Il reboot targato Netflix Saint Seiya: I Cavalieri dello Zodiaco non è riuscito a centrare il bersaglio. I nuovi showrunner hanno infatti mutilato la sceneggiatura originale per riassumere le vicende in un minor numero di episodi, sacrificando così la caratterizzazione dei personaggi e il valore di alcune scene iconiche che sono entrate nell'immaginario dei fan dell'anime giapponese. Contemporaneamente, lo sceneggiatore Eugene Son e i responsabili della Toei hanno apportato alcuni cambiamenti radicali - differenze rispetto alla serie originale di cui parleremo in seguito - senza però avere il coraggio di andare fino in fondo, comportando una serie di problemi a catena che probabilmente hanno notato soprattutto i fan della serie originale.
Al di là dei problemi di natura tecnica - una realizzazione visiva generalmente spartana e un doppiaggio italiano che, pur coinvolgendo il cast originale, stona con l'aspetto giovanile dei personaggi - I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya è soprattutto una rivisitazione sostanzialmente inutile di un anime che ha appassionato gli spettatori per anni grazie a un pathos che si è perso quasi del tutto nel tentativo di velocizzare la trama ed escludere ogni forma di violenza esplicita o sottintesa. Ci sono cinque cambiamenti, in particolare, che saltano subito all'occhio.
Il passato dei cavalieri
La storia di questo reboot - di cui vi abbiamo parlato nella nostra recensione di Saint Seiya: I Cavalieri dello Zodiaco - inizia con un flashback che ci mostra il rapimento di Patricia, la sorellina del protagonista Seiya. Anni dopo, Seiya, che vive in un orfanotrofio, sviluppa il potere del Cosmo e viene precettato da Alman di Thule per addestrarsi in Grecia e diventare cavaliere di Atena. Completato l'addestramento e conquistata l'armatura di Pegasus, Seiya partecipa alle Guerre Galattiche e incontra per la prima volta gli altri cavalieri che diventeranno i suoi migliori amici. Ecco la prima, importante differenza. Nel manga di Masami Kurumada, la maggior parte di questi bambini vive nell'orfanotrofio dell'organizzazione Thule, ignara che il vecchio Alman sia il loro padre genetico. I bambini vengono quindi smistati periodicamente e obbligati ad addestrarsi ai quattro angoli del pianeta, ed è proprio in questo modo che Seiya si separa da sua sorella Seika.
Tralasciando l'ovvia implicazione che siano tutti fratellastri di sangue, e che il vecchio Alman sia stato talmente spietato da spedire i suoi figli a morire di qua e di là, il passato comune di questi ragazzi aveva un'importanza enorme nello sviluppo iniziale della storia, perché quando i cavalieri si rincontrano per le Guerre Galattiche tanti anni dopo, riaffiorano i conflitti, le simpatie e le antipatie della loro infanzia, ma soprattutto il rancore nei confronti di Alman e di Lady Isabel. I flashback, infatti, ci mostravano una bambina viziata e crudele che obbligava questi ragazzini a farsi cavalcare come pony, facendoli frustare quando si rifiutavano. Sebbene questo lato di Isabel appaia immediatamente odioso, serve in realtà a dimostrare la maturazione e la crescita della giovane che si rivelerà la reincarnazione della dea Atena. I cavalieri, infatti, inizialmente rifiutano di seguire la loro ex aguzzina, ma quando Isabel riconquista la loro fiducia col suo eroismo, la scena in cui giurano di proteggerla assume un peso e un'importanza decisamente maggiori. La stessa sequenza, nel quarto episodio del reboot, purtroppo non ha per nulla lo stesso impatto.
Le Guerre Galattiche
Il torneo in cui i cavalieri di bronzo si affrontano per vincere l'armatura d'oro del Sagittario è molto diverso: nel reboot è un torneo segreto, che si svolge in una specie di hangar nascosto nel deserto sotto un tombino elettronico parlante, protagonista di alcune delle gag più imbarazzanti che ci sia capitato di vedere in un anime moderno. Nella serie originale, la Guerra Galattica è un vero e proprio show televisivo trasmesso in tempo reale in tutto il mondo, che si svolge in un gigantesco stadio con tanto di ring, proiettori e tabelloni come fosse un torneo di wrestling. Lo scopo del torneo è molto chiaro: serve a presentarci i vari cavalieri, a dimostrarci di che cosa sono capaci, a stabilire il drama e il conflitto principale, nonché il tono dei combattimenti e delle scene d'azione. Nella serie originale, la maggior parte dei duelli occupa un'intera puntata, e lo scontro tra Pegasus e Sirio il Dragone addirittura due.
