Sei minuti a mezzanotte, la recensione: il gioco delle spie contro il destino

La recensione di Sei minuti a mezzanotte, il thriller ambientato nell'Inghilterra del 1939 che preannuncia l'inizio della Seconda Guerra Mondiale.

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Sei minuti a mezzanotte: una sequenza del film

All'inizio della nostra recensione di Sei minuti a mezzanotte, disponibile dal 20 novembre on demand su Sky, Chili, TimVision, Google Play, Rakuten e Infinity, vogliamo usare una metafora presente anche nel film che descrive al meglio la situazione dei personaggi all'alba di una guerra mondiale: una partita a scacchi giocata da due potenze europee, dove le pedine si muovono e sono costrette a essere mangiate pur di arrivare all'obiettivo finale. Sappiamo che a prima vista possa sembrare una metafora già sentita, ma la grande differenza che è contenuta in questo film di Andy Goddard, già regista di alcuni episodi di Downton Abbey, è che di questa partita a scacchi ne vediamo solo una manciata di mosse, poco dopo l'inizio e ben distanti dalla fine. È paradossalmente il maggior pregio del film, ma anche il suo stesso difetto. Un film che parla di conflitti, di spie, di un gioco di intrighi con l'anima di un thriller, ma che al suo interno è conflittuale verso sé stesso, mutando passo e tono nel corso della sua durata (poco più di un'ora e mezza). Un gioco continuo che, proprio come una partita a scacchi, è composto da alti e bassi.

Attimi fuggenti e professori in fuga

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Sei minuti a mezzanotte: Eddie Izzard in un'immagine

La trama di Sei minuti a mezzanotte, ambientata in Inghilterra nell'agosto del 1939, comincia con la misteriosa morte di un professore di un istituto femminile. Thomas Miller (Eddie Izzard) viene scelto dalla direttrice Rocholl (Judi Dench) come nuovo professore d'inglese per le ragazze, figlie di ufficiali e militari tedeschi. Miller sembra voler lavorare a stretto contatto con le ragazze, preoccupato delle tensioni tra Inghilterra e Germania, agli sgoccioli della loro alleanza, e dell'entusiasmo delle ragazze verso i discorsi del loro führer. Il film sembra, quindi, essere un racconto di formazione e di educazione tra il professore e le sue studentesse, salvo poi cambiare definitivamente tono, una volta scoperto (nessuno spoiler, lo si scopre entro i primi venti minuti di film) che anche Thomas Miller, come il suo predecessore morto, è in realtà una spia britannica sotto copertura. Il suo obiettivo, visto il clima di una guerra imminente, è di trattenere le ragazze nell'istituto. Per questo dovrà confrontarsi con la signorina Keller (Carla Juri), anche lei presente nell'istituto, spia tedesca che, invece, ha il compito opposto di riportare le ragazze in Germania. Uno scontro che deve tener conto delle maschere, dei ruoli, dell'agire silenziosamente, come fosse - appunto - una partita a scacchi tra due giocatori. Nel mentre, il Capitano Drey (James D'Arcy) indaga cercando di far luce sull'omicidio e forse, sarà proprio il professor Miller a dover fuggire dall'istituto.

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Tanta azione, poca tensione

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Sei minuti a mezzanotte: una scena con Eddie Izzard

Sei minuti a mezzanotte è un film che cambia pelle continuamente e questo non può che fare piacere allo spettatore che si ritrova nella piacevole sensazione di non riuscire a prevedere nulla e non sapere come il film si trasformerà ancora una volta. Si passa dal thriller classico a un racconto d'educazione giovanile, da una storia di fuga a una corsa contro il tempo: diverse sfumature con un alone di mistero che sicuramente mantengono alto il ritmo dell'azione e del racconto. Lo stesso non si può dire della tensione, elemento essenziale per un tipo di storia che ha a che fare con situazioni pericolose, sul filo del rasoio, e sull'attesa di non sapere come andrà a finire la vicenda del protagonista. Sembra quasi che, per non deludere nessun tipo di sensibilità o non risultare complesso, il film abbia scelto la via meno soddisfacente: essere semplice e sempre chiaro, enunciando direttamente chi è buono e chi è cattivo. Se un personaggio ha qualche segreto con sé lo spettatore viene a sapere non solo che il personaggio nasconde qualcosa, ma anche di cosa si tratta. Il risultato è che, in questa partita a scacchi, sappiamo benissimo chi è bianco e chi è nero, chi è una pedina e chi è il giocatore, eliminando di base le possibilità di colpi di scena, risoluzioni inaspettate e sorprese in relazione ai personaggi. Non aiuta la confezione parecchio televisiva, con una fotografia che evita giochi di luce prediligendo una chiarezza espositiva.

Una partita con un solo vincitore

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Sei minuti a mezzanotte: Judi Dench in una sequenza

Ciò non toglie che il film, in qualche modo, riesce a non annoiare mai dimostrandosi una piacevole, quanto semplice, visione per tutta la sua durata. Merito anche di un discorso interessante, tenuto però un po' in disparte, che trasforma il tono della storia. La partita tra spie all'interno dell'istituto sembra essere parte di una partita a scacchi molto più grande, tra gli uomini e la Storia stessa. Per tutto il film si percepisce una patina cupa, un senso di sconfitta generale e di rassegnazione: i personaggi sembrano conoscere l'inizio di una guerra imminente e si ha l'impressione che agiscano quasi sotto costrizione. Credevano di essere giocatori e invece si ritrovano a essere solo pedine, pronte a essere sacrificate e obbligate a vivere in un mondo con regole ben precise. A fine film, la sensazione è che sia la guerra a vincere ed è a lei che viene dedicata l'ultima inquadratura. La voce umana diventa cronaca, l'istituto che sembrava il centro della storia diventa una parte piccolissima e ininfluente. Gli stessi personaggi, da protagonisti, appaiono più come persone comuni, soggiogate da qualcosa più grande di loro.

Conclusioni

A conclusione della nostra recensione di Sei minuti a mezzanotte preferiamo concentrarci sulle qualità del film di Andy Goddard. Di stampo televisivo e quindi perfetto per la dimensione casalinga, questo thriller storico preferisce la chiarezza all’ambiguità sacrificando colpi di scena e sorprese. Tuttavia riesce a non annoiare per tutta la sua durata grazie a una natura mutevole che trasforma continuamente il tono della storia. Pur attraverso il suo manicheismo, il film riesce a dare una patina cupa mettendo in scena la sconfitta dell’umanità all’alba di una guerra mondiale.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.2/5

Perché ci piace

  • Il film non annoia e si dimostra una piacevole visione per tutta la sua durata.
  • Si percepisce un senso di sconfitta generale nei confronti della Storia, di guerra inevitabile che dona al film una patina interessante.

Cosa non va

  • La regia di stampo televisivo lascia che il film si adagi sulla chiarezza espositiva sacrificando la tensione che il genere richiede.