Revolution of Our Times, la recensione: il grido di libertà di Hong Kong

La recensione di Revolution of Our Times: il documentario di Kiwi Chow ci immerge nei movimenti popolari scoppiati a Hong Kong per difenderne l'autonomia dal regime cinese.

Revolution
Revolution of Our Times: un'immagine del film

La storia assolutamente peculiare di Hong Kong, il contrasto fra la sua tendenza alla modernità e le spinte reazionarie, fra l'elevato benessere economico e il rischio di una deriva autoritaria, ne fanno una regione gravida di contraddizioni, sintetizzate dalla celebre formula "Un paese, due sistemi", volta a indicare i suoi legami con la Cina. Per introdurre la nostra recensione di Revolution of Our Times, il documentario presentato al Festival di Cannes 2021 dal regista Kiwi Chow, è dunque opportuno sottolineare la natura anomala di Hong Kong dal punto di vista politico: colonia della Gran Bretagna per circa un secolo e mezzo, nel 1997 Hong Kong è entrata a far parte della Repubblica Popolare Cinese ma in qualità di regione amministrativa speciale, dotata di un'ampia autonomia governativa e legislativa rispetto alla Cina e di un diverso ordinamento istituzionale.

Kiwi Chow e la "rivoluzione dei nostri tempi"

Kiwi Chow
Un'immagine del regista Kiwi Chow

All'inizio del 2019 il Segretario alla Sicurezza, John Lee, propone un disegno di legge sull'estradizione dei latitanti, visto come una pericolosa manovra di avvicinamento di Hong Kong alla Cina e come un giro di vite sui diritti democratici della regione; pertanto, nelle prime settimane della primavera del 2019 le strade e le piazze di Hong Kong cominciano a riempirsi di manifestanti che chiedono a gran voce di annullare questo disegno di legge (che sarà poi ritirato il 23 ottobre). Revolution of Our Times parte da qui: non si sofferma sull'antefatto politico delle proteste scoppiate nel marzo 2019, ma ci trasporta fin da subito nel cuore di questo movimento popolare sempre più ampio, aperto a individui di ogni età (da cui lo slogan "rivoluzione dei nostri tempi") ma animato principalmente da giovani e giovanissimi, spesso i più consapevoli di dover lottare per non perdere alcuni diritti fondamentali.

Revolution Of Our Times 2
Revolution Of Our Times: una scena

Per Kiwi Chow, classe 1979, si tratta del primo cimento con il genere del documentario dopo tre film di finzione: l'esordio del 2013 A Complicated Story, Ten Years, accolto da un enorme successo in patria nel 2015, in cui il filone della distopia era volto a illustrare la stretta repressiva del Governo cinese, e Beyond the Dream del 2019. Revolution of Our Times è legato all'esigenza di dar voce, e quindi una visibilità internazionale, alle centinaia di migliaia di dissidenti che, fra il 2019 e il 2020, hanno avviato una gigantesca mobilitazione per difendere la libertà del proprio paese dalla longa manus di Xi Jinping e del Partito Comunista Cinese. Le sequenze girate durante le manifestazioni si alternano così alle interviste a leader del movimento e a semplici attivisti: una galleria di volti, spesso oscurati o celati da una maschera, ma pronti a condividere la propria passione civile e le ragioni della loro militanza.

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Difendendo la democrazia

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Revolution of Our Times: un'immagine del film

Se da un lato il documentario di Kiwi Chow ci testimonia con drammatica urgenza questo braccio di ferro fra democrazia e autoritarismo, la sua forza più autentica è affidata comunque al potere delle immagini: gli immensi spazi metropolitani gremiti da una folla che marcia a testa alta; le cariche e le violenze della polizia, che sarebbero state oggetto di durissime polemiche; le spettacolari riprese a piombo delle strade di Hong Kong, teatro di avanzate e spostamenti che sembrano richiamare quelli di un esercito in un campo di battaglia. E poi, nella seconda metà, la ricostruzione dell'occupazione studentesca del Politecnico di Hong Kong e del logorante assedio delle forze dell'ordine, con la macchina da presa che si aggira tra gli uffici e i corridoi dell'università, trasformati in accampamenti per i dissidenti, ne raccoglie riflessioni e stati d'animo e segue i loro tentativi di fuga attraverso i cunicoli sotterranei dell'edificio.

Conclusioni

Capace di mantenere un ritmo incalzante e alti livelli di tensione per tutti i centocinquanta minuti di durata, Revolution of Our Times riesce a restituire appieno l’eterogeneità e l’umanità di questo movimento politico, alle prese con una sfida che è ancora nel pieno del suo corso. Unica persona, nel team dei realizzatori del film, ad aver rinunciato all’anonimato, Kiwi Chow adopera in maniera superba il linguaggio del cinema per rendere omaggio a chi si sta battendo per la libertà di Hong Kong e per lanciare un poderoso grido d’accusa contro un Governo sempre più distante dai suoi cittadini.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • Il dinamismo, la tensione e il senso di pathos che il regista Kiwi Chow riesce a mantenere per l’intera durata dell’opera.
  • L’intensità delle sequenze che mostrano in presa diretta le proteste fra le strade di Hong Kong e le scene di guerriglia urbana.
  • L’efficacia retorica di un documentario militante in grado di far luce sullo stato di emergenza dei diritti civili in un cruciale angolo dell’Asia.

Cosa non va

  • Il rischio che una mancata conoscenza pregressa della situazione politica di Hong Kong possa ridurre la comprensione di alcuni passaggi.