Pochi minuti dopo l'anteprima di The Departed - Il bene e il male, un lungo applauso accoglie Martin Scorsese, Leonardo DiCaprio e Vera Farmiga nella sala Santa Cecilia dell'Auditorium romano, dove si svolge la conferenza stampa per la presentazione del film nella sezione Première della neonata rassegna capitolina.
La prima domanda è per Leonardo DiCaprio, che ha lavorato ad alcuni spot per il sostegno dell'ambiente.
Leonardo DiCaprio: Sì, ho fatto due corti di cinque minuti e sto lavorando da tre anni a un documentario in cui si dà la possibilità ad alcuni importanti scienziati di parlare in assoluta libertà dei problemi ambientali, come il riscaldamento globale e l'esaurimento delle risorse. Quando si parla di questi argomenti si finisce a fare discussioni che non portano da nessuna parte, mentre io volevo dare la possibilità a questi studiosi (gente come Steven Hawkings e David Suzuki) di esporre in dettaglio i semplici fatti.
Sorsese, la domanda più banale possibile, come fa a fare un capolavoro dopo l'altro, qual è il suo segreto?
Martin Scorsese: Abbiamo finito questo film appena tre settimane fa, ed è stato un continuo esperimento, grazie al contributo di intepreti e collaboratori che sono riusciti a convincere lo studio a rischiare, a lasciarci sperimentare, assicurando onestà intellettuale a tutto il progetto.
DiCaprio, visto che lavora spesso con Scorsese ha intenzione di rubargli il mestiere?
Leonardo DiCaprio: A questo punto della mia vita direi proprio di no, non ho nessuna intenzione di darmi alla regia, soprattutto dopo aver visto Scorsese al lavoro. Certo anche la recitazione è un lavoro singolare, in cui ti trovi a interagire con i colleghi e anche a lavorare sullo script con il regista. Ma il lavoro del regista significa vedere una scena e immaginare come organizzarla in sequenza con altre centocinquanta e ipotizzare il responso del pubblico; il regista deve vedere nel futuro, è una sorta di veggente. Per me al momento è inconcepibile pensare di dover fare fronte alle richieste di cinquanta persone ogni giorno, ventiquattro ore su ventiquattro, per mesi... Forse un giorno verrà anche il mio momento, ma non oggi.
Scorsese, questo è il suo ultimo film a Hollywood? Anche Lucas e Jackson hanno annunciato di volersi allontanare da Hollywood, pensa che sia in atto una fuga dei registi di talento?
Martin Scorsese: Si sa che a Hollywood la disponibilità economica non ha pari al mondo, ma più sono alti i budget, meno rishi gli studios sono disposti a correre. Con questo film sono stato fortunato, sono riuscito a fare il film che volevo fare avendo il sostegno dalla Warner nonostante il materiale fosse in parte difficile. Per il resto, in effetti non so quanto posso resistere ancora. Il mio prossimo progetto, Silence che voglio fare da quindici anni, sarà un film molto diverso, è un low budget ed è tratto da un romanzo di un autore giapponese, Shusaku Endo. La sceneggiatura è stata completata quest'anno. Certo, quando poi gli studios ti propongono script come questo o quello di The Aviator, la tentazione è forte...
Ha fatto tre film con Leonardo DiCaprio, a questo punto è possibile fare un confronto con l'altro attore con cui ha lavorato a lungo, Robert De Niro?
Martin Scorsese: Io penso alla mia collaborazione con Leo non come a tre film, ma coma sei anni di lavoro continuato. Durante questo persorso abbiamo scoperto di avere un'autentica comunione di istinti. Certo io ho trent'anni più di lui, non potremo mai vedere le cose allo stesso modo, come succedeva col mio coetaneo Robert De Niro, ma istinti simili sono la cosa più importante e se ci si crede si è possibile sviluppare una modalità di collaborazione che perduri.
Il film è basato su un film che parla della malavita hongkonghese, perché per la trasposizione si è pensato alla mafia irlandese e non a quella italiana?
Martin Scorsese: L'autore della sceneggiatura, William Monahan, è irlandese-americano, e aveva trasposto la storia nell'ambiente della mafia irlandese a Boston. A me interessava interessava il tema della lealtà e del tradimento, e ho trovato particolarmente ben riuscita nello script proprio la rappresentazione del mondo irlandese, del suo fatalismo e del suo humor. Ma la decisione l'ha presa Monahan; so che si può equivocare sul nome di Frank Costello, ma vi assicuro che è un nome irlandese.
Crede che il conflitto tra italiani e irlandesi abbia portato alla nascita della mafia nelle città americane?
Martin Scorsese: Il conflitto c'era senz'altro, e fu particolarmente difficile per gli immigrati italiani, perché perché gli irlandesi erano in America da prima. Io non ho vissuto questo conflitto, ma lo hanno fatto mio padre e mio nonno prima di lui. Si può ipotizzare che gli italiani dovessere pensare a sopravvivere, dato che i poliziotti erano iralndesi...
Vera Farmiga, come si è avvicinata al suo personaggio, una psicoterapeuta della polizia?
Vera Farmiga: Anzitutto volevo dire che sono infinitamente grata di essere qui alla Festa di Roma con DiCaprio e Scorsese: lavorare con loro è stato un'esperienza che mi ha cambiato la vita e mi ha trasmesso il senso dell'onesta e dell'integrità in questo mestiere. Per il mio personaggio ho studiato una sorta di "bignami" di psicologia freudiana, e poi ho parlato con una psicologa della polizia le ho mostrato lo script: mi ha detto che il mio personaggio sbagliava sempre e questo mi ha affascinato in lei. Un'altra cosa che mi piace di questo script e di questo film è la vasta area grigia tra il bene e il male, Scorsese ha una grande capacità di descriverla e di trasmettere il fatto che la morale non è solo bianca o nera. Gli devo molto comunque, è stato fantastico lavorare con lui.
Perché un remake?
Martin Scorsese: Questa è la terza volta che faccio un remake. In questo caso ero tentato di lasciare perdere, fino a che non ho letto lo script che mi ha veramente conquistato, non mi interessava che fosse un remake, pensavo che avrei potuto imparare qualcosa nel fare questo film. Non solo c'è una grande storia, ma c'è un eccezionale plot, grandi emozioni e grande complessità dei personaggi.