Torna Secret Invasion con il suo episodio finora più breve ma ugualmente intenso. A due settimane dalla fine della miniserie Marvel Studios, lo show continua il suo percorso d'approfondimento psicologico e relazionale dei protagonisti lasciando lo spettacolo in secondo piano. La ragione è nella già descritta volontà di affrontare il genere dello spy-thriller in modo consono e distante dalla formula dei cinecomic moderni, confezionando un prodotto che rispetti quei topoi narrativi che rendono un'opera riconoscibile ed etichettabile. Secret Invasion è entrambe le cose con tutti i suoi pro e i suoi contro, e questa puntata così rapida dedicata all'amore nella sua forma più sfuggente e complicata dimostra nuovamente la bontà della scrittura del progetto al di là delle possibili critiche relative alla trattazione di un contesto socio-umanitario difficile e un po' generalizzato e di un intrattenimento un po' trascurato. Due estremi di qualità e quantità che, come vedremo nella recensione di Secret Invasion 1x04, non riescono ad accontentare cinefili intransigenti o casul viewers ma che la serie sostituisce con virtù dialogiche e scossoni narrativi di peso. [ATTENZIONE, SPOILER A SEGUIRE]
Carte scoperte
L'episodio si apre subito svelandoci il destino di G'iah (Emilia Clarke). Come sospettabile dalle sue intrusioni nei piani segreti della base di Gravik (Kingsley Ben-Adir), consapevole dell'eventualità di essere scoperta ha deciso di iniettarsi una dose di Extremis, il siero introdotto nel MCU in Iron Man 3 che permette una veloce rigenerazione dei tessuti e un aumento significativo della forza. Il colpo sparatole dal generale dei ribelli non l'ha dunque uccisa, permettendole però di tirarsi fuori dalla missione d'infiltrazione nel gruppo di Gravik e di continuare ad operare all'esterno. Il confronto con Talos (Ben Mendelsohn) è tranquillo ma senza compromessi, volendo il padre mostrare agli umani "la bontà del cuore degli Skrull" senza avere la pretesa di vivere nella propria pelle, dunque scomparendo tra la razza umana in una sorta di moderno melting pot. G'iah rivela di "essere cambiata" e di non pensarla come Talos ma di non essere nemmeno estrema come Gravik, desiderosa di trovare una casa per il suo popolo senza terrorismo né infiltrazioni di alcun tipo.
Questo crea delle divergenze di pensiero insanabili e pone il personaggio della Clarke in una posizione mediana e forse più giusta rispetto a quella del padre, fin troppo legato per fiducia e rispetto a Nick Fury (Samuel L. Jackson) e forse ottenebrato dal suo forte senso di giustizia che però non sembra più bastare alla causa. La puntata di porta indietro fino al 2012, anno di formazione degli Avengers, e uno degli incontri tra Fury e la moglie Priscilla (Charlayne Woodard), anch'essa una Skrull da tempo "in abiti umani" che abbiamo scoperto essere affiliata al gruppo di Gravik e con il compito di uccidere il marito. Il cuore di questo quarto episodio è tutto nella loro relazione, insieme magnifica ma anche un errore, come la descrive Fury confrontandosi direttamente con Priscilla. Se "potersi dire amati e sentirsi amati sulla Terra" è ciò che più di ottenibile e prezioso la vita ha da offrire, i due si dicono serenamente d'accordo con la poesia di Raymond Carver che funge da fil rouge alla narrazione. A cambiare nel tempo sono però state le circostanze e le rivelazioni, anche se non abbastanza da spingerli a uccidersi a vicenda, sfiorandosi appena a colpi di pistola ma riuscendo comunque a spezzarsi il cuore a parole e nei fatti.
Un altro addio
"Amato" - titolo del quarto episodio - ci rivela anche la vera pelle del James "Rhodey" Rhodes che abbiamo finora visto nella serie. Si tratta di una Skrull non ancora identificata che è però tra le più fedeli di Gravik. Dal faccia a faccia con Fury, che sa di lei grazie a un'intercettazione, quest'ultima non sembra essere consapevole di essere stata scoperta, tanto di fidarsi dell'uomo. Il finale d'episodio è poi tutto votato a uno scontro a fuoco e in strada tra gli skrull di Gravik e gli uomini a difesa del Presidente degli Stati Uniti d'America, a quanto pare principale obiettivo degli alieni rivoltosi e forse con il fine di sostituirlo per scatenare una guerra di proporzioni globali. È in realtà l'unica sequenza d'azione della puntata e non gode di particolari virtù o di un ritmo incalzante: è semplicemente ben impostata dal Ali Selim e si chiude con un plot twist abbastanza inatteso dopo la morte di Maria Hill alla fine del pilot. Ferito a sangue e ingannato da Gravik, infatti, Talos viene ucciso da quest'ultimo sena pietà e sotto lo sguardo attonito di Fury, che oltre a perdere un alleato è consapevole di aver perso anche uno dei suoi più vecchi amici.
Si costringe a salvare il Presidente senza correre in soccorso di Talos per non vanificare il sacrificio del compagno d'armi e per quello stesso senso di giustizia che 11 anni prima lo aveva spinto a formare gli Avengers pensando a un bene superiore e più importante. In 36 minuti questa quarta puntata di Secret Invasion spezza un lungo legame amoroso, ne debilita uno padre-figlia e ne distrugge completamente uno amicale. Non è il migliore della serie e manca di equilibrio, eppure svolge una funzione precisa all'interno dello show, settando di fatto la strada ai due episodi rimanenti dove speriamo di assistere a un conflitto sensibilmente più vasto e articolato, considerando che ne va della riuscita effettiva del progetto.
Conclusioni
In conclusione, Secret Invasion 1x04 è un episodio veloce e funzionale dedicato a confronti decisivi e dolorosi quanto improvvisi addii. La scrittura dei dialoghi e l'impostazione spy-thriller continuano a confermarsi i valori più elevati della serie, soprattutto nella capacità di nobilitare con poesia, romanticismo e umanità gli scambi di battute tra protagonisti. Manca ancora di spettacolarità e si avverte con ancora più decisione uno squilibrio tra contenuti, forma e intrattenimento che ci auguriamo possa essere sanato nei restanti appuntamenti.
Perché ci piace
- Caratterizzazione e approfondimento psicologico dei protagonisti sono ancora ottimi.
- Il modo in cui è gestita la contaminazione tra dramma e thriller spionistico.
- Samuel L. Jackson non smette di convincere in questa versione più ferita e attempata di Nick Fury.
- Il finale con Talos.
Cosa non va
- Manca d'equilibrio tra le parti.
- La regia di Ali Selim convince solo a metà.
- Matura il dubbio che sei episodi potrebbero essere pochi per concludere degnamente la storia.