Room 999, la recensione: 30 registi e il destino del cinema

La recensione di Room 999, il documentario di Lubna Playoust che, ispirandosi al film di Wim Wenders, decide di interrogare di nuovo 30 registi sul destino della Settima Arte. Al cinema.

Room 999, la recensione: 30 registi e il destino del cinema

I documentari che si occupano di instaurare una discussione sul cinema dandogli una contestualizzazione storica sono di per sé sempre preziosi. Questo perché ricordano agli spettatori una cosa essenziale, e che spesso tendono a dimenticare: parliamo di un linguaggio nato 130 anni fa (non contando i suoi antesignani), ma così legato alla vita politica e sociale da subire un numero di cambiamenti paragonabile a forme artistiche con il doppio della sua età. Il cinema è talmente legato alla natura del suo pubblico da catturarne non solo sguardi, emozioni e ideologie, ma anche fragilità, instabilità e necessità di evolversi.

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Wim Wenders e Lubna Playoust in Room 999

Una vita fatta di cambiamenti, una vita in continuo divenire, come quella dell'ipotetico essere umano più vecchio del mondo, e per questo anche in continuo rapporto con la morte, con la fine. Forse il cinema, come l'uomo, trova la sua ragione di esistere proprio perché preoccupato della sua scomparsa. Al Festival di Cannes di 40 anni fa un giovane Wim Wenders interrogò i registi a proposito di una possibile imminente morte del cinema, trovando risposte meravigliose, contrastanti e indicative della varietà di punti di vista. Il suo film si chiamava Room 666. Nel 2022 Lubna Playoust ha deciso di ispirarsi all'opera del regista tedesco e riproporre l'interrogativo, di nuovo a Cannes, un altro gruppo di registi. Il film si chiama Room 999 ed è al cinema con CG Entertainment.

Registi da tutto il mondo, una stanza d'albergo, una camera fissa e una domanda su un foglio di carta a cui rispondere. Meglio, una domanda da cui trarre spunto per lasciarsi andare, analizzare ed autoanalizzarsi, dimostrando come, a prescindere dal tempo e dalla propria opinione sulla sua fine, il cinema è la forma artistica che più si lega al mondo (interiore ed esteriore) dell'essere umano. Un documento prezioso e che acquisisce senso sia da solo che preso in relazione con il titolo da cui trae ispirazione.

30 registi nella stessa stanza

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James Gray, tra le voci del documentario

Room 999 si apre con la ripresa di un maestoso cedro del Libano di 150 anni, presente nel momento in cui Wenders andò a Cannes per girare il suo Room 666 e infatti preso all'epoca da riferimento come testimone della nascita della Settima Arte stessa. Un augurio di eternità in un momento di forte preoccupazione, simile a quello che stiamo vivendo in questi anni. Oggi il maestoso cedro non c'è più, ma il cinema c'è ancora, così come la domanda ad esso più legata: "Il cinema è un linguaggio che sta per scomparire? Un'arte in procinto di morire?".

Quesito che fece il cineasta tedesco 40 anni fa e che fa Lubna Playoust nel 2022. Un quesito fondamentale perché racchiude dentro di sé una visione precisa della Settima Arte, per quanto la risposta non potrà che essere parziale. Per alcuni degli interrogati addirittura un quesito senza senso, al punto che una risposta sarebbe inutile, mortificante. Per altri ancora impossibile, per altri, infine, scontata. Reazioni eterogenee, ma che fanno tutte pensare che domanda o risposta non contino poi granché o almeno non quanto il motivo che sta dietro al bisogno di interrogarsi al punto che è quest'ultimo a divenire, inconsciamente, l'oggetto di indagine delle riflessioni.

