Recensione Ragazze a mano armata (2014)

Tre rapinatrici in erba, sotto la guida dell'esperta Beatrice, provano a chiudere i conti con un pericoloso criminale, ma la missione non è per niente facile, così come portare avanti un film tra cliché forzati e qualche buona invenzione.

Proviamo per un solo minuto a metterci nei panni di tre studentesse fuori sede come Emma, Gioia e Stella, quotidianamente impegnate in una lotta contro la padrona di casa e le bollette da pagare. Scombussolate dalla (in)certezza del futuro, le ragazze di Corleone si barcamenano in un presente fatto di cannoli, gentile concessione di un generoso pasticciere malinconico, e di esami da superare e davanti all'ennesima porta in faccia sbattuta decidono di subaffittare una stanza della loro grande casa per ottenere qualche spicciolo in più. Quando arriva Beatrice qualcosa improvvisamente cambia;le tre ignorano la vera identità della donna che dietro alle movenze da delicata lady nordica cela l'animo ruspante di una ladra romana.

Il bottino che porta con sé, un milione di euro, farebbe girare la testa a tutti, anche al trio che dopo qualche giorno di imbarazzo e sfruttando l'assenza di Beatrice, investita da un camion, mettono le mani sulle mazzette per regalarsi qualche giorno spensierato. Almeno fino al ritorno della truffatrice che spinta dal suo ex pretende i suoi soldi. Peccato che siano finiti tutti in un rogo scatenato da una futile lite. La storia finisce qui? Neanche per sogno, visto che il perfido Michelangelo rivuole il suo milione. E c'è un solo posto al mondo dove trovare tanti soldi tutti assieme ed è proprio lì, in una delle tante banche di Messina, che Beatrice e le sue scagnozze, opportunamente addestrate per la missione, dovranno recarsi per recuperare il denaro.

Tu le vedi così, ma queste so' de Corleone

Dal palcoscenico al cinema

Ragazze a mano armata: un'immagine del film
Ragazze a mano armata: un'immagine del film

Amiamo il coraggio e la temerarietà di quei progetti come Ragazze a mano armata, il film diretto da Fabio Segatori che prova a trovare un modo nuovo di interpretare l'action comedy al femminile, utilizzando un budget ridotto all'osso e una modalità distributiva non canonica (verrà proiettato in sala via satellite). Per questo non ce la sentiamo di essere troppo severi nei confonti di un'opera che, pur con i suoi difetti, possiede quella freschezza e quella naturalezza nella descrizione dei personaggi che oggi è così difficile da trovare al cinema. Nata come piece teatrale scritta da Paola Columba, la storia di Beatrice, Emma, Gioia e Stella si sposta sul grande schermo senza troppi traumi, sfruttando bene gli spazi e i paesaggi messinesi e con dialoghi che non sembrano mai distaccati dal mondo delle persone che essi rappresentano. Il bel lavoro compiuto sul dialetto, infatti, contribuisce a rendere credibili queste tre studentesse in crisi che tra una delusione d'amore e uno svenimento, una lite con una furente padrona di casa e il colpo della vita, cercano di essere sé stesse in un mondo molto complicato. E lo fanno seguendo l'esempio non proprio immacolato di una donna apparentemente più risolta.

Con un colpo di cannolo

Se la missione principale di Segatori era quella di sovvertire i cliché legati alla Sicilia e a Corleone, intesa come terra di malavitosi per antonomasia, non possiamo dire che sia stata portata a termine nella maniera più giusta. Pur ammettendo che all'interno di una commedia dalla trama un po' "folle" la forzatura sia quasi obbligatoria, alla fine il messaggio lanciato appare poco chiaro; la sensazione che si ha, insomma, è che gli stereotipi legati ad una certa cultura mafiosa, sembrino in realtà confermati, tutt'al più un po' ripuliti. Se è vero che il crimine paga, o meglio, se è vero che un crimine finisce per premiare i buoni, allora dovremmo presumere che ogni cosa sia ammissibile. E' una coloritura della storia che quanto meno lascia perplessi e rovina il risultato finale. E' un film che però può contare su tante buone qualità, in primis una scrittura briosa capace di mettere in risalto l'assurdità di alcune situazioni, anche se in certi punti arranca e si perde in pause non proprio piacevoli; poi mettiamo la simpatia delle interpreti tutte a loro agio nei rispettivi ruoli, la temeraria Karin Proia, Federica De Cola, Giovanna D'angi e Giovanna Verdelli, infine una confezione accurata che non tradisce affatto il budget limitato, anzi. Per essere più compiuto, però, avrebbe avuto bisogno di un maggiore equilibrio.

Conclusione

Un finale iperbolico, con un ridondante doppio lieto fine, la mancanza di equilibrio nella scrittura e l'ambiguità di fondo del messaggio macchiano la riuscita di un film che avrebbe potuto essere più compatto e asciutto, ma che è ben sostenuto dall'interpretazione verace delle protagoniste.

Movieplayer.it

2.5/5