Recensione Pa-ra-da (2008)

Pa-ra-da affianca attori professionisti (gli adulti) a debuttanti raccolti da strada e scuole (i bambini, naturalmente bravi) e sa convincere anche solo per la capacità di testimoniare un dolore credibile.

Ris-pet-to

Comincia all'esterno del Centro Georges Pompidou di Parigi il film di Marco Pontecorvo, presente alla 65a Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, ma la storia (vera) di Pa-ra-da parte da un luogo e da realtà ben più lontane, un anno prima che fosse montato il palco presente nelle immagini iniziali, che lasciano presagire un imminente spettacolo animato da bambini. I rumeni, questi sconosciuti, tornano perciò a essere raccontati da un italiano sul grande schermo, a pochi mesi di distanza dall'uscita de Il resto della notte di Francesco Munzi, tentativo però fallito che nulla ha aggiunto alla nostra conoscenza di un popolo così complesso di cui si fa un gran parlare negli ultimi tempi dalle nostre parti. Stavolta si va a casa loro, fin dentro la loro terra, all'origine dello squallore che abbrutisce alcuni di loro, rendendoli potenziali pericoli per chiunque, ma prima di tutto per sé stessi. Pa-ra-da parla infatti di una gioventù incenerita, che è naturalmente solo una tra le tante realtà di cui il paese si compone, che si droga sniffando vernice, per sopportare giornate di crimini e violenze, di figure genitoriali che mancano e di istituzioni totalmente incapaci di crescerli, di educarli, ma soprattutto di proteggerli da quegli sfruttatori che li utilizzano unicamente per arricchirsi.

Tocca a un giovane clown franco-algerino risvegliare le loro coscienze. E' Miloud, che nel 1992 raggiunge una Bucarest che solo da pochi anni è uscita dal pugno duro di Ceausescu. Insieme a un'organizzazione umanitaria vuole tirar fuori dai tombini i cosiddetti "boskettari", i bambini che vivono come randagi nei canali dove passano i tubi per il riscaldamento, costretti a rubare e a prostituirsi per restare a galla nella miseria. In realtà sono zombie dai tratti ancora infantili, ma già ricchi di cicatrici che ormai non andranno più via. Non si fidano dell'altro, soprattutto dello straniero che di solito si avvicina loro solo per comprarne la carne fresca, vivono in branco in condizioni limite che cementificano la loro complicità, cuccioli dal volto sporco in fuga dai posti più diversi della Romania, da genitori incapaci di provvedere a una degna crescita e da orfanotrofi che non sanno prestar loro ascolto, finendo così per perderli. Sono questi i bambini che Miloud vuole salvare attraverso l'arte e il sorriso, provando a coinvolgerli in uno spettacolo circense che mira a insegnare il rispetto per sé stessi e a distinguere il bene dal male anche in un mondo dove tutto sembra essere male.

Rispetto è una parola che torna spesso in Pa-ra-da, sconosciuta ai randagi che si lasciano stuprare anche solo dallo sguardo dei più grandi, sempre pronti ad approfittare della loro debolezza per farsi forti. Il lavoro di camera a mano di Pontecorvo riesce a registrare, senza mai apparire superficiale o eccessivo, questa disperazione muta, questa routine della miseria, facendosi schiaffo doloroso ogni volta che si sofferma sui piccoli volti infilati nelle buste di plastica che inspirano il male. Cinema nomade, che si mescola tra chi non conosce per imparare a farlo e memore della lezione neorealista gira tra volti sporchi negli stessi luoghi che racconta, Pa-ra-da affianca attori professionisti (gli adulti) a debuttanti raccolti da strada e scuole (i bambini, naturalmente bravi) e sa convincere anche solo per la capacità di testimoniare un dolore credibile. Non manca certo quello scotto retorico che bisogna sempre pagare quando si portano sullo schermo bambini, violenza, povertà, ingiustizie e quant'altro può far nascere in noi quel sentimento di sdegno che di fronte a tali infamie si presume inevitabile per chi si crede uomo. Ma quando il dramma già assai straziante si tramuta in tragedia è impossibile non lasciarsi travolgere dai brividi di fronte allo smarrimento sui volti di questi piccoli esseri umani con l'età dei bambini e il dolore dentro degli adulti dopo secoli di torture. Risalendo all'origine dei mostri si scopre allora che la possibilità di salvarli da un destino ingrato non è poi così improbabile. Educare al rispetto chi non sa volersi bene è un'idea di cui fare tesoro.