Giugno 2000, il mondo era ancora un posto meraviglioso. Le piattaforme streaming non esistevano, i film si noleggiavano da Blockbuster e i pomeriggi d'estate si passavano a guardare Mtv, in attesa di beccare il videoclip del momento. Come dire, eravamo felici e non lo sapevamo. Proprio nella calda estate di venticinque anni fa, i Red Hot Chili Peppers, sulla scia del settimo capolavoro in studio, Californication, rilasciavano lo strepitoso videoclip del brano che dava il titolo all'album (uscito qualche mese prima). Una delle più grandi canzoni della band per l'album simbolo dell'epoca Y2K. Il video diretto da Jonathan Dayton e Valerie Faris era sbalorditivo: si presentava come un videogioco in 3D, con un punto di vista in terza persona, in cui il fittizio giocatore poteva impersonare i membri della band.

Una sorta di GTA, prima di GTA. La location? Ovvio: la California. Los Angeles e San Francisco. In quel videogioco-videoclip c'era John Frusciante, appena tornato nel gruppo, a scorribandare sulla Hollywood Boulevard. Chad Smith con il suo iconico fedora faceva snowboard sulle montagne della Sierra Nevada, scivolando fino al Golden Gate Bridge. Flea, invece, era tra i boschi del Sequoia National Park a salvare gli orsi dai cacciatori. E poi ecco Anthony Kiedis, che nuotava nella Baia di San Francisco, circondato da squali e donne in bikini, prima di saltare a bordo di una cabriolet volante.
Un trip psichedelico e musicale, quasi sognante, con gli avatar animati dei Red Hot Chili Peppers che alla fine prendevano vita, ritrovandosi al centro della terra dopo un distruttivo terremoto. Una folgorazione, l'anticipo di un mondo che sarebbe arrivato da lì a pochi anni. Se quella era l'epoca della PlayStation e dell'analogico che lasciava placidamente il passo al digitale, un videoclip del genere era pura avanguardia.
I Red Hot Chili Peppers: da Californication a Love, Death & Robots
Poi lo sappiamo, tutto è cambiato. L'epoca d'oro ha perso smalto, ma quel videoclip ha lasciato una traccia nell'immaginario collettivo, musicale e, perché no, anche videoludico. Nel 2022, lo spagnolo Miquel Camps Orteza ha sviluppato il gioco che vedevamo anni prima nel video. Sette livelli, ognuno basato su una scena del videoclip, creato riprendendo il motore grafico disegnato da Colin Strause e Brian Bell nel 2000.
Un lunghissimo ma doveroso preambolo dalla duplice funzione: da una parte ricordare la grandezza di Californication a venticinque anni dal rilascio, dall'altra rivalutare e contestualizzare l'operazione di David Fincher nel quarto volume di Love, Death & Robots, in cui Anthony Kiedis, Flea, John Frusciante e Chad Smith tornano ad una dimensione animata.

Il primo episodio della serie antologica Netflix creata da Tim Miller si chiama Can't Stop e vede appunto i RHCP versione "marionette" sul palco dello Slane Castle, quando nel 2003 suonarono davanti 80mila persone. Come detto, la band era letteralmente rinata dopo Californication, seguito da un album che potremmo definire il diretto sequel, By the Way. La performance allo Slane Castle fu epocale, documentata da una troupe scelta dal gruppo.
Le marionette di David Fincher
Il progetto Love, Death & Robots pesca allora una delle tracce simbolo dell'album, rivisitandola in chiave animata: Kiedis e gli altri diventano marionette con tanto di fili - così come il pubblico in visibilio, tutti versione marionette -, suonando il grove punk-funk di un brano strepitoso. Le marionette non sono reali, ma generate al computer. Fincher, dal canto suo, ha ammesso di essere cresciuto guardando le marionette di Thunderbirds di Gerry Anderson, e di "desiderare una bobblehead di Flea".
Dietro, doveva poi esserci uno stile che evocasse l'estetica anni Ottanta/Novanta di Mtv. Il movimento sarebbe stato centrale nei sei minuti del corto, e quindi la struttura dei Red Hot Chili Peppers risultava perfetta per lo scopo. "Fincher ha colto il mio spirito", ha detto Flea, al Los Angeles Times. Il bassista ha parlato di Can't Stop con Fincher prima della produzione. "Con il regista ho discusso di come il mio corpo funzioni ancora benissimo. Prima mi tuffavo e facevo una capriola mentre suonavo il basso, ma ora ho paura di farlo".
I tempi che cambiano

L'autore di Seven e la troupe di animatori del Blur Studio di Culver City hanno lavorato a Can't Stop per 13 mesi, senza, come detto dal Fincher, ricorrere all'Intelligenza Artificiale. Un lavoro, quello dei Red Hot Chili Peppers legato a Love, Death & Robots, che (ci) porta a riflettere sullo stato dell'arte dei videoclip. Il corto in questione, del resto, risulta un mero esercizio di stile (ma può aiutare le nuove generazioni a scoprire una delle più grandi band della storia), amplificando il divario temporale ed emotivo rispetto ad un'epoca passata in cui l'approccio al lavoro e al risultato era diametralmente diverso rispetto ad oggi.
"Mtv aggregava un tempo e un luogo", spiega Fincher, "Quello che mi manca di allora, e non credo che lo rivedremo mai più, era la mia età. Lavoravo su un tovagliolo e mostravo più o meno l'idea di quello che volevo fare. E quattro giorni dopo, 125.000 dollari venivano inviati alla compagnia con cui stavi lavorando e tu andavi a fare un video. Giravi il tutto in una settimana, e poi andava in onda tre settimane dopo. Ora fai uno spot televisivo e ci sono letteralmente 19 persone su sedie pieghevoli, tutte con il loro monitor da 100 pollici sul retro. Il mondo è cambiato. Ho iniziato la mia carriera professionale chiedendo perdono piuttosto che permesso, ed è stato molto difficile andare nella direzione opposta". Una direzione che, a giudicare dai risultati, sembra aver smarrito la strada migliore.