Recensione Le avventure di Zarafa - Giraffa Giramondo (2012)

Tradizionale nei tratti dei disegni realizzati da Lie e moderna nella narrazione senza troppe indulgenze di Bezancon, la pellicola si presenta come una creatura insolita che, oltre a dimostrare la vitalità del 2D, porta ad un livello superiore un prodotto solo apparentemente per ragazzi.

Una giraffa a Parigi

"La giraffa è un trucco che lascia di stucco. Avanza sui tacchi, misura il mondo coi suoi passi a compasso elegante. Con le sue antenne avanti vede per prima, ma da tutti è veduta, riconosciuta, sgambettata, desiderata. Su con la testa, batte le ciglia Zarafa". A cantare quest'ode d'amore ad uno degli animali più insoliti ed eleganti del continente africano è Vinicio Capossela che, mai come in questo caso, ha trasformato la sua voce in strumento narrante. Infatti, abituato ad essere cantore delle sue personali suggestioni, ha accettato di lasciare il palco in favore di uno studio di doppiaggio per trasformarsi nel custode de Le avventure di Zarafa - Giraffa giramondo.


Arrivata direttamente dalla Francia spinta dal grande apprezzamento del pubblico e della critica, quest'opera di animazione d'oltralpe porta con se un gusto e un tocco grafico assolutamente vintage che, oltre ad aver conquistato la fantasia e l'immaginario dell'artista, è riuscita a dimostrare quanto sia ancora possibile rinunciare alle innovazioni tecniche in nome di una vicenda capace di emozionare senza trucchi e inganni visivi. Tutto prende spunto da un fatto realmente accaduto nel 1826, quando il pascià egiziano Muhammed Alì decide di inviare in dono al re di Francia Carlo X una creatura a dir poco stupefacente. Con "esagoni di notte su manto di oro", come la descrive lo stesso Capossela nel brano originale composto per il film, la giraffa viene imbarca su una nave sarda diretta a Marsiglia.

Il suo compito è quello d'incantare il sovrano francese e d'indurlo a concedere il suo aiuto militare alla città d'Alessandria, messa sotto assedio dai turchi. Pur fallendo la missione diplomatica, però, Zarafa riusce a fare molto di più gettando nello stupore e nel delirio una nazione intera, completamente soggiogata dalla sua bellezza esotica. Una vicenda, questa che, nonostante l'eccezionalità, non contiene di suo nessun elemento drammaturgicamente valido per un racconto cinematografico. Per questo motivo, pur intenzionato a mantenere intatto il cuore narrativo delle storia, il regista Rémi Bezançon trasforma la cronaca dei tempi in un'avventura di esplorazione e crescita personale, in cui l'uomo e l'animale tracciano insieme i momenti più importanti delle proprie esistenze. Da questa decisione prende corpo il personaggio del giovane Maki, amorevole custode di Zarafa, del beduino Hassan, destinato a scoprire la forza di un legame indissolubile, e dell'aviatore Malaterre, che con la sua mongolfiera segue incredibili sogni di avventura. Il tutto armonizzato da un'atmosfera che, senza privilegiare minimamente i toni più leggeri tipici dell'animazione, mette in evidenza problematiche forse un po' scomode per un pubblico di giovanissimi come la morte, l'abbandono dei propri affetti e la schiavitù.
Alla modernità "linguistica" di Bezançon, che trae ispirazione dalle sue esperienze nel cinema di fiction, si affianca necessariamente l'esperienza nel settore animato di Jean-Christophe Lie, capace di applicare le giuste formule visive per rendere dicibile anche ciò che di suo non lo sarebbe. Ed è proprio in questa dualità, in queste diverse nature che non mostrano alcuna incapacità a fondersi l'una nell'altra, che il film rintraccia la sua vera forza espressiva. Tradizionale nei tratti dei disegni realizzati da Lie e moderna nella narrazione senza troppe indulgenze di Bezançon, Le avventure di Zarafa si presenta come una creatura insolita che, oltre a dimostrare la vitalità del 2D, porta ad un livello superiore un prodotto solo apparentemente per ragazzi. Perché, se si va oltre uno scopo didattico piuttosto chiaro, si scopre una critica forte alla politica di sfruttamento perpetrata ai danni del continente africano ed una serie infinita di riferimenti iconografici tra cui i personaggi caricaturali di Chomet, la leggerezza naturalistica di Miyazaki e gli scenari plumbei alla Victor Hugo. Un insieme di tonalità emotive assolutamente variegate, amalgamate tra loro dalla morbidezza della voce di Capossela che, senza mai rendersi protagonista riconoscibile, determina il ritmo e l'andamento di questa composizione animata.

Movieplayer.it

4.0/5