Nel nostro commento al pilot di Scream Queens avevamo sottolineato quanto la nuova serie creata da Ryan Murphy, Ian Brennan e Brad Falchuk fosse indubbiamente un parto della mente dei suoi autori, in particolare Murphy che, con l'eccezione di The Normal Heart, sembra incapace di andare per il sottile.
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Pur andando in onda in America su Fox e non FX, e quindi in un contesto ben diverso per quanto riguarda ciò che è lecito mostrare rispetto al gore chirurgico di Nip/Tuck e il cattivo gusto di American Horror Story, Scream Queens è fortemente, volutamente eccessivo, che si tratti dell'inventività degli omicidi o della caratterizzazione artificiosa dei personaggi, tutti abitanti di un mondo dove il carisma agli occhi del pubblico è direttamente proporzionale al comportamento orribile. Una miscela efficacissima per uno slasher postmoderno che mira soprattutto a divertire, senza perdersi in inutili teorizzazioni sul genere o citazionismi gratuiti (l'omaggio cinefilo più palese - la presenza di Jamie Lee Curtis - è un autentico colpo di genio).
Fino all'ultimo eccesso
Eppure c'è un elemento che, una dozzina di episodi dopo, penalizza parzialmente il progetto: la sua inabilità, almeno nella prima stagione (staremo a vedere per quanto concerne la seconda), di dire addio a personaggi troppo importanti. In sede di campagna promozionale, infatti, era stato promesso almeno un omicidio ad episodio, con una restrizione progressiva del cast principale fino all'ultimo episodio. Peccato che, con pochissime eccezioni (vedi la Gigi di Nasim Pedrad), le morti si siano limitate a personaggi minori e/o poco interessanti, diminuendo in modo drastico la suspense nel giro di poche puntate. Certo, il fatto che Scream Queens non sia un programma antologico come American Horror Story avrà avuto il suo peso, ma a lungo andare il fatto che i protagonisti siano off-limits rischia di sfiorare la parodia (nonché la presa in giro, come nel caso dell'inutile cliffhanger che conclude la stagione). Forse si tratta di un effetto voluto, ma a questo punto è davvero auspicabile che l'imminente seconda stagione risolva questo problema, per quanto possa essere difficile rinunciare ad interpreti del calibro di Abigail Breslin o della già citata Curtis.
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Questioni di identità
L'episodio finale della stagione conferma l'approccio divertente ma approssimativo di Murphy e soci, con una pigrizia particolarmente evidente sul piano della scrittura quando arriva il momento cruciale di svelare l'identità dell'assassino, un momento catartico sulla carta ma che in realtà arriva sugli schermi con un impatto notevolmente diluito a forza di accumulare colpi di scena sulle motivazioni del killer e sui suoi vari complici. Ed è un bel problema quando in un episodio tutto sommato spassoso e ben costruito, tra la decisione di situare la storia un anno dopo gli eventi del resto della stagione e l'idea squisitamente seinfeldiana di far finire in galera le Chanel rimanenti semplicemente perché sono delle persone orribili (con Emma Roberts che dà il meglio in sé nelle scene processuali), quello che doveva essere il culmine della trama orizzontale sembra più una nota a pié di pagina, pur occupando uno spazio narrativo considerevole.
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Peccato, soprattutto perché la puntata conclusiva ci consente di vedere l'interpretazione di Lea Michele sotto una nuova luce, rispetto sia all'inizio della stagione che al suo altro personaggio creato da Murphy, la Rachel Berry di Glee. Tra la sua voce narrante perfettamente calibrata e le sue interazioni con la Curtis, abbiamo a che fare con un'interprete di tutti rispetto, all'altezza di quanto richiestole a livello recitativo, che purtroppo si ritrova a dover lavorare con materiale decisamente annacquato. La seconda stagione, dove il suo ritorno è già confermato, saprà rettificare la situazione? La risposta tra non molto...
A volte ritornano
Come abbiamo già detto, Scream Queens non è uno show antologico come American Horror Story (dove esiste comunque un minimo collegamento tra le diverse stagioni), ma ne seguirà in ogni caso, parzialmente, la struttura, poiché la seconda annata si sposterà dalle confraternite universitarie all'ambiente ospedaliero. Un cambio d'aria che forse saprà dare all'operazione quella ventata di freschezza assolutamente necessaria per la sopravvivenza a lungo termine dello show. Aver scritturato un attore come John Stamos, il cui stile di recitazione si addice perfettamente all'universo caricaturale immaginato da Murphy, è già un passo nella direzione giusta...
Movieplayer.it
3.0/5