Recensione - La moglie del Sarto

Massimo Scaglione racconta la storia personale di Rosetta Pignataro che, ispirata da alcune chiacchiere ascoltate dentro una pasticceria newyorkese, si colloca nella visione generale di una società passata che oggi, pur cambiando forma e linguaggio, non è poi così diversa nella sostanza.

Per le donne, soprattutto quelle del sud, i fantastici anni sessanta non erano poi così incredibili. La loro identità nasceva e moriva con il nucleo famigliare e, nel caso di una vedovanza prematura, la rispettabilità poteva essere messa in discussione senza troppo scrupoli da una moralità gretta e da una società decisamente maschile. La bellezza****, poi, era un'arma a doppio taglio che se, da una parte, serviva per evitare lo spettro della zitellaggine, oggi definita in modo più moderno e poliglotta con il termine singletudine, dall'altra costituiva quasi un peccato mortale in assenza di una figura maschile a fare da garante e protettore nei confronti del mondo esterno. Da queste premesse culturali il regista Massimo Scaglione è partito per raccontare la storia personale di Rosetta Pignataro che, ispirata da alcune chiacchiere ascoltate dentro una pasticceria newyorkese, è tornata a collocarsi nella visione generale di una società che oggi, pur cambiando forma e linguaggio, non è poi così diversa nella sostanza. E' così che questa donna, ancora giovane e bella, rimane da sola con Sofia, la figlia diciottenne, a sostenere le voci diffamatorie di un intero paese dopo la morte del marito Edmondo, stimato sarto del paese. Per loro due sembra essere definitivamente terminata l'era della rispetto e dell'amicizia, ma dietro tanta malignità e cieca opposizione ci sono dei disegni economici il cui scopo è di cancellare, insieme all'onestà di Rosetta, anche le tradizioni più antiche del paese. Quindi, nulla di strano se, nel nome, del progresso, l'assessore Cordano tenta con ogni mezzo illecito di aggirare, minacciare e diffamare le due donne per impossessarsi della loro sartoria e fare posto ad un albergo di lusso per turisti facoltosi in cerca di un panorama mozzafiato da contemplare.

Eva contro Eva

La moglie del sarto: Maria Grazia Cucinotta con Marta Gastini e Alessio Vassallo in una scena
La moglie del sarto: Maria Grazia Cucinotta con Marta Gastini e Alessio Vassallo in una scena
Nonostante la presenza maschile sia piuttosto numerosa, considerate le interpretazioni volutamente fastidiose di Ernesto Mahieux, Ninni Bruschetta e Claudio Botosso, il film ruota esclusivamente intorno a Maria Grazia Cucinotta e Marta Gastini, le quali definiscono passo dopo passo le caratteristiche di un rapporto esclusivo. Perché oltre ad essere madre e figlia, le due si trovano a dover condividere il dolore di una perdita, la chiusura mentale del paese e l'inevitabile corsa alla sopravvivenza. Dunque, ben oltre il legame famigliare e di appartenenza, costruiscono le basi di un rapporto simbiotico in cui gioie e dolori vengono vissuti con una sovrapposizione in qualche modo ossessiva e pericolosa. Pur volendo mettere in evidenza lo spirito di sacrificio che spesso anima una madre nei confronti della propria vita, Scaglione accentua in modo esagerato i toni melodrammatici arrivando a dipingere le due donne quasi come una il prolungamento dell'altro fino a toccare livelli narrativi estremi inserendo tra le due la variabile di Alessio Vassallo, ex puparo trasformato in sarto per amore di Sofia.

Ricostruire gli anni sessanta

La moglie del sarto: Maria Grazia Cucinotta con Marta Gastini in una scena del film
La moglie del sarto: Maria Grazia Cucinotta con Marta Gastini in una scena del film
Alla fine degli anni cinquanta il cinema aveva una natura legata fortemente alla realtà quotidiana in cui si potevano identificare senza troppa fatica gli spettatori. Basta pensare a film indimenticabili dal carattere popolare come Poveri ma belli o Pane, amore e fantasia. A fare la differenza in questi racconti era proprio la realtà che, senza bisogno di essere artefatta o rappresentata, si prestava spontanea ad essere fotografata. La moglie del sarto, pur cercando di riproporre quella normalità, non riesce a rintracciare la spontaneità e la naturalezza di quell'epoca affidandosi, invece, ad una ricostruzione spesso artificiosa. Per questo motivo, nonostante Scaglione e la sua troupe abbiano avuto l'opportunità di girare interamente il film in un piccolo paese del sud Italia in cui è possibile rintracciare ancora un piccolo mondo antico, scenografia e costumi rompono l'incanto mostrandosi fin troppo chiaramente all'occhio dello spettatore.

In conclusione

La moglie del sarto riporta ad un cinema del passato senza, però, catturarne l'essenza e la naturalezza.

Movieplayer.it

2.0/5