Vecchio e nuovo si confrontano e scontrano in Assandira, film di Salvatore Mereu presentato fuori concorso a Venezia 2020. Ispirato all'omonimo romanzo di Giulio Angioni, vede Gavino Ledda nel ruolo di Costantino Saru, pastore che viene convinto dal figlio e dalla nuora a trasformare il suo ovile abbandonato in un agriturismo.
Scettico di fronte alla possibilità che qualcuno voglia vivere la vita del mandriano per diletto, Costantino si fa portavoce della tradizione della sua terra, che il regista inquadra nei solchi del suo viso: "È una componente quasi materica del film " ci ha detto proprio al Lido di Venezia, proseguendo: "Lavoro molto sui visi, sulle facce. Quando scelgo un attore mi preoccupo che ci sia il massimo dell'aderenza ai personaggi che devono interpretare. Nel viso del protagonista c'è la storia di una condizione, di una generazione di persone che è cresciuta nello stento, in condizioni difficili. Gavino Ledda è perfetto. Quasi tutto il film è fatto stando addosso ai personaggi, non allargandosi mai, non raccontando mai il paesaggio. Mi interessa la natura umana. È questo il cuore del racconto."
Le nuove generazioni non escono benissimo, ma Salvatore Mereu ci tiene a chiarire che Assandira, nelle sale dal 9 settembre, non è una pellicola contro i giovani: "Non vorrei che venisse fuori un giudizio negativo: tutt'altro. Racconto due mondi, quello del padre e quello del figlio, che non si parlano, non si incontrano, perché hanno dei riferimenti completamente diversi. Non c'è un giudizio sull'uno o sull'altro. La verità non sta solo da una parte, anche perché altrimenti, se fosse così, non ci sarebbe l'elaborazione dolorosa del lutto che vediamo nel corso del film."
La video intervista a Salvatore Mereu su Assandira
Assandira, la recensione: il fuoco divampa sulla tradizione sarda