Saint Seiya: I Cavalieri dello Zodiaco, la recensione: il reboot Netflix, un'occasione sprecata

Saint Seiya: I Cavalieri dello Zodiaco, la recensione: Netflix rilancia uno degli anime più amati con una controversa miniserie in computer grafica.

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I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya, un'immagine di Pegasus

Negli ultimi mesi si è sollevato un gran polverone intorno alla scelta di cambiare il sesso di Andromeda nella nuova serie di cui vi parliamo in questa recensione di Saint Seiya: I Cavalieri dello Zodiaco. Alla fine, però, questo cambiamento radicale è stato l'ultimo dei problemi del reboot targato Netflix. Saint Seiya, titolo giapponese del manga di Masami Kurumada che ha ispirato intere generazioni, occupa un posto molto speciale nel cuore degli italiani che ricordano la serie soprattutto grazie a un adattamento che aveva trasformato un prodotto per adolescenti in un'indimenticabile epopea. Come tanti altri reboot recenti in computer grafica, anche questo rischiava di snaturare un anime iconico che ancora oggi si riguarda con piacere, ma fino all'ultimo abbiamo sperato che i trailer controversi non rappresentassero la vera qualità della miniserie. E purtroppo ci siamo sbagliati.

Un nuovo inizio

Probabilmente molti di voi conosceranno già I Cavalieri dello Zodiaco: questa prima stagione del reboot, composta soltanto da sei episodi di circa 20 minuti ciascuno, segue i primi quindici episodi della serie originale scartando totalmente alcuni eventi e condensandone altri nel giro di pochi minuti, per concludersi con un cliffhanger poco dopo lo scontro finale con Phoenix, il cavaliere della Fenice che per l'occasione ha cambiato nome e ora si chiama Nero invece di Ikki. La stagione comincia in modo un po' diverso rispetto alla serie del 1986 e invece di presentarci il protagonista, Seiya, già in Grecia che si addestra per diventare cavaliere, il reboot ci racconta di quando un plotone attaccò la casa in cui viveva da piccolo insieme alla sorella Patricia: un cavaliere d'oro scompare con la bambina e Seiya finisce in orfanotrofio. Un numero imprecisato di anni dopo, il vecchio Alman di Thule scopre i poteri di Seiya e lo convince a diventare cavaliere.

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I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya, una scena dell'anime
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I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya, un'immagine della serie

A questo punto la trama si allinea con quella originale, ma procede a velocità troppo spedita e nel giro di un episodio Seiya, conquistata l'armatura di Pegasus, si iscrive alle Guerre Galattiche di Lady Isabel cui partecipano altri cavalieri come lui. C'è però un'importante differenza rispetto al canovaccio originale, e cioè un personaggio che risponde al nome di Vander Guraad. A capo di un esercito privato, questo villain è un ex collega del vecchio Thule che ha scoperto insieme a lui i cavalieri dello zodiaco e ora spera di usare i loro poteri: per questo motivo ha assunto un cavaliere malvagio, Phoenix, perché rubi l'armatura d'oro del Sagittario custodita da Lady Isabel, incarnazione della dea Atena. Seiya e gli altri cavalieri dovranno sconfiggerlo per recuperarla e proteggere la fanciulla.

Problemi di ritmo e di logica

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I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya, una sequenza della serie

Se c'è una cosa che funziona nel nuovo script sono proprio gli scagnozzi di Phoenix, i cavalieri neri che nel manga di Masami Kurumada erano semplici sosia malvagi dei protagonisti. Nel reboot, sono cavalieri rinnegati che indossano le armature meccaniche di Guraad: l'idea è un po' bislacca ma funziona e ha più senso dei sosia oscuri. D'altro canto, tutto il resto non quadra. I Cavalieri dello Zodiaco del 1986 era una serie avvincente, in cui gli scontri avevano un certo peso e una lunghezza significativa. Lo stesso non si può dire per il reboot di Netflix, in cui la storia si svolge troppo velocemente e in modo confuso, rallentando solo per dare spazio a gag infantili e fuori luogo.

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I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya, Phoenix in una scena dell'anime

La questione di Andromeda, alla fine, neanche influenza più di tanto il canovaccio. Lo Shun del 1986 era un personaggio affascinante e originale per la sua epoca: in un momento in cui andava di moda il modello di Kenshiro, il maschio cupo e determinato, Andromeda rovesciava le aspettative e dimostrava che anche gli uomini più potenti potevano essere sensibili e gentili. Lo sceneggiatore Eugene Son ha spiegato che Shun è dovuto diventare Shaun, una donna, perché alla serie serviva una figura femminile forte tra i protagonisti. Ironicamente, il carattere di Shaun ricorda quello del vecchio Andromeda in tutto e per tutto, quindi questa svolta tanto polemizzata non è servita praticamente a nulla, se non a comportare tutta una serie di modifiche che hanno causato il taglio di alcune sottotrame memorabili.

