Recensione I 2 soliti idioti (2012)

La scelta di concentrarsi esclusivamente sui personaggi di Ruggero e Gianluca non si rivela vincente perché, se da una parte permette di costruire una sorta d'intreccio narrativo intorno a queste due maschere, dall'altra parte mette in evidenza quanto poco appeal cinematografico abbiano.

Generazione coatta

Parlare di un film come I 2 soliti idioti non è sempre un'impresa facile e scontata. In questo caso a rendere più difficile una vaga analisi critica è la consapevolezza che, pur presentando dei problemi evidenti che coinvolgono la struttura narrativa e l'utilizzo di un linguaggio esasperato più dal continuo ripetersi che dalla volgarità, ci si trova di fronte ad un'operazione commerciale che avrà un riscontro incredibile in sala. Alla luce di questo, dunque, è quasi d'obbligo iniziare con l'interrogarsi sui motivi che attraggono il pubblico verso questo tipo di comicità aspra e eccessiva. A vantaggio della coppia Mandelli/Biggio va detto che la serie tv originale ha uno scopo ed un fine satirico più efficace dei film. Sarà per la struttura in sketch che enfatizza al massimo il punto di vista impietoso degli autori o per la varietà di personaggi attraverso cui offrire una visuale quasi completa sulle miserie umane, sta di fatto che si riesce anche ad andare oltre l'uso enfatico della parolaccia per capire lo scopo ultimo del progetto. Cosa che non accade, invece, nella trasposizione sul grande schermo affetta, fin dal predecessore I soliti idioti, da tutti i difetti di un film discontinuo dove l'assenza di ritmo pesa come un macigno su un'ironia veramente superflua. Perché, a questo punto, dovrebbe essere universalmente noto che dilatare all'infinito i tempi e la narrazione di una striscia televisiva è un'operazione destinata a fallire dal punto di vista della qualità.


Il primo a soffrire, come insegna ad esempio l'esperienza di Aldo, Giovanni e Giacomo e di Boris il film, è proprio l'elemento comico che, se non sostenuto da una sceneggiatura allo stesso tempo solida ed elastica, ha ben poche speranze di strappare un sussulto nella platea, figurarsi una risata. Così, se un anno fa Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio sono riusciti almeno in parte a schivare questo pericolo grazie ad una serie di personaggi che, pur dando discontinuità alla narrazione, aggiungevano importanti variazioni all'andamento ironico, questa volta con I 2 soliti idioti cadono pienamente nella trappola. In particolare, la scelta di concentrarsi esclusivamente sui personaggi di Ruggero e Gianluca non si rivela vincente perché, se da una parte permette di costruire una sorta d'intreccio narrativo intorno a queste due maschere, dall'altra parte mette in evidenza quanto poco appeal cinematografico abbiano. Il problema è che, sostenere più di novanta minuti di "dai cazzo" ripetuto a raffica accompagnato da una caricatura fisica di cui, alla fine, si possono prevedere in anticipo mosse e espressioni, non è certo un'esperienza da consigliare a tutti. A salvare la situazione non bastano nemmeno le citazioni cinematografiche dedicate a Karate Kid - Per vincere domani e Arancia Meccanica con una breve incursione di Jeeg Robot d'Acciaio o la quasi svelata identità della mitica Fabiana, finalmente sposa. Altrettanto inefficace, poi, è il substrato impegnato che gli autori/attori tengono ad esaltare e mantenere come base fondante di tutta l'operazione.

In particolare il confronto tra l'opportunismo berlusconiano e il più rigoroso stile montiano, rappresentato dal volgare Ruggero e dal severo consuocero Professor Pelosi, non tiene il passo con la lunghezza cinematografica e, soprattutto, non ha la capacità di essere chiaramente leggibile dalla platea. Stiamo parlando di un pubblico di giovanissimi che, come fotografato dal film stesso, al grido costante di "bella zio" non fanno certo caso al significato sociale del film ma si lasciano galvanizzare dalla sopravvivenza della disco e dallo sdoganamento della parolaccia, finalmente tornata ad essere citazione. In questo modo il film ed i suoi autori perdono l'occasione di entrare in contatto con una fascia di pubblico che, andando oltre l'enfatizzazione dell'orgoglio "coatto", avrebbero potuto apprezzare pienamente l'anima politicamente scorretta del progetto. Certo, c'è da considerare anche la variante meno romantica che al duo Mandelli/Biggio e, soprattutto, al produttore Pietro Valsecchi non importi poi molto di opporsi al politically correct imperante al cinema e in televisione, ma, più maternamente, siano concentrati sul guadagno a tutti i costi. Un punto di vista, però, che nei cinepanettoni di De Laurentiis ha trovato sicuramente un'onestà "intellettuale" più evidente e apprezzabile.

Movieplayer.it

2.0/5