Questa domanda viene posta a 30 registi (quasi il doppio di quelli del film del 1982) in successione, tra generazioni differenti (c'è David Cronenberg, ma anche Ninja Thyberg) e differenti provenienze (ci sono Asghar Farhadi, Ali Cherri, Davy Chou e Ayo Akingbade, ma anche i nostri Paolo Sorrentino, Pietro Marcello e Alice Rohrwacher), raccolti uno per uno nella stessa stanza d'albergo. A rompere il ghiaccio proprio Wim Wenders, apripista legittimo, in quanto primo padre dell'idea e unico di nuovo presente. La sua risposta è quella più argomentata, più lunga e tra le più lucide e per questo adoperata come punto di raccordo tra il passato, in cui la grande discussione era legato alla sopravvivenza del cinema dopo la televisione, e il presente, in cui è la Rivoluzione digitale, con i cambiamenti che ha portato nella vita di tutti, a essere considerata come la minaccia più pericolosa per il perdurare della Settima Arte.

L'importante è continuare a rispondere

Per quanto un lavoro come Room 999 non possa essere in grado né di dare una risposta corretta alla domanda né di racchiudere un campione di punti di vista tale da essere considerato come rappresentativo in senso assoluto, essa è incredibilmente ricca dal punto di vista contenutistico e si dimostra utile a far luce su cosa rappresenti il cinema per coloro che, fondamentalmente, rappresentano, insieme al pubblico, il motivo stesso della sua sopravvivenza.

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Alice Rohrwacher in un momento del film

Le loro riflessioni ci parlano di un'arte moribonda da sempre, già sulla via del declino ai tempi di Bergman, che si sentiva una brutta copia di Dreyer, e da sempre scissa dalle logiche di mercato tra il lato commerciale (dalle fiere di fine '800 ai grandi studios) e i piccoli film, che secondo Godard (e Claire Denis) rappresentano la matrice primaria di un linguaggio che deve essere prima di tutto libero. Si parla dei cambiamenti portati dallo streaming, di quanto la standardizzazione e la frammentazione stiano allontanando le nuove generazioni dalla sala, perché non più in grado di sostenere il tempo di una narrazione filmica o perché, semplicemente, non più in grado di trovare uno spazio nella loro vita. Si discute della necessità di essere creativi, onesti e ribelli, anche a costo di essere maleducati, ma anche di quanto è importante continuare ad interrogarsi sul mondo per avere uno sguardo utile e sensibile. Fare cinema è l'arte di interrogarsi, il problema è che lo si fa sempre meno. "Forse sono malati gli spettatori e non il cinema", ipotizza qualcuno.

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Arnaud Desplechin

Ciò che scaturisce alla fine di Room 999 è che il cinema esiste ancora perché è necessario alla vita dell'uomo per gli stessi motivi per cui gli assomiglia così tanto. In un momento come questo il cinema può addirittura rappresentare una soluzione a diversi problemi fondamentali della nostra civiltà, basta avere la lucidità per rendersene conto. Meglio, per essere ancora più corretti possiamo dire che forse il cinema potrà essere una soluzione finché lavori come quelli di Wenders e di Playoust troveranno un senso per coloro che, fondamentale, rappresentano il motivo stesso della sua sopravvivenza.

Conclusioni

Nella recensione di Room 999 vi abbiamo parlato del documentario di Lubna Playoust ispirato a quello di Wim Wenders del 1982. Un lavoro utile ancora oggi perché tentativo concreto di guardare alla natura stessa del cinema attraverso un interrogativo fondamentale e le riflessioni dei registi, i quali, nel rispondere, permettono allo spettatore di entrare a contatto con tanti punti di vista. Ne esce fuori un mosaico stimolante, ricco e profondo e mai banale, anche se poi una risposta corretta alla domanda posta forse non c'è.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.6/5

Perché ci piace

  • La sequenza delle risposte crea un percorso intrigante.
  • I molti punti di vista.
  • Possiamo ascoltare i pareri di molti registi.

Cosa non va

  • Un lavoro pensato solo per chi è interessato allo studio del cinema.