Recensione L'era legale (2011)

Il racconto è sempre e soltanto lieve e pur nella sua importanza il messaggio rischia di essere annacquato da un discorso che si fa subito fiaba, mito, quindi non del tutto credibile. La confezione, però, è accurata e il divertimento è assicurato.

Masaniello è cresciuto

Guardando il mockumentary di Enrico Caria, L'era legale, presentato al Torino Film Festival 2011 nella sezione Festa Mobile - Figure nel paesaggio non si può fare a meno di esclamare 'magari'. Magari potesse essere così facile sconfiggere camorra e narcotraffico, trasformare una città come Napoli in un simbolo di giustizia e legalità, spingere i cittadini ad essere i primi difensori del diritto. E' ovvio che la realtà sia completamente diversa da quella dipinta in questa gustosa commedia che racconta l'irresistibile ascesa di Nicolino Amore, un personaggio di fantasia che in una manciata di anni alla guida della città partenopea riesce a cambiarne il volto, diventando un modello positivo da imitare. Figlio della contrabbandiera inventrice dello 'sfizio', ovvero permettere al cliente di prelevare le sigarette conservate nella sua generosa scollatura e di un cantante di sceneggiate alcolizzato, finito a fare il parcheggiatore abusivo, Nicolino cresce vivendo di espedienti. Fallita la sua attività di guantaio e finito in galera perché scambiato per un ladro di automobili (in realtà ci dormiva dentro dopo il suo rovescio di fortuna), alterna le letture di Tommaso Campanella e Dante a quelle della Settimana Enigmistica, diventando un uomo nuovo. Uscito da Poggioreale mette alla prova la sua tempra ritrovata in un viaggio a Londra che gli apre nuovi orizzonti; tornato a Napoli trasforma la Galleria Umberto I nel suo personale Speaker's Corner diventando ben presto un personaggio. Le sue arringhe in favore della legalità e di una sana ribellione nei confronti dei politici intrallazzatori non passano inosservati e il novello Masaniello viene gettato nella mischia durante la surreale campagna elettorale comunale. Smaschera in diretta televisiva un giro di tangenti e grazie ai finanziamenti di un fabbricante di batterie riesce ad essere eletto sindaco come rappresentante del Movimento Alto.


Gli inizi non sono affatto facili per un uomo che vuole rompere i ponti con un vecchio modo di fare politica, ma dopo una lunga serie di boicottaggi (due donne prezzolate, una cassiera di Cuneo e una bigama bulgara, lo avevano accusato di essere un seduttore di bassa lega), Nicolino decide di scendere a patti coi potenti di turno. Ma la bella vita, le cene con i colleghi, le interviste superficiali, le ospitate in ridicoli reality show culinari, mal si sposano con la reale indole di Amore. Mollato dalla moglie, una stellina televisiva che in lui aveva visto solo un'ulteriore rampa di lancio alla sua carriera, con un padre alcolizzato tornato a vivere con lui, Nicolino rivede i suoi piani e spinto da colei che diventerà la nuova compagna di vita, Concettina Fiore, si rimbocca le maniche e inizia la sua battaglia per il rinnovamento. Sfruttando i poteri assegnatigli grazie alla riforma federale della Costituzione (con buona pace di Umberto Bossi) si imbarca con successo nell'operazione 'Mo' basta': ripulisce la città, liberalizza la droga, decapitando camorristi e narcotrafficanti, fa rifiorire nei cittadini la cultura della legalità. Non è la Svizzera, ma Napoli, la città sommersa dall'immondizia nel 2008 e diventata nel 2020 il posto più bello del mondo, meta prediletta dai cervelli in fuga da Harvard.

Questa è la struttura attorno a cui si modella il film di Caria che per illustrare al meglio il favoloso mondo di Nicolino Amore si affida ad una lunga serie di finte interviste con veri protagonisti del mondo dello spettacolo e della politica, come Renzo Arbore e Isabella Rossellini, il procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso e il suo vice Vincenzo Macrì, il presidente della prima associazione antiracket costituita in Italia, Tano Grasso e poi gli scrittori Giancarlo De Cataldo e Carlo Lucarelli e la giornalista francese del Nouvel Observateur, Marcelle Padovani, tutti eccellenti 'comprimari' di questo meraviglioso protagonista, interpretato con insolita pacatezza dalla star di Un posto al sole, Patrizio Rispo. Dove il film riesce è nella descrizione dell'universo napoletano, con i suoi personaggi leggendari e la mirabolante arte di arraggiarsi (i filmati di You Cube, la hit del momento del neomelodico Dario Di Procida, T'aggia sparà). Nulla di nuovo, s'intende, soprattutto al cospetto di piccoli capolavori come Così parlò Bellavista, in cui il tema della malavita veniva declinato sempre in maniera ironica, ma con tocchi di inaspettata profondità. Qui il racconto è sempre e soltanto lieve e pur nella sua importanza (il cambiamento deve partire dai diretti interessati) il messaggio rischia di essere annacquato da un discorso che si fa subito fiaba, mito, quindi non del tutto credibile. La confezione, però, è accurata e il divertimento è assicurato. Riflettere pertanto è obbligatorio.

Movieplayer.it

3.0/5