Recensione La vittima designata (1971)

Un film 'diverso' e, forse, un precursore dimenticato, in cui, al contrario di quanto accade in tanti 'thriller all'italiana', non ci sono scene violente e tutto il dramma si svolge per lo più a livello psicologico.

Ricatto all'italiana

Il fotografo Stefano Augenti è sposato con Luisa, una donna ricca e nevrotica che ormai non ama più. Vorrebbe ricominciare una nuova vita assieme a una bellissima modella francese e, per fare questo, decide di vendere la società di cui è proprietario assieme alla moglie. Luisa si oppone, quasi per capriccio, così Stefano parte con l'amante per trascorrere un fine settimana a Venezia. Qui conosce Matteo Tiepolo, giovane conte veneziano in conflitto con il fratello. I due si odiano, spiega, ma non posono nemmeno stare lontani. Anche Stefano racconta la sua situazione al nuovo amico, il quale propone una soluzione: lui ucciderà Luisa, mentre Stefano ucciderà suo fratello. Entrambi saranno liberi.

La vittima designata è a tutti gli effetti una sorpresa. Certamente è l'opera migliore nella carriera di Maurizio Lucidi, e una delle migliori interpretazioni di Tomas Milian. Il plot riprende il film Strangers On A Train di Alfred Hitchcock, ma il film che ne deriva è completamente diverso. Il personaggio di Stefano viene catapultato in un incubo dopo l'omicidio della moglie, si sente impotente di fronte alla situazione e, sopratutto, non capisce il freddo cinismo di Matteo Tiepolo, passato da un piano soltanto accennato alla meticolosa messa in atto di un assassinio. Vorrebbe denunciarlo, ma non può, non ha un alibi (ha passato la notte dell'omicidio con una studentessa tedesca che non riesce più a trovare) ed è il primo sospettato dalla polizia, che ha scoperto il suo tentativo di falsificare la firma della moglie per disfarsi della società e andarsene con i soldi. L'unica persona in grado di discolparlo è appunto Tiepolo, "mandante" della ragazza tedesca, ma prima Stefano dovrà mantenere fede al patto, uccidendo il fratello del conte.
Pierre Clémenti interpreta Matteo Tiepolo in modo sornione, è un infelice, per certi versi un debole, ma convinto della decisione presa, lucido e folle allo stesso tempo nella relizzazione dell'opera. Milian invece tratteggia un protagonista che cade nell'incubo, furioso dopo l'omicidio ma presto schiavo e consapevole che per salvarsi dovrà sottostare ai voleri di Tiepolo. Il film ha un buon ritmo e la fotografia curata da Aldo Tonti è splendida, in particolare nelle scene di esterni a Venezia. Aldo Lado (regista di grandi film come L'ultimo treno della notte e La corta notte delle bambole di vetro) firma la sceneggiatura assieme a Caminito, Gicca, Troiso e al regista Lucidi, riuscendo a stupire con un colpo di scena finale che non è certo originale, ma di sicuro effetto.

Interessanti alcune "mancanze" che rendono questo film diverso dalla maggior parte degli altri thriller all'italiana: non ci sono scene violente e tutto il dramma si svolge perlopiù a livello psicologico, infatti anche l'onicidio di Luisa non ci viene mostrato. Queste caratteristiche contribuiscono a rendere La vittima designata un film "diverso" e, forse, un precursore dimenticato assieme a Una sull'altra di Fulci, data la strada notevolmente più cruenta che prenderanno i thriller italiani successivi (Ad esempio Cosa avete fatto a Solange? di Dallamano, Non si sevizia un paperino di Fulci e Tutti i colori del buio di Martino).
La colonna sonora, davvero bellissima, è firmata da Luis Bacalov con la partecipazione dei New Trolls, che appaiono anche all'inizio del film nel ruolo di alcuni figli dei fiori a Venezia. La canzone My Shadow in the Dark, che apre e chiude il film, è cantata da Tomas Milian.