Recensione Una canzone per te (2010)

La risposta italiana al fantasy à la Disney non lascia indifferenti per la confezione accattivante, ma questo non può mascherare quell'aria di 'costruito a tavolino' che aleggia pesante su personaggi e storia.

Saranno (quasi) famosi

Il sole è alto sulla città eterna. Non è un giorno come tanti per Davide (Emanuele Bosi), studente mediocre di un liceo di Roma e soprattutto musicista in erba. Deve fare il compito in classe che probabilmente deciderà la sua sorte, partecipare all'MTV New Talent con la sua band, i Nice Noise, e ovviamente trovare il tempo per dedicare una canzone alla sua ragazza, Silvia (Michela Quattrociocche), una bella in rosa che vede il mondo a cuoricini. Per incuria (o solo sfortuna) Davide perde tutto in un colpo solo. Ci pensa uno strano personaggio a rimettere indietro le lancette dell'orologio, così il giovane si trova nella possibilità di rivivere tutto da capo. La seconda opportunità, però, non è esattamente come immaginava. Anche perché ci si mette Lisa (Agnese Claisse) una ragazza con gli attributi che sogna di diventare una vera rocker per essere come il papà, un chitarrista morto quando era solo una bambina. Sarà lei a mostrare a Davide una via diversa per essere se stessi. E per ottenere l'agognato successo.

Se il musicarello di italica tradizione si mescola con il fantasy à la Disney, il risultato non può essere che un film come Una canzone per te, rassicurante prodotto adolescenzial-musicale firmato da Herbert Simone Paragnani. Non è più Gianni Morandi a far sussultare il cuore delle ragazzine, né Caterina Caselli o Gigliola Cinquetti a titillare le fantasie (pudiche) dei ragazzi degli anni '60. Oggi ci si mette un'intera schiera di gruppi a trascinare al cinema le masse di under 20 con i loro motivetti allegri e romantici. Uniamo a questo un tris di protagonisti come Emanuele Bosi, Michela Quattrociocche e l'outisider Agnese Claisse, la solenne benedizione di MTV Italia e il gioco è pressocché fatto.

Per la prima volta nella storia, infatti, l'emittente musicale più celebre al mondo partecipa in prima persona, al fianco di Cattleya, alla produzione di un film. La direzione artistica ha studiato nel dettaglio ogni singolo pezzo della colonna sonora, ha scelto gli artisti che vi avrebbero collaborato (tutti con lo stesso inconfondibile marchio di fabbrica, dai Lost ai Broken Heart College passando per L'Aura e Zero Assoluto), diffondendo poi a piè sospinto su tutti i propri canali il risultato di questo mix difficile da ignorare.

Da un lato la collaborazione con il colosso televisivo delle sette note risulta quindi preziosa in termini di visibilità, ma dall'altro penalizza il film di Paragnani con le sue ingerenze in campo 'narrativo'. Difficilmente si può credere al percorso di 'conversione' del protagonista, un ragazzo che nel breve volgere di una notte d'amore passa dai Tokyo Hotel ai Genesis di Peter Gabriel (Phil Collins è già troppo pop), quando poi il risultato finale, quello che dovrebbe testimoniare il suo profondo cambiamento artistico è appunto solo un pezzo in pieno stile MTV (per la cronaca, firmato dai Sonohra, duo veronese che si impose a Sanremo nel 2008).

Il film quindi non lascia indifferenti per la confezione accattivante e per una certa cura della regia, ma questo non può mascherare quell'aria di 'costruito a tavolino' che aleggia pesante su personaggi e storia. Riesce a metà anche l'omaggio ai classici del college-movie americano. L'opera di Paragnani è forse maggiormente debitrice del romanticismo sfrenato di film come Un meraviglioso batticuore di Howard Deutch (trama: giovane musicista sfigata, ma testarda e talentuosa, ama non ricambiata un bellimbusto che le preferisce una ricca smorfiosa), piuttosto che di quelli del compianto John Hughes, citati come modello dallo stesso regista romano.

La commedia quindi finisce per reggersi sulle belle facce dei protagonisti, il guascone Emanuele Bosi, la sognante Michela Quattrociocche e la ribelle Agnese Claisse, l'unica, nel trio dei personaggi principali, a far intravedere qualcosa di più. Suscita curiosità anche l'interpretazione di Guglielmo Scilla, noto ai più per essere uno dei 'Youtuber' più cliccati d'Italia. Spetta a lui il compito di incarnare il nerd, il secchione sfigato che rimedia due belle fratture, ma anche il cuore di una vezzosa compagna di classe (Martina Pinto).

Nel complesso ci troviamo di fronte ad un lungometraggio non proprio memorabile, che funziona (anche se in maniera discontinua) solo quando usa il tono nostalgico nella descrizione di un mondo ormai passato (il walkman di Lisa, la sala prove del padre piena zeppa di 33 giri). Proprio su questo terreno si gioca l'atavico conflitto generazionale tra genitori e figli. I ragazzi di oggi sono figli dei ragazzi di un tempo, maniaci del vinile o semplici sessantottini incapaci di vivere pienamente la realtà, come dimostra Luigi (Sergio Albelli) il padre del protagonista, un uomo che al lavoro preferisce estenuanti sedute di Playstation e corse in Ducati. Anche qui niente di nuovo. La domanda semmai è una: fino a quando si resta giovani?

Movieplayer.it

2.0/5