Il film che non c'è
E' un giorno come tanti nella vita di un regista che non ha niente di cui occuparsi, perché il suo paese gli vieta di fare il suo mestiere, quando a Jafar Panahi viene l'idea di chiamare il suo amico Mojtaba Mirtahmas per proporgli di realizzare un piccolo progetto insieme. Il regista de Il cerchio vuole almeno immaginare il film che avrebbe dovuto essere il suo prossimo, e vuole farlo con una telecamera. "Se recito e leggo una sceneggiatura, non possono dire che sto dirigendo, giusto? Non c'è scritto questo sulla sentenza!", dice Panahi, un po' scherzando, e un po' seriamente, perché le sanzioni in cui può incorrere se colto nell'atto di trasgredire alle restrizioni impostegli non sono certo uno scherzo. Ma in realtà quello di dare un'idea dell'opera che non ha potuto realizzare e che forse non potrà mai realizzare è solo un pretesto per esplorare la quotidianità di un artista che si consuma nell'urgenza di lavorare, e che continua a vedere il mondo che lo circonda con lo sguardo del cineasta.

Emerge in questa breve, intima pellicola, una figura forte e amabile, che continua a sperare in una soluzione positiva del suo problema con il governo iraniano. Panahi non sembra nemmeno concepire la possibilità di una fuga, è evidente il suo desiderio di raccontare la realtà che lo tocca, il suo paese, il suo fascino e le sue trappole, e se non può farlo con il cinema si accontenta di mettersi a filmare con il suo telefono cellulare.

Movieplayer.it
3.0/5