alla serie firmata da Stefano Sollima che racconta una parte della storia de il Mostro di Firenze. È passato diverso tempo, dicevamo, ma il ricordo è fresco come se fossimo saliti ieri sul van che ci portava nella cittadina dell'alto Lazio dove uno dei luoghi che fanno da sfondo alla storia era stato ricreato, perché le sensazioni sono state forti e sorprendenti: non era la prima volta che ci capitava di andare su un set, ma poche volte ci è capitato di avere l'impressione di entrare in un altro mondo (o un altro tempo, come in questo caso), di sentirci altrove, come è capitato quel giorno.
Affrontare il caso de il Mostro di Firenze
Capiamo subito, sin dalle prime battute, che mole di lavoro è stata necessaria per mettere a fuori eventi che si svolgono "in un arco temporale di 17/18 anni" ci dice infatti Stefano Sollima, aggiungendo un elemento che subito ci incuriosisce: "a seconda delle interpretazioni". Perché il caso del Mostro di Firenze è tra i più complessi che esistano nel nostro paese, e non solo, per diversi fattori, come è chiaro dalle parole del regista che spiega come in quel periodo "si sono susseguiti gli investigatori e c'è un numero spropositato di persone che sono entrate nel meccanismo del sospetto-mostro." E quindi comprendiamo benissimo cosa intenda quando ci dice che "la cosa più difficile era trovare un modo per raccontarla." Il classico bandolo della matassa da cui iniziare a tirare le fila di una storia che andava proposta al pubblico.

"Il nostro racconto inizia nel 60 e finisce nel 1987" ha spiegato ancora il regista tratteggiando l'intervallo di tempo coperto da Il Mostro, "trent'anni di storia italiana. E la difficoltà è quella di rendere comprensibile tutto quello che è successo attenendosi alla realtà, senza nessuna forma di fictionalizzazione. E l'idea che ci è venuta è quella di raccontare i Mostri. Non l'indagine, ma tutte le persone che nell'arco di quel periodo di tempo sono stati coinvolti." Un punto di vista che ci è sembrato da subito molto interessante e che lo è diventato ancora di più quando abbiamo sentito le parole successive: "Ovviamente senza prendere nessuna posizione", ovvero il raccontare i fatti, puri e semplici, certi e verificabili. "Anche la stampa, gli stessi blog, hanno preso una posizione" sul possibile colpevole, ma la via scelta è stata diversa, anche perché "la più rispettosa per ricordare le vittime di quella che è una tragedia nazionale."
Raccontare i Mostri, senza nessuna posizione
Una scelta forte, condivisibile, sensata, che è stata abbracciata fino in fondo. "Al punto che in ogni episodio lo spettatore si troverà davanti a un Mostro", lasciando la sensazione di volta in volta di guardare un potenziale colpevole, "come è stato nella realtà. L'ho trovato il modo più corretto per riprodurre quello che è stato nella realtà, in cui in un singolo momento ognuno di loro è stato il Mostro. E la cosa ancora più bella è che scavando nelle storie dei singoli, il mostro ce l'avevi anche laddove non si trattava del Mostro di Firenze." Non IL Mostro, forse, ma mostri nel senso più ampio del termine, che diventano il centro del racconto e fanno sì che "di volta in volta adotterete quello come riferimento."

Una scelta narrativa interessante, oltre che rispettosa di "una verità che a oggi ancora non esiste, né storica e nemmeno processuale. Da che punto di vista lo racconti? Racconti i fatti, racconti quello che è successo. Le teorie sono interpretazioni che abbracci, come hanno fatto gli investigatori, ma queste se non supportate da un processo sono un'interpretazione. Ed è esattamente quello che ci siamo proibiti di fare, di prendere una posizione."
Una strada non semplice per Il Mostro
Una strada affascinante, non facile, ma "la più bella perché dà a tutti la possibilità di conoscere la storia. Oggi si ha a disposizione una quantità di informazioni che gli investigatori della porzione di storia che stiamo raccontando non avevano al momento delle indagini. Quello che si sapeva all'epoca è molto meno di quello che si sa oggi. Quello che abbiamo messo in scena è una verità storica che va oltre alla verità investigativa dell'epoca." E per percorrere questa strada è stato necessario affrontare la storia con approcci diversi. "L'approccio è quello di concentrare il racconto sul Mostro, ma cambiando ogni volta cambiando il punto di vista si creeranno delle tifoserie nel pubblico. Oggi chiunque si occupi del caso ha una sua idea, ma è quello che noi abbiamo cercato di evitare."

Per mantenere questa attitudine è stato necessario un lavoro di studio molto approfondito e "la ricostruzione storica è al limite del maniacale. Quello che vedete è quello che è stato" con tutte le necessità nel caso anche in quanto ad attenzione su diversi personaggi nel corso della vicenda. "La storia è durata 27 anni e non c'è un unico personaggio che sia stato centrale per tutto quel tempo. Né investigatori né presunti mostri, tutto è stato in evoluzione per quel periodo. E per noi è stato il pretesto per raccontare l'Italia di quel periodo."
Una via di accesso al racconto non semplice da trovare, che ha richiesto diversi ragionamenti e permetterà al pubblico di seguire la storia e quello che è successo. "Sono rimasti pochi personaggi iconici, ma nessuno sa tutto quello che in realtà è successo" ci ha detto Stefano Sollima, "probabilmente neanche voi" ha poi aggiunto, cogliendoci in fallo.
La difficoltà nella rappresentazione, tra dettagli cruenti e incongruenze
"Abbiamo messo in scena quello che è" ha detto Sollima quando gli abbiamo chiesto in che modo si fossero orientati nella messa in scena de Il Mostro, soprattutto dei dettagli più cruenti. "Tutto quello che vedete è frutto del lavoro di ricerca che abbiamo fatto. Tutto quello che vedete è esattamente quello che è successo: i costumi sono stati rifatti identici, tutto è ricostruito. Abbiamo ricostruito la realtà e l'abbiamo trasferita in un racconto cinematograficamente fruibile. Abbiamo messo in scena solo quello che è, ma con la classe e il rispetto dovuto alle vittime. Alcuni limiti ce li siamo imposti come dogma: per esempio abbiamo girato in molti posti veri, ma non quelli delle vittime. Mai. Non c'è nessuno sensazionalismo, perché non serve: la storia è atroce e agghiacciante così com'è."

Un lavoro che oggi, dopo aver visto la serie alla Mostra di Venezia, non possiamo che confermare e che continueremo a raccontarvi da qui all'uscita approfondendo le altre chiacchierate che abbiamo avuto modo di fare in quella giornata sul set de Il Mostro. In questa sede è bene riportare un ultimo stralcio delle parole di Sollima, che troveranno ulteriore approfondimento a seguire: "Abbiamo consultato tutto, tutto quello che c'è: tutto quello che è stato scritto, tutte le sentenze, tutte le fotografie, i reperti della scientifica. È stato come riviverla da un certo punto di vista e quindi quando l'abbiamo messa in scena l'abbiamo fatto con il necessario rispetto. Perché la storia è disturbante. E detto da me, vi dovreste preoccupare."