Il volto di Russell Crowe è di quelli che trasmettono allo stesso tempo sicurezza e una sottile inquietudine, quella che chi è attore non può non avere, e che riesce a trasformarsi in quella dei personaggi. Russell Crowe è arrivato a Roma e, dopo una masterclass che si è trasformata in un vero One Man Show nel pomeriggio di sabato 15, domenica 16, a ora di pranzo, ha incontrato la stampa per presentare il suo nuovo film, Poker Face, che ha scritto, diretto e interpretato. Presentato alla Festa del Cinema di Roma nell'ambito della sezione Alice nella Città, Poker Face arriverà nelle nostre sale il 24 novembre.
Nelle sequenze di Poker Face, come sul palco della Sala Petrassi, notiamo come il volto di Russel Crowe sia maturato. Ha la barba bianca, ma ben curata, e qualche ruga. Il suo fisico è robusto, ma non quanto sembra da certe foto recenti prese fuori scena. E poi ci sono quegli occhi, che trasmettono dolcezza e sicurezza. Ma, nel film, anche tristezza, dubbi, pensieri. È così che deve essere per il suo personaggio, un giocatore di poker professionista, diventato ricchissimo per aver venduto un sistema di poker on line al governo dopo averlo trasformato in un sistema di sicurezza nazionale. Scoperto di essere un malato terminale, chiama i vecchi amici, quelli con cui giocava a poker fin da bambino, per una partita molto speciale. Altro non possiamo raccontarvi. Ma vi raccontiamo com'è nato il film, uno di quelli che ha avuto una vita avventurosa. E anche com'è nato lo spassoso Zeus di Thor: Love And Thunder.
Ho iniziato senza sceneggiatura, senza cast e con la pandemia
Poker Face è l'opera seconda di Russell Crowe, dopo l'esordio dietro la macchina da presa con The Water Diviner. Da cosa nasce l'esigenza di tornare a girare da regista? "Era una produzione già partita e finanziata, ma la persona che avrebbe dovuto curare la regia aveva dei problemi di famiglia" racconta l'attore. "Mio padre era appena venuto a mancare. Io ero in una condizione in cui ho cominciato a riflettere. Quando il produttore mi ha chiamato e mi ha parlato di questa opportunità, mancavano cinque settimane all'inizio delle riprese. Non c'era sceneggiatura, non c'era il regista, ma c'erano i finanziamenti. Eravamo in piena pandemia, e Sidney stava entrando in lockdown. Avevo in mente questa situazione: 280 membri della troupe che sarebbero rimasti senza lavoro. È questo che mi ha spinto a girare questo film, anche se io sono abituato a preparare il lavoro. È quello che avrebbe fatto mio padre. Io ho iniziato a lavorare a sei anni, in tv, cinema e teatro, e tutti i miei amici sono persone che fanno questo lavoro. Lasciare a piedi 280 famiglie non lo potevo fare. Quindi ho iniziato senza sceneggiatura, senza cast, e con la pandemia. Il film non è qualcosa di statico, è qualcosa di vivo, in continuo movimento. In nove giorni ho scritto la prima stesura della sceneggiatura, in quattro giorni la seconda. E ho cominciato a chiamare i miei amici attori. Questo ha trasformato un film d'azione in un film che parla di eredità di quello che rimane di un uomo che ha tutto tranne il tempo".
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Con il lockdown, veniva fatto tutto di notte
Poker Face, quindi, è un film d'azione, è un thriller psicologico, e anche un heist movie. Ma la storia del set è invece un vero film d'avventura. Provate a immaginare cosa è significato girare un film del genere durante la pandemia. Se non ci riuscite, ve lo racconta Russell Crowe: "C'era il lockdown e così l'addetto alle attrezzature, la costumista e tutti gli altri non potevano uscire e andare a comprare quello che serviva. Veniva fatto tutto illegalmente, tutto di notte. E non potevo neanche offrire da bere al cast. Non potevamo parlarci, nella sala poteva esserci solo chi partecipava alla scena. Dopo 4 settimane il ragazzo che preparava il caffè si è ammalato di Covid e ci siamo dovuti fermare. Abbiamo ripreso dopo sette mesi. Sono arrivate le inondazioni, e hanno distrutto i set. E abbiamo dovuto riprendere da capo". Mancherebbero solo le cavallette del monologo di The Blues Brothers, ma è stata davvero dura. Ma a capo della squadra c'era uno che è stato Massimo Decimo Meridio. E ha portato a casa il film.
