Recensione Smettere di fumare fumando (2012)

E' la storia di un'ossessione e come tale è eccessivo, debordante, a volte disturbante e in certi punti oscuro e non comprensibile, ma ha un'ironia di fondo che lo fa apprezzare e che lo rende simpatico, perfino amabile.

Lui sta con gli ippopotami

Per il protagonista del romanzo di Italo Svevo, La coscienza di Zeno, l'ultima sigaretta rappresentava il simbolo del fallimento, di un'inettitudine che non si sarebbe mai trasformata in un qualcosa d'altro. Troppo grossa era la 'missione' di Zeno Cosini, per poter essere portata a compimento e, senza alcun appello, era destinata a naufragare. Al contrario in Smettere di fumare fumando, presentato in concorso al 30.mo Torino Film Festival, il talentuoso fumettista e regista Gipi, alias Gianni Pacinotti, racconta un successo. L'autore pisano, fumatore dall'età di 14 anni, talmente assorbito dal vizio da non ricordare più nemmeno come sia cominciato, affascinato dal rumore delle Camel Blu, firma un documentario surreale e delirante che esprime con dovizia di particolari il percorso che lo ha portato a smettere definitivamente con le sigarette, passando da mille bionde consumate al giorno a zero. Di punto in bianco, quasi per scommessa, per un folle gioco con se stesso, sceglie di non fumare più e con l'aiuto di due piccole telecamere, una Canon 5d e un iPhone, scandisce con maniacalità i dieci giorni che hanno sconvolto la sua vita, filmandosi sempre, 24 ore su 24.

Per uno assuefatto all'aroma del tabacco è come smettere di drogarsi. E Gipi questo dice, trattandosi e vedendosi come un tossico in crisi di astinenza. Quel sottile dolore auto inflitto, quel masochismo da assenza di nicotina, diventa quasi un piacere nei primi giorni, un modo per provare sensazioni mai vissute e per avere materiale per una storia degna di nota; tormento ed estasi si rincorrono nella sua testa. Da un lato ogni scusa sarebbe buona per andare in tabaccheria e comprare un pacchetto di Camel, ad esempio svegliarsi una mattina ed avere la certezza assoluta di avere un pene sottile; dall'altro la sensazione di crisi perenne, di pericolo imminente, lo porta a confrontarsi più apertamente con gli altri, sfogando la rabbia repressa ad esempio contro quei pazzi che sostengono di parlare con gli alieni o contro fantomatici critici cinematografici che vengono puniti nelle maniere più impensabili, per averlo rimproverato di scarsa originalità; come quando lo accusano di scimmiottare David Lynch nella sequenza in cui compare con una grossa maschera da ippopotamo in testa ("Ma io pensavo a Bud Spencer", dice candidamente). Fino al momento essenziale del riconoscimento della guarigione effettiva, una sorta di allontanamento dal caos interiore, finalmente placatosi.

Dopo il bel debutto di L'ultimo terrestre, toccante e maturo racconto delle bislacche esperienze di un puro in un mondo atrocemente violento, Gipi scarnifica la pellicola e pone se stesso in primo piano, con i suoi rovelli interiori ("Perché scelgo di fare cose che mi fanno male?"), i fantasmi del passato da superare una volta per tutte. Nella sua Via Crucis per liberarsi da una dipendenza pericolosa, c'è anche la voglia di un uomo di 'sfruttare' una sensibilità ritrovata, liberata da questa situazione, per vedere meglio certi aspetti del proprio passato, rappresentati ad esempio dalla visita alla vecchia casa delle vacanze estive, un posto dove ha vissuto la "notte più brutta di tutta la vita". Una dichiarazione che arriva come un fulmine a ciel sereno e che sta lì, come altre cose importanti, a dare senso a questo strambo documentario. Bizzarro perché non viene testimoniata la verità di un fatto, ma l'assillo di uno stato d'animo martellante, corrosivo. Smettere di fumare fumando è la storia di un'ossessione e come tale è eccessivo, debordante, a volte disturbante e in certi punti oscuro e non comprensibile, ma possiede un'ironia di fondo che lo fa apprezzare e che lo rende simpatico, perfino amabile. Gipi non ha la presupponenza di certi autori che vogliono affermare verità assolute sulla vita; piuttosto il suo è il punto di vista un po' autoreferenziale, ma viscerale, di un povero diavolo in crisi davanti ad un'impresa impossibile, una riuscita che sembra distante anni luce, esattamente come i pianeti abitati dai famigerati rettiliani, ma in fondo portata a compimento. Voleva una storia buona, Gipi. Ha trovato la sua.

Movieplayer.it

3.0/5