Recensione The Exchange (2011)

Un complesso dramma allegorico e grottesco che racconta improvvisamente di un uomo che si rende conto della monotonia della propria vita e, cosa ancor più importante, di come in realtà possa bastare molto poco per poterla spezzare.

Casa, strana casa

Dopo il grande successo de La banda, l'israeliano Eran Kolirin torna dietro la macchina da presa per questo The Exchange, una seconda opera dal tono e dal ritmo molto differenti da quelli dell'esordio. Si tratta infatti di un complesso dramma allegorico e grottesco che racconta improvvisamente di un uomo che si rende conto della monotonia della propria vita e, cosa ancor più importante, di come in realtà possa bastare molto poco per poterla spezzare.

Quello che scatena in lui questa reazione è la scoperta, assurda nella sua semplicità, che il luogo in cui vive è in realtà diverso da quella che vede tutte le sere tornando dal lavoro. Basta tornare indietro a casa nel pomeriggio per recuperare una cartellina dimenticata, per scoprire in realtà un mondo nuovo: la stessa abitazione, gli stessi mobili, gli stessi spazi, sotto una luce diversa sembrano assumere quasi un altro significato, sembrano condurre alla possibilità di una nuova vita; non necessariamente migliore magari, ma comunque diversa.

Il film prosegue su questa linea per gran parte della sua durata, con qualche breve inserto divertente, ma fondamentalmente rigoroso nella regia e volutamente monocorde nelle interpretazioni; accompagniamo il protagonista Oded in queste sue piacevoli riscoperte, nella nuova e stramba amicizia con un misterioso vicino che sembra avere la stessa urgenza. Ma questa necessità di scoprire, provare, inventare ha un qualcosa di molto fanciullesco ed ovviamente finirà inevitabilmente con il contrastare con quella che è la quotidianità del lavoro e della famiglia.
Non è un caso infatti che queste scoperte, queste nuove "meraviglie" siano tenute in gran segreto alla moglie; ella stessa d'altronde è parte integrante, se non addirittura colpevole, di quella ripetitività. E' per questo che il protagonista non può e non vuole rinunciare a quella che passo dopo passo è in pratica diventata una nuova ossessione, una dipendenza che con molto probabilità lo porterà verso l'autodistruzione, ma con il sorriso sulle labbra.

Movieplayer.it

3.0/5