Recensione Highwaymen (2004)

Il film si trasforma spesso in un The Fast and the Furious senza humor, che può solamente accendere gli istinti velocisti di chi guarda.

Run, baby, run

La strada è uno dei luoghi preferiti dal cinema, e ne rappresenta il movimento e il continuo cambiamento. E' andare avanti senza poter prevedere cosa si può incontrare sul percorso, è velocità, è pericolo, è morte. Highwaymen, ultimo film di Robert Harmon, divenuto famoso per avere realizzato Hitcher, la lunga strada della paura, storia di un autostoppista killer interpretato da un grande Rutger Hauer , è un road thriller prevedibile, che nasce da un presupposto, l'omissione di soccorso.
Rennie Cray indossa i panni del vendicatore, in seguito alla morte della moglie investita da un auto e lasciata morire senza poter ricevere alcun aiuto. E' infatti da cinque anni che Rennie vuole la pelle del pirata della strada, James Fargo, un killer pazzo e affascinante, ma il tempo ha trasformato la sua vendetta in qualcosa di diverso, in un istinto distruttivo e negativo, che ha attirato l'attenzione del poliziotto Macklin, divenuto la sua ombra.

Il film di Harmon ripercorre il suo passato, come un rapper che, per riacquisire la sua rima, torna sulla strada, senza riuscire ad eguagliarlo. L'analisi dei personaggi di The hitcher era molto più profonda, più dettagliata. Distingueva bene e male, e li faceva toccare solamente in alcuni attimi, generando un'illusione nello spettatore, affascinato dall'autostoppista, maledetto ma con una grande forza di attrazione. In Highwaymen questo magnetismo latita, appare solo in alcuni istanti, e il film si trasforma spesso in un The Fast and the Furious senza humor, che può solamente accendere gli istinti velocisti di chi guarda. La durata ridotta, ottanta minuti, in questo caso, penalizza il film che rimane in superficie. Le potenzialità di Highwaymen rientrano allora in quella categoria definita b-movies, che ha una strana capacità di creare dei cult dal niente.

Così da piccoli particolari si assurge a una febbre per i protagonisti, per le immagini, per gli ambienti, per gli oggetti. E gli oggetti che brillano sullo schermo sono le automobili, veri gioielli. Una Plymouth Barracuda del 1968 per Rennie, una Cadillac Eldorado del 1972 per James Fargo.
Un "Motorshow" da brividi.