Nel suo primo combattimento, Seiya non batte Geki dell'Orsa in un sol colpo, ma anzi rischia la sconfitta e riesce a sopraffare il suo avversario solo dopo avergli stritolato le braccia. Anche la battaglia tra Crystal il Cigno e Ichi dell'Idra è molto più lunga e brutale. Le Guerre Galattiche, insomma, stabilivano uno standard importante per la serie con una violenza, sia visiva che psicologica, non indifferente. Era in particolare lo scontro tra Pegasus e Sirio a centralizzare l'attenzione, una battaglia durissima tra due eroi valorosi: quando Seiya si spoglia dell'armatura per rispetto nei confronti di Sirio, che si era tolto la propria, la serie delineava già la nascita della profonda amicizia che avrebbe legato i due protagonisti per più di cento episodi. Nel reboot, il duello è brevissimo e il momento in cui Pegasus rischia la vita per riattivare il cuore di Sirio perde praticamente ogni significato.
Andromeda e le maschere
Sul cambiamento di Andromeda da maschio (Shun) a femmina (Shaun) abbiamo speso già un fiume di parole in un approfondimento sul trailer di Sainty Seiya: Cavalieri dello Zodiaco, ma in sintesi Andromeda era un ragazzo androgino e molto sensibile che, a una prima occhiata, sembrava una donna a qualunque spettatore. Si trattava di una scelta precisa che rovesciava gli stereotipi dell'epoca, secondo i quali i guerrieri più forti dovevano essere necessariamente uomini nerboruti e cupi come Kenshiro o l'Uomo Tigre. Andromeda, invece, era fragile e odiava combattere ma, ironicamente, era anche uno dei cavalieri di bronzo più potenti, e questo lo ha reso, negli anni, un'icona LGBT. Lo sceneggiatore Eugene Son ha giustificato la scelta di cambiare il sesso ad Andromeda con la necessità di affiancare una ragazza ai protagonisti per modernizzare la storia e la rappresentazione della figura femminile nella serie.
A parte il fatto che I Cavalieri dello Zodiaco straripa di figure femminili forti e determinate (Castalia, Tisifone, June e la stessa Lady Isabel, solo per menzionarne qualcuna) questa decisione non è servita a molto perché lo script ha preservato il carattere fragile di Andromeda, invece di rovesciare il suo ruolo con una più scontata ma sensata rappresentazione tsundere del personaggio. E così, invece di un Andromeda femmina che si comporta da maschiaccio, ci siamo ritrovati un Andromeda femmina che si comporta... come il vecchio Andromeda maschio. Questa scelta, però, ha avuto un impatto trasversale su alcune sottotrame particolarmente memorabili della serie.
Nell'idea originale di Masami Kurumada, i cavalieri donna indossavano le maschere per celare i loro lineamenti femminili, e se un avversario le vedeva in viso, queste guerriere avevano due opzioni: ucciderlo o innamorarsi di lui. E così, quando Seiya rompe la maschera di Tisifone prima di lasciare la Grecia, diventa il bersaglio della donna, che lo insegue fino in Giappone per assassinarlo... salvo poi innamorarsi veramente di lui e sacrificare la propria vita per proteggerlo. È una svolta struggente che dava a I Cavalieri dello Zodiaco una profondità che raramente si incontrava nelle produzioni per ragazzi dell'epoca.
Nel reboot, però, Andromeda non può indossare una maschera, essendo una protagonista, pertanto Toei Animation ha semplicemente rimosso questo aspetto della storia... e con esso l'intera sottotrama di Tisifone, rappresentata senza maschera come una giovane arrabbiata e un po' isterica che Pegasus sconfigge prima di lasciare la Grecia. Contemporaneamente, però, Castalia indossa una maschera e non vi è alcuna spiegazione riguardo a questo dettaglio, se non l'esplicita insinuazione che dietro di essa si celi il volto della sorella perduta di Seiya, Patricia. Alla fine del manga si scopre che Castalia non è la sorella di Pegasus, quindi il cambiamento di Andromeda, quasi del tutto vano, ha avuto soltanto il risultato di banalizzare la caratterizzazione di un'altra eroina molto amata. Niente male!
