Rocco Siffredi svela il suo lato più emotivo. Il re del porno è ospite della Mostra di Venezia per presentare Rocco, documentario in cui racconta gli ultimi tre anni della sua vita. Pur mostrando l'attore per lo più all'opera sul set, il film è una confessione talmente intima e personale da spingerlo a commuoversi mentre ce ne parla. "Fare questo film per me è stato molto pesante...", ci confessa per poi interrompersi improvvisamente e alzarsi per smaltire una crisi di pianto. Tra un set porno e l'altro Rocco Siffredi parla della molla che lo ha spinto a diventare un attore porno, della violenta reazione della famiglia, dell'incontro con la moglie e del senso di colpa nei confronti di lei e dei due figli, che lo lacera quasi quanto il desiderio di sesso.
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In apertura del documentario, che sarà nei cinema dal 31 ottobre al 3 novembre distribuito da Bim, Rocco Siffredi parla di un "diavolo nei suoi pantaloni" che lo spinge a fare sesso con decine di donne diverse, sue compagne nelle pellicole porno. Questo malessere interiore che lo accompagna da anni, questa incapacità di essere soddisfatto di sé, è una delle molle che lo ha spinto ad accettare di fare questo film. "La mia principale paura era che Rocco non fosse un film sincero", confessa Siffredi. "La pornografia è stata sempre stigmatizzata, ma a me non interessava parlarne male. Così ho dato carta bianca ai registi, ho detto loro 'Andate a parlare di me con chiunque, anche con chi ne parlerà male, l'importante è che diciate la verità'".
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Il diavolo nei pantaloni
A dirigere Rocco non è un autore italiano, bensì i cineasti francesi Thierry Demaizière e Alban Teurlai. La ragione ce la spiega il protagonista del documentario: "In passato gli italiani mi avevano chiesto di fare un film di questo tipo. Ma io artisticamente mi sento francese. È in Francia che ho avuto la mia vera iniziazione sessuale. A Parigi è stata organizzata una proiezione privata di Rocco per me e per mia moglie e dopo aver visto il film ero estremamente emozionato. L'ho voluto vedere come se non parlasse di me, anche se non è stato semplice".
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Nella vita di Rocco Siffredi poche cose sembrano semplici. L'attore ricorda i propri esordi come un momento estremamente eccitante e al tempo stesso drammatico.
"Non faccio da 32 anni un mestiere in cui soffro, sia chiaro" afferma. "La pornografia mi ha dato tantissimo. Ho avuto tutte le donne che volevo, ma sono cresciuto a Ortona, in Abruzzo, luogo dalla mentalità molto chiusa. Non voglio dare colpa alla chiesa né al Sud, anche a Milano sarebbe stato lo stesso. Quando ho confessato di voler fare il pornoattore ho avuto tutti contro e la mia famiglia mi ha vietato di toccare i miei nipoti. Solo mia madre ha cercato di capirmi e mi ha spinto a essere felice, mentre gli altri mi hanno isolato. La mia anima, però, mi ha spinto a continuare e oggi non mi pento di niente. A un certo punto mi sono fatto una famiglia. I primi problemi sono sorti proprio in quel momento e ho cominciato così a vivere il porno con un senso di colpa che prima non avevo mai provato. Oggi sono passati 24 anni dal mio matrimonio e, quando la sera torno a casa, guardo mia moglie negli occhi e le chiedo se è preoccupata o gelosa. Lei dice di no, sa che si tratta solo di lavoro, ma io so che dentro di lei c'è una sofferenza. Così ho cercato di smettere".
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Il porno come la danza
Pur abbondando in scene esplicite, Rocco non infrange l'ultima barriera e documenta il lavoro di Siffredi sul set senza mostrare la penetrazione. Interrogato al riguardo, Siffredi risponde: "Io volevo che fosse un film sincero su di me e sul porno, avrei fatto vedere tutto tranquillamente. E' stata un scelta dei registi". Tocca allora a Thierry Demaizière e Alban Teurlai motivare la loro scelta: "Il nostro è un film sulla pornografia, non un film porno. Per vedere un porno basta cliccare su internet. Prima di girare Rocco stavamo lavorando a un film sulla danza classica, perciò abbiamo adottato lo stesso approccio. Ci siamo concentrati sui corpi in movimento: per noi quello tra danza e porno è un parallelo ideale. Questa è la ragione per cui abbiamo prestato la massima cura agli aspetti tecnici. Ciò che abbiamo notato osservando Rocco all'opera è il fatto che la sua perfomance è anche artistica. Nel sesso lui dà qualcosa di sé".
Assodate le doti amatorie e fisiche di Rocco Siffredi, è lecito chiedersi se, avendo due figli maschi già grandi, è possibile che uno dei due intraprenda il mestiere del padre. "Per fortuna i miei figli non vogliono fare la mia carriera. Il primo è uguale alla madre, molto romantico, ha la stessa fidanzata da cinque anni. Questa nuova generazione è molto diversa dalla mia". E il futuro lavorativo dell'attore quali imprese ci riserva? "L'unica cosa certa è che questo documentario mi ha aiutato molto. Non sono mai andato da uno psicologo o da un sessuologo. Che gli potrei raccontare io a un sessuologo? Ma ora vedo il futuro un po' più sereno. A Budapest sto aprendo l'Accademia del Porno, in più continuerò a produrre film e spero di essere un buon nonno per i miei nipoti quando arriveranno". E il lavoro sul campo? "Ho imparato la lezione. Non dirò mai più smetto o ricomincio col porno, così non faccio promesse che non so se potrò mantenere".