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I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya, i cavalieri con Atena in una scena dell'anime

Nell'originale, i cavalieri donna erano obbligati a indossare una maschera. Andromeda non la indossa, quindi non la indossa neppure Tisifone, quindi abbiamo perso la scena in cui Pegasus spaccava la maschera di Tisifone e questa si ritrovava costretta a ucciderlo oppure a innamorarsi di lui. Era un conflitto interiore poetico e struggente che definiva il personaggio di Tisifone, qui ridotta a una macchietta crudele e arrabbiata. Nel mentre, Castalia indossa una maschera solo per suggerirci esplicitamente che lei è la sorella scomparsa del suo allievo Pegasus. E purtroppo questa non è l'unica sottotrama o caratterizzazione perduta nella lavorazione di questo reboot.

Combattimenti deludenti

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I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya, Phoenix, il Cavaliere della Fenice

Gli altri cavalieri che partecipano al torneo di Lady Isabel sono tratteggiati con grande superficialità. I duelli sono brevissimi e Toei Animation ha ridotto al minimo la violenza per non impressionare gli spettatori più giovani. Lo scontro tra Crystal il cigno e Ichi dell'idra, per esempio, dura pochissimi secondi, e le motivazioni del cavaliere biondo si riassumono in un sintetico flashback che fatica a trasmettere i tragici retroscena. Fortunatamente la stagione si chiude con un episodio che dedica abbastanza spazio alla storia di Phoenix, ma gli altri episodi sviluppano frettolosamente il legame tra i cavalieri protagonisti che, tuttavia, si traduce in uno stucchevole inno al potere dell'amicizia.

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I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya, una scena della nuova serie anime firmata Netflix

Le scene d'azione non sono solo diluite, ma anche altalenanti sotto diversi aspetti. Alcune coreografie sono davvero convincenti, per esempio lo scontro tra Seiya e Sirio, ma nella maggior parte dei casi le animazioni sono rigide e legnose, soprattutto quando i personaggi discutono in modo esageratamente espressivo. I colpi speciali più famosi sono rappresentati con un uso soddisfacente di effetti particellari, ma il reboot comincia ben presto a riciclare le scenette degli attacchi con una fastidiosa frequenza, specialmente nel quarto episodio in cui i protagonisti affrontano un piccolo esercito composto da soldati ed elicotteri in una battaglia fin troppo lunga e noiosa.

Un doppiaggio sconclusionato

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I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya, un'immagine della "nuova" Andromeda

I Cavalieri dello Zodiaco, tanti anni fa, ci hanno fatto conoscere le voci di alcuni dei migliori doppiatori italiani sulla piazza. Il fatto che quasi tutto il cast sia tornato è una bella notizia, sulla carta, ma nella realtà questa operazione nostalgia non ha funzionato come avrebbe dovuto. All'appello mancano solo Andrea de Nisco e Tony Fuochi, sostituiti dai nuovi doppiatori di Andromeda e Phoenix, Deborah Morese e Mattia Bressan. Ivo De Palma, Marco Balzarotti, Luigi Rosa e Dania Cericola doppiano ancora Pegasus, Sirio, Crystal e Lady Isabel ma questi personaggi nel reboot hanno un aspetto molto più giovane che stona con le loro voci adulte.

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I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya, Sirio il Dragone

Nella serie del '86, il character design di Shingo Araki ci restituiva un Pegasus sui vent'anni che, in questo reboot, è invece poco più che adolescente. L'eccezionale doppiatore napoletano fa quel che può con uno script che ha trasformato il cavaliere protagonista in un briccone che spara battutine a raffica anche nei momenti peggiori: sentire la voce di Ivo De Palma che esclama "Fico!" alla vista di un aereo armato fino ai denti produce un effetto straniante difficile da spiegare.

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I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya, Cristal il Cigno

Anche le musiche galleggiano nella mediocrità. Qualche traccia ricorda vagamente i brani originali del 1986, mentre quelle inedite sono discutibili, dimenticabili o semplicemente pessime. Il brano di apertura si intitola Pegasus Seiya, ma altri non è che la versione in lingua inglese della celebre sigla Pegasus Fantasy, riarrangiata dai The Struts: orecchiabile ma nettamente inferiore sia alla canzone originale in giapponese, sia al riarrangiamento italiano firmato di Massimo Parretti e Stefano Bersola. La band compone, suona e canta anche la discreta sigla di chiusura Somebody New.

Conclusioni

Alla fine di questa recensione di Saint Seiya: I Cavalieri dello Zodiaco rimane l'amarezza per l'occasione che Netflix ha sprecato, mutilando una serie amatissima e compiendo scelte controverse senza il coraggio di andare fino in fondo. Questo reboot pensato soprattutto per un pubblico giovane è semplicemente inutile: meglio recuperare il vecchio anime.

Movieplayer.it
1.5/5
Voto medio
3.4/5

Perché ci piace

  • Il nuovo design delle armature.
  • Il character design abbastanza fedele a quello della serie originale.

Cosa non va

  • L'impoverimento della storia e dei personaggi.
  • Il ritmo troppo frenetico.
  • Le animazioni altalenanti.