Forza, ammirazione, amore duraturo e rispetto. È quello che Elisabetta II ha suscitato nei suoi sudditi e in tutti quelli che hanno avuto modo di incontrarla, attraversando quasi un secolo di storia, regnando per settant'anni e costruendo un'immagine di sé che l'ha resa inavvicinabile ed enigmatica. In Ritratto di regina Fabrizio Ferri parte proprio da qui per raccontare una delle donne più fotografata e rappresentata al mondo. L'intuizione è stata usare proprio i suoi ritratti fotografici e le conversazioni con alcuni dei più celebri fotografi di Sua Maestà per un documentario che prova a capire chi è stata veramente la Regina Elisabetta. Il film, prodotto da Nexo Digital e Rai Cinema e presentato alla 17a edizione della Festa del Cinema di Roma, è in sala per soli tre giorni dal 21 al 23 novembre.
Ritratto di Regina, la recensione: Elisabetta II, una vita in foto
Tutti pazzi della regina
La sfida era ardua, ma il fotografo Fabrizio Ferri non si è tirato indietro. Il punto di partenza è stato il bestseller "Elisabetta II. Ritratto di Regina" di Paola Cavalletti, che ne aveva scritto una sceneggiatura affidandone la regia a Ferri. Le interviste con i fotografi che hanno provato a raccontare Elisabetta II sono così diventate ritratti in studio realizzati in una sorta di "scatola nera", conversazioni in cui tutti da Brian Aris a Jason Bell, da Julian Calder a Chris Levine "non raccontano tanto quello che è successo, ma ciò che hanno sentito nel fotografarla, condividendo quel sentimento con noi", dice il regista. "In questo risiede l'unicità del film, ed è quello a cui si riferisce Charles Dance quando in apertura dice che non potremo mai essere esaustivi con un ritratto o con una immagine, ma che possiamo raccontare quello che c'è dentro. Non conta l'accaduto, ma l'emozione e il sentimento scaturiti da quell'incontro. La cosa che mi ha colpito di più è che tutti i fotografi che l'hanno ritratta se ne sono innamorati. Nel loro rapporto con lei è scattato qualcosa di così intimo da farli in qualche modo innamorare". Ma ricomporre l'immagine della sovrana attraverso frammenti di foto e filmati diventa anche occasione per riflettere sull'essenza stessa della fotografia: "Elisabetta II è stata fotografata per tutta la sua vita, che corrisponde più o meno a un secolo, metà della storia della fotografia, di cui è stata una straordinaria interprete".
Elisabetta II, l'icona e il rammarico
Ma al di là dell'icona, Elisabetta II rappresenta per Ferri anche "il rammarico di non averla fotografata. Non c'è un'altra persona per la quale abbia provato questo tipo di sentimento, di Elisabetta avrei voluto veramente fare un ritratto come quelli che so fare io, un ritratto che ti guarda, un ritratto dei suoi occhi, del suo sangue". E se immagina come sarebbe andata se avesse avuto la possibilità di scattarle una foto rivela, "sarebbe stato come alcuni dei miei migliori ritratti, in cui faccio da tramite, perché chi guarda il soggetto si senta osservato; avrei dato alla regina la possibilità di usare il proprio sguardo per far sentire a sua volta osservato chi guarda". La foto che gli è piaciuta di più? Probabilmente quella scattata da Brian Aris che la sorprende mentre "scoppia a ridere perché la macchina fotografica era caduta, ma Aris era stato poi così svelto a riprenderla in mano da riuscire a scattare quella foto. La trovo straordinaria, è una fotografia importante, dimostra che tu puoi preparare un set ma devi essere sempre pronto a scattare quello che non è preparabile".
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