Vander Guraad
Questo personaggio è completamente inedito nel reboot, ma non si tratta necessariamente di un cambiamento in negativo: tutto dipende da come Toei Animation gestirà lo sviluppo di questo antagonista che, al momento, non ci ha convinto troppo. L'idea, però, potrebbe funzionare. Come dicevamo sopra, nell'anime originale i cavalieri di bronzo sono cosa nota a tutto il mondo e la Guerra Galattica è trasmessa worldwide. Sebbene si possa ipotizzare che il pubblico consideri tutto uno show fittizio come il wrestling, con l'aggiunta di elaborati effetti speciali, è logico anche supporre che il governo sia a conoscenza dei loro poteri straordinari. In questo senso, è strano che nessuno abbia cercato di militarizzare quantomeno i cavalieri di bronzo.
Il reboot, sotto questo punto di vista, modernizza il concept introducendo uno scienziato che, avendo scoperto i cavalieri insieme ad Alman di Thule, decide di studiare il Cosmo e le loro armature per trasformarli in vere e proprie armi da combattimento. Semmai è una scelta infelice mandare a morte certa un esercito privato, ben sapendo che armi da fuoco ed elicotteri da battaglia non avrebbero potuto nulla contro il Cosmo. Vander Guraad rientra comunque nella figura del villain ossessionato dalla tecnologia e dalla smania di potere, disposto a tutto pur di conquistare un vantaggio tecnologico: è un antagonista abbastanza piatto e banale, ma una seconda stagione potrebbe approfondirlo e definire meglio il suo ruolo nella nuova serie.
I cavalieri neri
Ecco un'altra modifica importante che tuttavia abbiamo abbastanza apprezzato. Verso la fine della stagione, il reboot di Saint Seiya: I Cavalieri dello Zodiaco targato Netflix segue abbastanza fedelmente la trama originale: arriva Phoenix (che in questa versione si chiama Nero invece di Ikki) e ruba l'armatura d'oro del Sagittario. I cavalieri lo inseguono per recuperarla e si ritrovano ad affrontare i suoi scagnozzi, i cosiddetti cavalieri neri. Nel manga di Masami Kurumada, e nella serie animata degli anni '80, i cavalieri neri erano banalissimi sosia malvagi dei protagonisti che indossavano le stesse armature, soltanto nere come la notte. Kurumada non ha mai dato una spiegazione razionale riguardo a questo dettaglio e molti hanno semplicemente concluso che fosse troppo pigro per disegnare dei personaggi temporanei completamente nuovi.
Il reboot approfitta così di questo plothole per introdurre un'idea che probabilmente si ispira ai cavalieri d'acciaio, tre guerrieri che compaiono in alcuni episodi della serie animata originale ma non nel manga di Kurumada, e che indossavano armature fabbricate dall'uomo in laboratorio. Nel reboot di Netflix, Phoenix assolda quelli che, essendo stati sconfitti in duello, non hanno conquistato un'armatura ma hanno mantenuto la capacità di usare il Cosmo: Kurumada non ha mai esplorato questa angolazione della storia, e così il reboot l'ha usata per giustificare i cavalieri neri, mercenari che indossano armature artificiali fabbricate in serie. Uno di essi è Cassios, che si prende la rivincita contro Seiya nel penultimo episodio della stagione.
L'idea in sé e per sé non è affatto male, ma purtroppo il reboot di Netflix non la sfrutta come avrebbe potuto e finisce col banalizzarla: gli altri tre cavalieri neri sono identici a Cassios e i protagonisti devono sconfiggerli mirando a uno specifico punto debole dietro la nuca, laddove nella serie originale erano costretti a combattere contro le loro stesse tecniche speciali. Insomma, in una sfida di nonsense tra vecchio e nuovo, questa è l'unica modifica che vince per un soffio e suggerisce che le idee alla base di questo Saint Seiya: I Cavalieri dello Zodiaco tutto sommato c'erano, ma mancava la cognizione di ciò che ha fatto veramente innamorare i fan di tutto il mondo.