C'è un uomo che ha vissuto 20.000 giorni sulla terra e si chiama Nick Cave. Al di là della durata della sua vita, però, per un artista poliedrico come lui ha molta più importanza il modo in cui il tempo è stato impegnato. Per questo motivo il film di Ian Forsyth e Jane Pollard, mette in scena una sua giornata tipo, cercando di riassumere, attraverso la voce e la presenza teatrale dello stesso Cave, l'essenza di un percorso che ha unito l'arte musicale e cinematografica alle scelte personali. Attualmente questa icona del rock internazionale vive in Inghilterra, con precisione a Brighton, ed ogni giorno si mette in macchina per arrivare a Londra e al suo studio dove si mette nelle condizioni giuste per creare.
Perché, come lui stesso dice, "il fuoco sacro dell'ispirazione non scende dal cielo. L'ispirazione è un bisogno che va alimentato. Perciò io vado tutte le mattine in ufficio per cercarle. Li non trovo alcuna distrazione; solo una tastiera e una scrivania." Così, partendo, da una semplice annotazione in cui l'artista ha annotato il tempo trascorso fino ad ora, i due registi inglesi hanno utilizzato l'occhio perennemente attento delle telecamere, posizionate nella casa, nell'auto e nell'ufficio di Cave, per offrire, attraverso un racconto che segue l'arco temporale di ventiquattro ore, una sintesi emozionante e coinvolgenti di quei 20.000 Days on Earth vissuti senza esitazione o mezze misure.
Realtà o finzione?
Presentato sia al Sundance che al Festival di Berlino, il progetto ha ricevuto un'accoglienza calorosa, acclamato anzi come un film in grado di cambiare completamente gli schemi del documentario classico. Effettivamente gli inglesi Forsyth e Pollard hanno giocato con grande maestria, complice anche il loro soggetto/protagonista, tra realtà e finzione. Partendo dal presupposto che nelle vita di una rock star questi elementi spesso si sovrappongono in modo tale da creare la mitologia del personaggio, i due hanno utilizzato alcune pagine del diario di Cave per seguirlo nella ricostruzione di se stesso o dell'immagine conosciuta. Inoltre, evitando la noiosa e ripetitiva tecnica del montaggio alternato tra narrazione diretta ed filmati di repertorio, lasciano a delle semplici foto, presentate dallo stesso Cave, il compito di andare in profondità dei ricordi. In questo modo si evita un effetto enfatico e quasi commemorativo in favore dell'ennesima sperimentazione attuata dall'artista. Con lo stesso fine, ad esempio, il racconto personale è stato sostituito da un'intervista dallo stile psicanalitico, mentre le testimonianze di amici e collaboratori, come quella di Kylie Minogue e di Grinderman, vengono raccolte dallo stesso protagonista durante un "viaggio" in macchina in cui veste i panni di autista e compagno di avventura. Ecco, dunque, che la magia dell'illusione e del verosimile viene creata anche attraverso uno stile espressivo solitamente poco incline ad utilizzare l'elemento fantastico.
Uomo o personaggio?
Nato in Australia ma vissuto tra Londra, Berlino e Rio de Janeiro, Cave incarna l'immagine di un poeta musicale che ha abitato anche altri luoghi come il cinema e la letteratura. Oltre ad aver interpretato se stesso ne Il cielo sopra Berlino ed aver recitato in Johnny Suede, ha scritto la sceneggiatura di Lawless, mentre la sua musica ha accompagnato L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford e Harry Potter e i doni della morte - parte 1. Tutto questo, naturalmente si aggiunge alla sua attività musicale prima con i The Birthday Party e poi con i The Bad Seeds. In ogni sua manifestazione artistica Cave, però, non ha mai gettato la maschera lasciando che il personaggio prendesse il sopravvento sull'uomo. Un elemento che nel suo caso non ha effetti negativi ma contribuisce a creare un allure che non lo abbandona mai, costruendo una continuità tra le sue performance sul palco e la vita al di fuori. Un elemento, questo, che Forsyth e Pollard hanno individuato ed applicato nel loro film. In questo modo è stata creata una perfetta continuità che non ha imposto allo spettatore nessun cambio di livello narrativo facendolo accompagnare da una guida d'eccezione allo stesso tempo personaggio, voce narrante, figura mitologica e protagonista assoluto di quest'opera musicale dall'anima poetica.
Conclusione
Nick Cave - 20.000 Days on Earth porta il documentario verso una nuova forma espressiva del racconto, utilizzando il materiale di repertorio come spunto per andare oltre, lasciando tutto nelle mani di un artista che è allo stesso tempo icona, interprete e uomo reale.
Movieplayer.it
3.0/5