Semina il vento, Danilo Caputo: “Un film sull'inquinamento mentale"

Semina il vento, in sala dal 3 settembre dopo esser passato alla Berlinale 2020 nella sezione Panorama, è l'opera seconda di Danilo Caputo, scontro tra due modi di pensare e sentire la natura.

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Semina il vento: una sequenza del film

Alla 70esima edizione della Berlinale, l'Italia è stata presente con un film quasi in ogni sezione. In Panorama ci pensa il regista pugliese Danilo Caputo con Semina il vento, sua opera seconda dopo La Mezza Stagione presentato al festival di Karlovy Vary nel 2011. In sala dal 3 settembre, è la storia di una ribellione e una rinascita, quella della giovane Nica (Yile Vianello), studentessa di agronomia che, tornata nel suo paesino natale vicino Taranto, trova una terra inquinata e devastata dai parassiti. Due modi di pensare e sentire la natura in Semina il Vento, quello di Nica che come la nonna sente la linfa vitale del mondo attorno a lei e un altro, quello di chi invece si è arreso dinanzi al disastro ecologico.

Il mito di Cronos e l'Ilva

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Semina il vento: una scena del film

È di carattere mitologico la genesi di Semina il vento, lo svela Danilo Caputo che ha trovato così uno spunto per spiegare il legame della sua protagonista con la natura: "Mi sono ispirato al mito di Cronos, Nica è legata al mondo antico della nonna, che ha voglia di riscoprire attraverso la scienza. Di contro, c'è il padre, pieno di debiti, che ha un rapporto completamente diverso con la natura. E tra i due si accende un conflitto". Semina il vento è legato profondamente all'oggi e a quelle terre che hanno dato i natali al suo regista ma nonostante quella sua vicinanza tematica e fisica all'Ilva che incombe minacciosa, Danilo Caputo ci tiene a precisare che il suo non è un film di denuncia: "Non volevo fare un film per puntare il dito, non volevo fare un film di denuncia, sull'inquinamento" dichiara a Berlino quanto scritto anche nelle note di regia: "Volevo fare un film per provare a capire come fenomeni del genere siano possibili". Lo spunto per iniziare il film per il regista è stato un referendum: "Qualche anno fa a Taranto c'è stato un referendum consultivo sull'Ilva e in pochissimi sono andati a votare. Per me è stata una grande delusione. E mi sono chiesto: l'inquinamento è l'unico problema o è la mentalità delle persone a permettere che questo stato di cose vada avanti? Dal 1960 Taranto dipende da questa fabbrica in maniera così profonda. Abbiamo dimenticato che si può vivere in modo diverso, rinnegato la cultura contadina, a differenza di altre città pugliesi. Abbiamo creduto in quella promessa di felicità che l'Ilva doveva portare".

L'inquinamento Mentale

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Semina il vento: un'immagine del film

Danilo Caputo è cresciuto in un paese vicino Taranto a pochi chilometri dal più grande polo siderurgico d'Europa. Attraverso Nica c'è anche la sua rabbia a parlare, quella di chi ha visto la gente cambiare mentalità, rinunciare a vivere e lottare in cambio di una sopravvivenza temporanea e apparente. Alla sua protagonista, Nica, fa pronunciare una frase emblematica: "La gente preferisce morire di tumore piuttosto che morire di fame". Questo il fuoco di Semina il vento che Caputo sintetizza così: "L'inquinamento, le ecomafie, la spazzatura che invade le campagne, son fenomeni collegati, sono sintomi di uno stesso paradigma. È quello che io chiamo inquinamento mentale".

Giovani contro adulti

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Semina il vento: un'immagine

Fatta eccezione per una nonna, la strega - sciamana con cui Nica è cresciuta e che è scomparsa da poco, unica rappresentante di quella cultura contadina che non esiste più, gli adulti di Semina il vento sono tutti corrotti, disillusi, il risultato di quella "mutazione antropologica" che Danilo Caputo menziona citando Pasolini. A capo di questa brutale disillusione troviamo il padre di Nica, ormai vero e proprio antagonista della nostra eroina. A conferma di questa divisione, le parole di Caputo: "Le generazioni più adulte hanno subito un lavaggio del cervello. I giovani ne hanno constatato le conseguenze e stanno reagendo". Nica reagisce con più forza e carisma alla disfatta del suo mondo, anche per la sua speciale percezione dell'ambiente che la circonda. Appoggia la testa e l'orecchio sul fusto degli alberi e ne sente il respiro, i rumori di vita. "Lei vede la natura come abitata da un'anima" suggerisce Caputo e aggiunge. "Ed è da lì che è nata l'idea dell'ascolto. Dovevamo dare alla natura un linguaggio" conclude il regista. Sia nelle note di regia che dal vivo, Danilo Caputo cita i ragazzi del movimento Extinction Rebellion che lottano per cambiare le cose: "Io sono favorevole a una politica shock. Extinction rebellion obbliga chi è al potere a confrontarsi con i problemi della nostra terra".

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Da Corpo Celeste a Semina il vento

Una scena del film Corpo celeste
Una scena del film Corpo celeste

Fattasi notare in Corpo Celeste di Alice Rohrwacher, nel 2011, Yile Vianello, alla sua seconda collaborazione, è già nuovamente ad un Festival. Anche lei, come il suo personaggio, è molto legata alla natura ed entrare nei panni di Nica non le è risultato difficile: "Ho trovato molta affinità con il mio personaggio, nel quale ho messo tanto di mio. Molte cose che fa Nica nel film le avrei concluse allo stesso modo". Nica la pensa diversamente e non ha paura di scontrarsi con tutte le sue certezze, la sua famiglia, pur di difendere ciò in cui crede: "Ci sono tante famiglie dove ci sono problemi grossi e tante situazioni in cui i soggetti non riescono a reagire. Lei è il motore" commenta Yile Vianello. Da Berlino, Semina il vento inizierà il suo percorso di partecipazione ai festival internazionali tra cui il Bif&st di Bari, in attesa di essere distribuito nelle sale italiane grazie a I-Wonder Pictures.