Quella di Qualche nuvola, opera prima di Saverio Di Biagio, è stata sicuramente una storia singolare. Una sceneggiatura risalente al 2004, addirittura finalista al premio Solinas, che rischiava di non veder mai la luce nonostante la discreta fama accumulata nel frattempo dal suo autore (aiuto regista per Maurizio Sciarra e Daniele Vicari); e nonostante temi, come l'amore e il tradimento, potenzialmente molto appetibili per il grande pubblico nostrano. Solo nel 2010 Di Biagio è riuscito infine a girare il film, facendone il suo esordio alla regia, e solo nel 2011 questo è stato presentato al Festival di Venezia, nella sezione Controcampo Italiano; sarebbe dovuto passare ancora quasi un altro anno, tuttavia, prima dell'uscita in sala, arrivata proprio in questi torridi giorni di inizio estate (con le inevitabili battute sul carattere benaugurante del titolo). Nel frattempo, di commedie italiane ne abbiamo viste parecchie, molte delle quali, obiettivamente, migliori del film di Di Biagio; questo, a parere di chi scrive, sconta il suo carattere un po' datato, e una certa tendenza alla stereotipizzazione di situazioni e personaggi.
Il regista ha comunque presentato il film, in uscita il 27 giugno, alla stampa romana, coadiuvato dai produttori Alberto Leotti e Valerio Mastandrea e da buona parte del cast, tra cui spiccano i protagonisti Michele Alhaique e Greta Scarano, oltre a Michele Riondino, Giorgio Colangeli e Veronica Corsi.
Saverio Di Biagio: E' comunque una commedia. Nel girarlo, però, penso di averci messo tutta la mia esperienza, di aver raccontato la periferia per come la conoscevo, di aver attinto alla realtà.
Michele Alhaique: E' una commedia, ma non del tutto. Mi piace il fatto che in un certo senso non si risolve mai: è un po' quello che succede nella vita di ognuno di noi, quando ci troviamo a dover prendere una decisione e scegliamo di temporeggiare, piuttosto che fare una scelta rischiosa.
Scarano, lei finora ha lavorato esclusivamente in televisione. Ha trovato differenze nell'interpretare un film per il grande schermo?
Greta Scarano: Sì, in televisione i tempi di lavoro sono molto più stretti, mentre qui ho avuto più tempo per provare, per tornare su quanto fatto, per fare più ciak. L'approccio alla recitazione cambia: c'è la necessità di essere sempre spontanei, nonostante magari si stia girando la stessa scena più volte.
Riondino, il suo personaggio è particolare, diverso da quelli a cui ci ha abituato...
Michele Riondino: Sì, è un prete vecchio stile, molto fisico, che quando c'è bisogno non esita a mollarti qualche scappellotto. Finora ho interpretato personaggi diversi, forse più scuri, ma anche questo tipo di ruolo mi piace ed è nelle mie corde.
Veronica Corsi: Mi sono divertita a interpretare l'amica della protagonista. Ingrassare non è stato per niente difficile, bastava mangiare! Casomai è stato difficile perderli di nuovo dopo, quei chili. Comunque è stato un film che mi ha dato tanto.
Nel film, più in generale, c'è un'attenzione particolare al lavoro con gli attori. Saverio Di Biagio: Essenzialmente è su quello che abbiamo lavorato. Avevamo poche settimane per girare, e dovendo scegliere a cosa dedicare la massima cura, ho deciso di lavorare sulle interpretazioni. Per il resto, mi sono fidato del direttore della fotografia e di tutto il comparto tecnico. Spesso, nel cinema, si seguono inquadrature e movimenti di macchina incredibili, e poi non si pensa agli attori: io ho deciso di concentrarmi invece su questo aspetto.
Anche quello di Giorgio Colangeli è un ruolo insolito, rispetto a quelli a cui ci aveva abituato.
Giorgio Colangeli: E' un personaggio molto mio. In genere, non sono io a volere i ruoli da cattivo. Questo è un personaggio di grande umanità, e io mi porto dietro molte modalità adatte a rappresentarlo. Ci si potrebbe chiedere se è ancora attuale: ma in fondo questo è secondario, perché il fatto stesso di averlo descritto rappresenta anche la nostalgia di un certo tipo umano. E' un finto forte, uno di quegli uomini tartassati. D'altronde, il film viene da una sceneggiatura del 2004 che ha avuto diverse vicissitudini: anche questo è istruttivo.
Valerio Mastandrea: Io vorrei cogliere l'occasione per fare un discorso 'critico', non nel senso di polemico. Saverio è tra i migliori aiuto regista in Italia, un mestiere importante e poco riconosciuto. La sua è un'opera prima, e le opere prime non sono sufficientemente tutelate nel nostro paese: un'opera prima dovrebbe avere diritto ad esser vista, per legge. Anche questa uscita estiva la dice lunga. Sento parlare spesso di tentativi di allungare la stagione: lasciatemi essere scettico. All'allungamento della stagione, ci crederò quando vedrò film italiani importanti uscire a luglio.
Nel film si respira aria da commedia all'italiana. Ci sono riferimenti a registi del passato? Saverio Di Biagio: Io, grazie alla Rai e ai film da questa programmati, sono cresciuto con Luciano Emmer, Renato Castellani, Dino Risi e Pietro Germi: questi film non c'è bisogno di andarli a cercare, ce li abbiamo a disposizione. E poi sono cresciuto in una famiglia che è un po' così, già una commedia!
Potete accennarci qualcosa sui problemi incontrati nella realizzazione del film?Alberto Leotti: Posso dire che, alla fine, è stato un esperimento di cinema 'cooperativo': ognuno ha dato un suo contributo, alla pari. E' stato questo il nostro modo di approcciarci al progetto, ed è stata questa la nostra scommessa.
Oltre alle traversie produttive, c'è il fatto che il film è stato già presentato a Venezia, ed è già passato un anno. Un tempo insolitamente lungo prima dell'uscita in sala. Saverio Di Biagio: Era in concorso nella sezione Controcampo, sì, ma già prevedevamo che non sarebbe arrivato in sala prima di aprile. Comunque, forse, è anche meglio così, visto che l'uscita insieme ad altri film importanti avrebbe finito per togliergli visibilità.