Il gioco d'azzardo è perverso e aberrante
Una delle particolarità di Poker Face è che il protagonista non è un vero "gambler" come quelli che abbiamo visto nella maggior parte dei film. "La mia opinione personale sul gioco d'azzardo è impopolare" afferma deciso Russell Crowe. "Credo che sia la cosa peggiore al mondo, e che dare accesso alle persone al gioco 24 ore su 24 sia perverso. Ci sono tante società di gioco che sono sponsor di squadre e di eventi sportivi. Io sono proprietario di una squadra di football in Australia, e so che questo aiuta lo sport. Ma trovo il gioco d'azzardo perverso e aberrante". "Come giocatore sarei terribile", continua: "Tendo a scommettere, a correre rischi, perderei un sacco di soldi. Un conto è scommettere sul lavoro, una cosa nel gioco d'azzardo. Mi conosco, e quindi cerco di evitarlo. Scommetto solo una volta all'anno, su un cavallo. Ne ho parlato con i miei figli, quando ho scoperto che avevano scommesso su una squadra di football..."
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Ho forgiato il film con quello che avevo a disposizione
C'è chi chiede a Russell Crowe se abbia sentito una forte pressione per questa sua opera seconda. "Dopo il contesto che vi ho raccontato?" risponde ridendo. "Era altissima. Ma è un lavoro. E ho fatto il mio meglio con le risorse che avevo. È diventato qualcosa di molto personale per me, ma non era così che è cominciato". È curioso il fatto che Poker Face, a livello produttivo, sia proprio l'opposto della sua opera prima. "Un film come The Water Diviner aveva un'impostazione perfetta", commenta: "18 mesi di preparazione, avevo tutto ciò che mi serviva, come budget, cast, come la possibilità di girare in Australia e poi di spostarsi in Turchia: una situazione ideale. Questo film è stato l'opposto, una sfida di natura completamente diversa. Ho forgiato il film con quello che avevo a disposizione. Ma è stata la sfida perfetta per me arrivato a questa età. Il film è la forma d'arte più fluida, il massimo della sfida. Non mi interessa che sia perfetta. Io comunque completo e faccio il mio lavoro".
Volevano che interpretassi Zeus con un accento britannico
Se il personaggio di Poker Face è malinconico, il personaggio con cui abbiamo visto Russell Crowe al cinema qualche mese fa, lo Zeus di Thor: Love and Thunder, è stato spassoso. Incalzato da un giornalista greco, l'attore ci spiega come è andata davvero la storia dell'accento greco. "La decisione era cercare di dare al mio personaggio un aspetto che avesse qualcosa di greco" svela Russell Crowe. "La produzione mi ha detto 'stay in the line', di restare entro la mia linea. Restare entro la mia linea? (dice proprio 'stay in the fucking line'). I miei personaggi non sono mai quelli che seguono il percorso segnato". Ma Crowe scende ancora più nei particolari con un racconto spassoso. "Quando mi è stato proposto il ruolo di Zeus ho chiesto: 'qual è la sua voce?' Taika Waititi mi ha detto: 'potrebbe essere quella de Il gladiatore'. Un accento britannico per un Dio greco? Ma poi mi hanno detto che invece un accento greco avrebbe potuto essere offensivo. Se è passato senza essere un insulto Il mio grosso grasso matrimonio greco non vedo come avrebbe potuto esserlo il mio Zeus. Sono cresciuto con amici greci. Non è più un'offesa un Dio greco che parla con un accento inglese? Abbiamo girato le scene due volte, una con accento inglese e una con quello greco. Hanno fatto delle proiezioni test e alla fine il Dio con l'accento greco ha schiacciato completamente lo Zeus con l'accento inglese. Mi hanno detto che con un personaggio di questo tipo probabilmente Walt Disney si sarebbe rivoltato nella tomba". Hanno chiesto alla star se si fosse mai sentito in difficoltà. "Tutti ci troviamo in un momento in cui perdiamo le nostre certezze" è stata la risposta. "Ogni minuto, ogni secondo in cui dobbiamo prendere una decisione dubitiamo su quello che stiamo facendo. Ma se sei il capitano di una nave non devi avere ragione, devi essere sicuro di quello che stai facendo".
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