Rifkin's Festival, la recensione: Woody Allen ci riporta al cinema con un lungo sogno cinefilo

La nostra recensione di Rifkin's Festival, il nuovo film di Woody Allen in cui il regista newyorchese si diverte ad omaggiare e celebrare i grandi classici del cinema.

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Rifkin's Festival: il cast in una scena

Dovessimo basare la nostra recensione di Rifkin's Festival solo sul piacere di essere tornati in sala, il nostro giudizio non potrebbe essere migliore. In realtà il nuovo film di Woody Allen non verrà ricordato tra i migliori della sua lunghissima carriera, ma un posto speciale nel nostro cuore l'ha comunque conquistato fin dalle prime immagini: si parla di cinema e in particolare di festival cinematografici, ci sono omaggi/parodie a registi e film del suo e del nostro cuore e forse - ma in realtà speriamo proprio di no - questo Rifkin's Festival potrebbe rappresentare davvero l'ultimo film di uno dei registi che più ci ha fatto innamorare della settima arte.

Dite che non basta tutto questo per elargire le tanto agognate cinque stelle? Avete ragione, la professionalità prima di tutto, d'altronde è lo stesso Woody Allen a mettere alla berlina i critici e l'industria cinematografica nella sua interezza, in un film che sfrutta l'affascinante cornice del Festival di San Sebastian per mostrarci come, nonostante tutto, l'amore per il cinema possa in qualche modo sempre salvarci dalle delusioni della vita.

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Rifkin's Festival: Gina Gershon, Luis Garrel e Wallace Shawn in una scena

Intrecci d'amore e vezzi d'autore

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Rifkin's Festival: Gina Gershon con Wallace Shawn in una scena

Mort Rifkin (Wallace Shawn) è un ex professore di cinema che da tempo sta provando a scrivere il suo primo romanzo, e decide di accompagnare la moglie (Gina Gershon) al festival spagnolo perché geloso e preoccupato della troppa attenzione che il mondo intero e in particolare lei, addetta stampa, sta riservando a un promettente (e presuntuoso) regista francese di nome Philippe (Louis Garrell). Appena arrivato a San Sebastian, però, Mort comincia a sentire degli strani dolori al petto e questo lo porterà a conoscere un'affascinante dottoressa locale (Elena Anaya).

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Rifkin's Festival: Wallace Shanw, Gina Gershon e Louis Garrel in una scena

Se insomma per noi appassionati di cinema è soprattutto l'ambientazione festivaliera a suscitare interesse, a Mort tutto questo non sembra importare affatto, tanto da passeggiare incurante di tutto e tutti in mezzo al glamour e alle tante, simpatiche, frecciatine all'industry che Allen sembra disseminare sul suo percorso. A Mort interessa solo controllare la moglie, sincerarsi che il suo cuore sia a posto e magari provare a immaginare un futuro diverso, magari sotto il sole di San Sebastian in compagnia della bella dottoressa. Il Cinema, però, è più potente di quel che lui possa credere, ed è così che ogni notte i suoi sogni prendono la forma di grandi classici del passato: i capolavori veri insomma, non quelli che i critici di oggi sembrano riconoscere nei vari Philippe di turno.

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Sogni cinefili di quasi estate

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Rifkin's Festival: Wallace Shawn durante una scena del film

Che Woody Allen non fosse un grande amante del cinema contemporaneo lo sapevamo tutti da tempo, ma forse proprio perché ormai non sembra avere più nulla da perdere, questa volta il regista newyorchese si lascia andare a qualche critica più diretta a un mondo che non sembra riconoscere o che comunque non sembra interessargli, anche quando si tratta di un festival di cinema, ovvero quella che dovrebbe rappresentare la cinefilia nella sua forma più pura. E non contento di essere (solo a tratti) graffiante, ci regala, e soprattutto si regala, un autentico divertissement cinefilo in cui ricostruisce (grazie alla sempre sapiente fotografia di Vittorio Storaro) e rielabora a modo suo scene di 8 ½, Quarto Potere, Jules & Jim, Fino all'ultimo respiro, L'angelo sterminatore fino ad arrivare a due esilaranti versioni di Persona e Il settimo sigillo.

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Rifkin's Festival: Elena Anaya durante una scena

Insomma il prezzo del biglietto vale anche solo per vedere Woody Allen che si diverte ad omaggiare e celebrare un cinema che per molti potrà sembrare lontanissimo, se non addirittura morto, ma in lui è più vivo e presente che mai. Per il resto, beh, non è che gli intrecci amorosi di cui sopra siano nulla che non sia già stato visto, anche nella stessa filmografia del regista più e più volte, ma va detto che la reinterpretazione pacata di Shaw delle solite nevrosi alleniane dona al film un ritmo insolito, molto rilassato e incredibilmente distante dalla frenesia di oggi e dei prodotti cinematografici di oggi. Se anche dovesse chiudersi qui la carriera di Woody Allen - ma speriamo davvero di no! - ci sarebbe comunque materiale in abbondanza per essergliene comunque grati.

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Rifkin's Festival: una foto dal set

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Conclusioni

Come detto in questa recensione di Rifkin's Festival, il giudizio sul nuovo film di Woody Allen non può prescindere dal piacere di tornare a celebrare il cinema e più in generale il cinema d'autore e del passato. Se è vero che all'interno della filmografia del regista potremmo considerarlo come un titolo minore, è anche vero che un film di Woody Allen, anche grazie al lavoro di Storaro alla fotografia, è sempre destinato, in un modo o nell'altro, a rimanere nel cuore e nella memoria. In questo caso forse ricorderemo le parodie o forse le romantiche passeggiate sotto il sole spagnolo, ma siamo certi che anche di questo Rifkin's Festival non ci dimenticheremo così facilmente.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.1/5

Perché ci piace

  • Le solite battute graffianti di Woody Allen, questa volta indirizzate all'industria e alla critica cinematografica.
  • L'interpretazione di Wallace Shaw, pacata, sognante e molto poco nevrotica.
  • La fotografia di Vittorio Storaro.
  • Le tante e divertenti parodie di tanti capolavori del passato.

Cosa non va

  • L'intreccio amoroso che dovrebbe essere il cuore del film non aggiunge nulla di nuovo a quanto già visto tante volte.
  • Per chi è abituato agli standard alleniani, non si può che considerare questo Rifkin's Festival un titolo minore in quasi ogni aspetto.