Recensione Night Moves (2013)

Il nuovo film di Kelly Reichardt, che conferma la sua predilezione per le ambientazioni rurali e i personaggi sradicati, affronta i temi dell'ecologia e dell'estremismo, facendoli poi sfumare in una più generale trattazione del senso di colpa.

(In)coscienza ecologica

Josh, Dena ed Harmon sono tre giovani americani con background e percorsi personali diversissimi: il primo è un esponente del ceto medio che ha tagliato i ponti con l'ambiente urbano e lavora in una fattoria biologica; la seconda, una giovane figlia della upper class che è disgustata dall'ambiente in cui vive, e sogna una società diversa; il terzo, un ex marine che ha visto troppi orrori, e vuole mettere le sue conoscenze al servizio di una causa più alta. Tutti e tre hanno, tuttavia, una caratteristica in comune: sono ambientalisti radicali, decisi a mettere in atto un'azione spettacolare quanto pericolosa: l'abbattimento di una diga idroelettrica, simbolo di quello sfruttamento intensivo e predatorio dell'ambiente contro cui hanno scelto di combattere. L'attentato, preparato con cura, ha però conseguenze impreviste: un ospite del vicino campeggio, trovatosi nei paraggi al momento dell'esplosione, viene investito da quest'ultima e muore. I tre, così, dovranno fare i conti col senso di colpa, nonché con la concreta possibilità che qualcuno di loro ceda e racconti tutto alla polizia.

Dopo il western Meek's Cutoff, risalente al 2010, Kelly Reichardt torna alla Mostra del Cinema di Venezia con questo Night Moves: una pellicola che tocca i temi dell'ecologismo e dei sensi di colpa, collegati ad azioni capaci di provocare conseguenze irreparabili. La regista statunitense conferma qui la sua predilezione per le ambientazioni rurali e i personaggi sradicati, mettendo in scena la vicenda di tre outsider molto diversi tra loro; di questi ultimi non veniamo a sapere molto, se non il comune disgusto per i rispettivi ambienti sociali e la determinazione a compiere un'azione capace di scuotere le coscienze. Il fascino dell'ambientazione del film, che si muove tra gli sconfinati boschi del South Dakota e i laghi che lambiscono le highways, tra i quali troviamo quello in cui i protagonisti pongono in atto il loro piano, si accompagna al rigore della messa in scena, essenziale e priva di qualsiasi orpello. I tre personaggi vengono presentati mentre sono impegnati a preparare l'azione; per tutta la prima parte del film, i dialoghi sono funzionali alla messa in atto del piano, mentre pochi e scarni dettagli ci vengono offerti sul loro background.
La progressione narrativa del film segue il senso di allerta costantemente provato dai tre nei preparativi per l'attentato, ma anche la loro lucida determinazione, incarnata soprattutto dal personaggio di Josh. La regista gestisce bene la tensione narrativa legata alla psicologia di tre individui ben consapevoli delle potenziali, gravissime conseguenze dell'atto che si apprestano a compiere: la sequenza immediatamente precedente all'esplosione è costruita registicamente molto bene, così come tutta la parte successiva, con i sensi di colpa che attanagliano soprattutto il personaggio di Dena. L'iniziale, apparente concentrarsi del film sul tema dell'ecologia e dello sfruttamento dell'ambiente, nonché sulla dialettica estremismo/riformismo, lascia gradualmente il posto a una più generale trattazione della coscienza e del rimorso, più difficile da sopportare proprio in quanto derivato da conseguenze non volute. L'aver scelto di concentrarsi sui diversi modi, nei tre personaggi, di far fronte al senso di colpa, sfumando e universalizzando il tema iniziale, rappresenta insieme l'aspetto più interessante e il limite del film: la freddezza (voluta) con cui la vicenda viene presentata, non abbandona lo script neanche quando questo dovrebbe diventare più "intimo", facendo permanere sempre un notevole distacco tra personaggi e spettatore.
Night Moves, così, resta un film decisamente buono dal punto di vista della messa in scena, nonostante qualche sbavatura nei minuti finali (lascia abbastanza perplessi, a questo proposito, il modo in cui la regista sceglie di girare una delle sequenze-cardine); ma che rimane, tuttavia, pervaso da una freddezza che si traduce in mancanza di empatia e mordente, nonché in una narrazione in cui latita, in generale, l'aspetto emozionale. Restano comunque, in una pellicola con i limiti "strutturali" appena ricordati, la generale cura estetica, nonché le buone prove dei tre protagonisti: tra questi, troviamo in testa un Jesse Eisenberg che, con poche parole, rende bene la natura introversa, ma anche assolutamente determinata, del suo personaggio. Se, da par suo, una pur efficace Dakota Fanning sembra a tratti esagerare sul versante emotivo, provocando così uno straniante contrasto col tono della pellicola, Peter Sarsgaard risolve il suo ruolo in poco più di metà film; riducendosi, in tutta la seconda parte, a una semplice voce al telefono. I giochi, nel finale, restano inevitabilmente aperti; in una pellicola comunque destinata, con ogni probabilità (e, questo, qualche rimpianto lo provoca) ad essere dimenticata dallo spettatore non interessato ai suoi temi.

Movieplayer.it

3.0/5