Can Yaman diventa Sandokan: “Mi sono allenato tantissimo ma quello che conta è la parte spirituale”

La nostra intervista a Jan Maria Michelini e Can Yaman, regista e interprete della nuova serie di Rai 1, che riporta su schermo l'iconico personaggio. In onda dal 1 dicembre e prossimamente su Disney+.

Can Yaman in una scena della serie

È la serie di punta della stagione invernale di Rai 1, una produzione che arriverà dal 1 dicembre sulla rete ammiraglia per poi approdare prossimamente su Disney+: stiamo parlando di Sandokan, remake della storica miniserie degli anni settanta che in Italia è considerata un vero e proprio cult della televisione. Toccare quello che nei decenni è stato considerato un mostro sacro si è palesata fin da subito come un'operazione rischiosa e, proprio per questo, per la nuova incarnazione del personaggio nato dalla penna di Emilio Salgari sono state impiegate un gran numero di risorse, oltre che un cast internazionale. Alle redini del progetto il regista Jan Maria Michelini che, dietro la macchina da presa insieme a Nicola Abbatangelo, cerca di dare nuova linfa alla storia con una regia più moderna e intrigante.

Una lunga preparazione per Can Yaman

Ad interpretare il protagonista è Can Yaman, amatissimo attore di origine turca che, intervistato da noi, ha raccontato come per interpretare Sandokan la preparazione, fisica e mentale, sia stata molto lunga: "Sono arrivato in Italia cinque anni fa per prepararmi a questo ruolo ma all'epoca non abbiamo potuto girare. Ho avuto quindi un sacco di tempo per poter studiare il personaggio a livello fisico, intellettuale, spirituale e sentimentale. Mi preoccupava in primis la parte fisica di Sandokan, però dopo essermi allenato tantissimo ho capito che quello che veramente contava era la parte spirituale."

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Can Yaman nei panni di Sandokan

Un ruolo non facile, quindi, una figura centrale che deve tenere sulle spalle l'intera storia. Il Sandokan di Can Yaman è infatti diverso da quello interpretato decenni fa da Kabir Bedi, ha un background differente che lo rende quindi forse più sfaccettato, stoico, certo, ma anche abbastanza emotivo: un pirata che tiene alla propria libertà, un uomo che viene dalla povertà e che durante le vicende scoprirà in sé un lato rivoluzionario.

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Una scena della serie

"La serie è molto inclusiva" dice Yaman:"Coinvolge tantissima diversità, tantissime differenze culturali, abbraccia tutte le età, tutte le culture. Ero consapevole di questa situazione e quindi ho cercato di studiare i sentimenti in evoluzione di Sandokan. Sono stato fortunatissimo: avevo il regista che veniva a casa mia per studiare tutte le scene, è stata una preparazione bella tosta e una volta abbiamo iniziato a girare è stato tutto in discesa."

Regia e nuove tecnologie

Un aspetto che colpisce della serie è sicuramente la cura delle location e delle ambientazioni, paesaggi esotici veri o ricreati in teatri di posa, pensati per restituire quelle atmosfere che Salgari aveva raccontato nei suoi romanzi pur non avendo mai viaggiato fuori dall'Italia. Una "magia" frutto dell'immaginazione e, in questo caso, anche dell'utilizzo di nuove tecnologie. Ce lo spiega Jan Maria Michelini:"Nonostante siamo andati anche un piccolo tempo all'estero, all'Isola della Reunion, qualcosa in Thailandia, abbiamo fatto un po' come Salgari: grazie anche alle nuove tecnologie, ai led wall, e alle risorse tecnologicamente importanti forniteci dalla produzione, siamo riusciti a navigare nel nostro teatro di posa a Formello con questo studio all'avanguardia, il primo in Europa, per restituire lo spirito di avventura nel fare un piratesco anche un po' all'italiana."

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Una scena di combattimento

Il regista ha infatti raccontato di come questo tipo di narrazioni facciano parte anche della nostra storia cinematografica: "Secondo me è anche un genere che ci appartiene, che si è diffuso poi nel mondo, perché Salgari è stato usato in varie forme anche nel cinema di Hollywood. Noi lo abbiamo fatto nostro aggiungendo anche un tocco di humor."