E il settimo giorno finalmente arrivò il Cinema, si potrebbe quasi dire. Giunti ormai quasi al termine di una sezione competitiva fino adesso tutt'altro che esaltante, non delude uno dei titoli su cui erano riposte le aspettative più alte, L'uomo che verrà di Giorgio Diritti, che si candida con molte probabilità alla vittoria di quest'edizione del Festival di Roma.
Dopo il sorprendente esordio de Il vento fa il suo giro, piccolo film parlato quasi interamente in occitano che è divenuto nella scorsa stagione un vero caso mediatico, Diritti non delude le aspettative alla sua seconda regia. Al centro del suo obiettivo di nuovo le "piccole" storie di gente comune, che però questa volta dovranno fare tragicamente i conti con la Storia: il film, rievoca infatti - con toni minimali, sobri, e al tempo stesso intensissimi - il disumano eccidio di Marzabotto, teatro durante la seconda guerra mondiale di un atroce rastrellamento tedesco che non risparmiò anziani, donne e bambini. I punti di contatto con l'opera prima del regista non mancano: dall'ossessiva ricostruzione etnografica degli usi e costumi della gente contadina, al tema della confusione e contaminazione linguistica (il film è parlato nel dialetto emiliano dell'epoca). Diritti torna inoltre a uno stile di regia fatto di lunghi e sinuosi movimenti di macchina, e dipinge (grazie alla tecnica digitale) una fotografia dai toni chiaroscurali che ha la forza di un affresco pittorico. L'uomo che verrà ha la geniale intuizione di fotografare la tragedia attraverso gli occhi innocenti della piccola Martina, bambina di otto anni resa muta dal dolore, e di affrontare temi dalla portata universale, quali la maternità.Leggi la nostra recensione di L'uomo che verrà Leggi il nostro resoconto della conferenza di L'uomo che verrà
Temi alti e universali affronta anche Vision di Margarethe Von Trotta, che rilegge in chiave proto-femminista la vita di Hildegard von Bingen, religiosa benedettina che unì scienza a misticismo e fu uno dei personaggi femminili più influenti nell'Europa del XII secolo dopo cristo. Il film ripercorre il percorso della santa fin dalle prime visioni che la colpirono in tenera età, quando venne educata nel convento di Disibodenberg. Divenuta in seguito badessa, entrò più volte in conflitto con le gerarchie ecclesiastiche del tempo, descritte dalla regista più come centri di potere economico e politico - rigorosamente al maschile - che spirituale. Ma, grazie al sostegno del Papa, Hildegard riuscì a fondare un proprio monastero a Rupertsberg (la cui costruzione le fu suggerita dalle visioni), dove rivoluzionò il modo di concepire il valore della femminilità e della bellezza in termini spirituali. Come prevedibile, la Von Trotta pare più interessata al valore simbolico che assume la protagonista in termini di emancipazione femminile, ma al tempo stesso si focalizza soprattutto sul rapporto affettivo - una vera e propria relazione amorosa - che instaura con la sua discepola Richardis. Nonostante la convincente interpretazione di Barbara Sukowa nelle vesti monacali di Hildegard, il film si sviluppa secondo una narrazione un po' troppo statica e monocorde, che eccede nelle verbosità e lascia ben poco spazio alla rappresentazione delle visioni. Argomenti particolarmente controversi e problematici sono al centro del terzo film in concorso della giornata, Brotherhood, esordio al lungometraggio del regista danese Nicolo Donato. L'opera si cala nella realtà del fenomeno neonazista da un punto di vista completamente inedito: al centro di Brotherhood è, infatti, la relazione omosessuale che si instaura tra Lars, nuova recluta della "fratellanza", e Jimmy, suo mentore. Donato affronta in maniera convincente un tema così delicato, riuscendo a non scadere in ingenuità o banalizzazioni, e il suo film è finora tra le opere più interessanti in concorso. Come di consueto, al di là dei titoli presenti nella sezione competitiva, il Festival di Roma offre un cartellone ricco di eventi collaterali e straordinari. Tra questi, senza dubbio di notevole interesse è la trilogia di Red Riding, miniserie televisiva britannica tratta dal romanzo di David Peace e incentrata su un serial killer che seminò il panico nello Yorkshire tra gli anni Settanta e Ottanta. I tre film sono già divenuti degli oggetti di culto e possono vantare un cast all british che annovera tra gli altri Sean Bean, Peter Mullan e Paddy Considine.Leggi la nostra recensione della trilogia di Red Riding Leggi il nostro resoconto della conferenza di Red Riding Trilogy