Un documentario sospeso tra realtà e finzione: una coraggiosa sfida cinematografica, ma anche una vera avventura che si è sviluppata nel corso di cinque giornate, dal 14 al 18 novembre 2013. Io sto con la sposa rappresenta una scommessa ardita, nonché un progetto decisamente intrigante, per diversi motivi: innanzitutto perché si tratta del frutto di una delle più ampie operazioni di crowdfunding in ambito europeo (100.000 euro di budget raccolti in appena due mesi), e in secondo luogo per la sua azzardata mistura tra il senso di 'verità' di un documentario propriamente detto e alcuni espedienti da mockumentary che annullano i confini fra generi e stuzzicano ulteriormente la curiosità dello spettatore.
Presentato fuori concorso nella sezione Orizzonti alla 71° edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Io sto con la sposa è il pprodotto del lavoro di tre documentaristi, Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry, che hanno raccontato un rocambolesco viaggio da Milano a Stoccolma, avvenuto realmente nel novembre del 2013.
Viaggi di nozze
Protagonisti di questa bizzarra commedia on the road sono un giornalista italiano, un poeta siriano e cinque immigrati, palestinesi e siriani, in fuga dalla guerra: questi ultimi, dopo essere sbarcati a Lampedusa e aver vissuto per lungo tempo in Italia, si ritrovano ora a Milano, intenzionati a raggiungere la Svezia nel tentativo di ricostruirsi una nuova esistenza. La loro spedizione, della quale la macchina da presa offre una testimonianza diretta momento per momento, è caratterizzata da un curioso stratagemma, anche alla radice del titolo del film: simulare un matrimonio. Con una giovane coppia nei ruoli dei due neo-sposi ed un piccolo gruppo di amici come invitati alle nozze, questa vivace "carovana" inizia così un percorso che passerà attraverso buona parte del continente, dalla Francia alla Germania alla Danimarca, nella speranza di sfuggire ai controlli e assumendosi tutti i rischi del caso.
Fra mockumentary e cinéma vérité
Benché Io sto con la sposa sia prepotentemente calato in un contesto "reale", lo spunto e la struttura di questa storia sorprendente sembrano rifarsi alle farse tragicomiche e alle provvidenziali "mascherate" di tanto cinema di finzione (Radu Mihaileanu, per citare solo un nome). Il film, anziché seguire i canoni risaputi del genere documentaristico, adotta piuttosto un approccio da cinéma vérité, con una macchina da presa che si muove con apparente disordine tra questa piccola folla di simpatici migranti, cogliendo istanti di grande pathos (la telefonata con la quale un ragazzo palestinese apprende di aver finalmente ottenuto la cittadinanza italiana) accanto a situazioni di routine quotidiana e a brevi "confessioni" in presa diretta.
Le scene di gruppo, così come le lunghe sequenze circoscritte allo spazio ristretto di un'auto, sono pertanto animate da un senso di realtà contaminato in parte - o almeno questa è l'impressione che traspare dal film - da piccoli espedienti volti ad accattivarsi l'attenzione dello spettatore: le canzoni intonate di volta in volta dai personaggi o perfino il "ballo di gruppo" conclusivo, in stile The Millionaire. Pregi che, almeno in parte, compensano i frequenti cali di ritmo e una struttura narrativa sostanzialmente lineare e con ben pochi sussulti.
Conclusioni
Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry sono gli autori di un bizzarro documentario che è anche e soprattutto un'avventura on the road, nonché una testimonianza in presa diretta sul tema della migrazione e della ricerca di una patria nella speranza di cominciare una nuova esistenza: un film che adotta gli stilemi del cinéma vérité per raccontare, con realismo ma anche con ironia, un travagliato percorso sotto il segno di un finto matrimonio.
Movieplayer.it
2.5/5