Un tripudio per Sandokan: la prima stagione si è chiusa ieri sera con oltre 4 milioni di spettatori, con oltre il 26% di share e con tanti complimenti per tutti tributati dal pubblico via social.
Rai Fiction e Lux Vide in fondo erano già sicure di questo successo, tanto da ordinare la stagione 2 già a giugno, quando la serie con Can Yaman non era ancora stata neppure mai presentata a una platea di giornalisti ed esperti del settore.
La tigre della Malesia veleggia verso Mompracem e la stagione 2
Seconda stagione che arriverà nel 2027 (l'inizio della produzione a maggio 2026) e porterà nuove avventure per il Sandokan del nuovo millennio, Can Yaman, alla sua prova attoriale più dura. Sui prossimi episodi - che non sono stati ancora scritti - si sa al momento pochissimo: saranno ambientati per buona parte a Mompracem, vedranno certamente il ritorno di tutti e 4 i personaggi principali, accoglieranno una nuova donna che potrebbe mettere in crisi l'amore di Marianna e Sandokan.
Più di ogni altra cosa: la stagione 2 dovrà evitare di cadere in quella zona grigia tra serie tv e soap opera, un rischio sempre all'orizzonte quando la trama principale ruota intorno alle storie d'amore. Ma dovrà anche correggere tutto ciò che anche nella prima ha fatto storcere il naso.
Sandokan, un protagonista dalle mille anime
Alla luce di tutto quanto è successo negli 8 episodi della prima stagione, non si può certo dire che Can Yaman si sia risparmiato. Non soltanto il dimagrimento necessario per intepretare la nuova tigre della Malesia: ha dovuto imparare a danzare, a combattere con scimitarra e kriss (il coltello dalla tipica lama ondulata), andare a cavallo.
Tutto indossando gli abiti del pirata, con trucco (forse troppo vistoso) e parrucco (forse troppo curato, soprattutto rispetto all'aspetto decisamente più selvaggio del primo Sandokan), recitando in inglese, su un set che l'ha tenuto impegnato per ben 8 mesi.
Questa, però, non è stata la sfida più dura per Can Yaman: gli eventi innescati dall'incontro con il priogioniero dayak hanno generato una tale altalena emotiva per il personaggio che l'abbiamo visto passare da pirata guascone a misterioso avventuriero, corsaro con pochi scrupoli, uomo segnato e tormentato dalla sorte. Tutto prima di trasformarsi in un ascetico combattente "unto dal signore delle tigri".
Un protagonista con tante anime, insomma, ma forse un po' troppe in soli 8 episodi.
Dove il Sandokan di Kabir Bedi si muoveva entro quattro caratteristiche principali, all'attore turco è stato chiesto quasi di essere un uomo diverso in ciascuna puntata. Una scelta narrativa che ha reso il personaggio assai frammentato, penalizzando l'efficacia attoriale di Yaman, pur convincente nella sua statuaria presenza fisica come Tigre della Malesia.
Lo Yanez di Alessandro Preziosi avrebbe meritato di più?
L'avevamo scritto dopo la visione delle prime due puntate: Alessandro Preziosi sarebbe stato uno Yanez perfetto. E così è stato in quei momenti in cui la sceneggiatura è rimasta più fedele alle storie e ai personaggi originali di Emilio Salgari. Ci sono state però due scelte che restano di difficile comprensione: perché sia stato affibbiato un passato così tragico al pirata portoghese, perché si sia visto meno sullo schermo di quanto non avesse fatto lo sceneggiato del 1976.
Perfetto controcanto dell'eroico pirata gentiluomo, lo Yanez de Gomera di Philippe Leroy era colui che immaginava e creava l'azione intorno al personaggio principale. Descritto non a caso anche da Salgari come più astuto del suo capitano, era lui la mente (e lo spirito) della ciurma, dove Sandokan ne rappresentava l'insostituibile cuore.
Lo Yanez scritto per Preziosi, pur conservando l'acume che gli è proprio, viene quasi inutilmente appesantito dai trascorsi religiosi. E soprattutto dall'aver assistito con i suoi occhi a un massacro di civili indifesi. La natura da "storia delle origini" di questo Sandokan, imponeva davvero la necessità di uno stesso trattamento anche per il personaggio più brillante dell'opera?
Il "pirata Emilio", un omaggio che trasforma il romanzo in una fanfiction
Arrivata in TV a 50 anni dal leggendario sceneggiato, la serie è stata subito descritta come un omaggio, tanto alla versione di Sollima quanto ai romanzi di Salgari. Il materiale letterario originale è stato in effetti solo il punto di partenza per una narrazione che ha preso il largo, immaginando un tempo antecedente a quello delle Tigri di Mompracem e fornendo una rilettura del mito di Sandokan. Tanto è vero che in vendita si trova il romanzo della serie tv, firmato dagli sceneggiatori Giacomo Bisanti e Alessandro Sermoneta.
In quella che è a tutti gli effetti un'opera derivativa ha trovato spazio uno strano esperimento, che ha preso forma nel personaggio di Emilio Salgari, pirata imbarcato sul praho di Sandokan, interpretato da Samuele Segreto. Descritto come omaggio romantico, Emilio è colui che custodisce la memoria dell'avventura, è lo spirito del narratore che prende forma, è la visuale privilegiata dello spettatore.
Ma è anche un immaginario ponte tra due opere assai traballante, capace con la sua sola presenza di far scivolare pericolosamente il nuovo romanzo di Sandokan dalle parti meno auree della fanfiction. Trasformazione che purtroppo si compie nel momento in cui si decide di dotare Emilio di una sua storyline, di azioni e di emozioni.
Sandokan va veloce, ma nel finale era il caso di rallentare un po'
Nelle precedenti recensioni ci siamo sempre espressi favorevolmente verso il ritmo della serie, particolarmente attenta a non lasciare agli spettatori spazi per la temutissima noia. In questo finale di stagione, però, l'impressione generale è che Sandokan sia andato talmente veloce da non aver lasciato il tempo né al pubblico di "digerire" tutte le azioni, né alla storia di dare il giusto valore ad alcuni passaggi fondamentali.
Gli ultimi 2 episodi hanno praticamente risolto l'intera prima stagione, facendo però susseguire scene e azioni a volte in maniera così repentina da generare una generale sensazione di appiattimento.
Conclusioni
Sandokan si conferma uno dei fiori all'occhiello della serialità italiana anche nella sua versione più recente. La messa in scena spettacolare, gli sforzi produttivi, il lavoro del cast testimoniano le ambizioni grandissime di un prodotto nel complesso ben confezionato.
Perché ci piace
- Alessandro Preziosi e le sue espressioni
- lo spirito d'avventura che permea tutti gli episodi
- essere riusciti ad attualizzare Sandokan senza snaturarlo
Cosa non va
- aver concentrato troppi eventi in pochi episodi
- il personaggio di Yanez adombrato dal passato tragico e dal minutaggio poco generoso
- Emilio il pirata era evitabile
- tante sbavature narrative che rendono alcuni passaggi poco credibili