A chi si lamenta della ripetitività di un cinema italiano standardizzato e formulaico, Gianni Zanasi risponde con La felicità è un sistema complesso. E complesso è il lavoro che svolge il protagonista del film, interpretato da Valerio Mastandrea. A causa di un trauma familiare, come scopriremo poi, Enrico Giusti è diventato un tagliatore di teste in incognito, un abile professionista che ha il compito di convincere gli imprenditori incapaci a rinunciare al loro lavoro prima di far fallire la propria industria. Enrico li frequenta, si finge loro amico e li indirizza verso quella che lo studio legale per cui lavora ritiene la soluzione migliore per tutti. L'uomo, che sembra genuinamente interessato al bene del prossimo, maschera la solitudine con il superlavoro finché un giorno non fa ritorno a casa da un viaggio e scopre che una ragazza israeliana, ex del fratello minore, dorme sul pavimento di casa sua. Ma i guai non sono finiti. Tra le mani sta per capitargli il caso più complicato della sua carriera. Quando due fratelli di 18 e 13 anni, figli di una celebre coppia di imprenditori, restano orfani all'improvviso, diventano anche soci di maggioranza del gruppo aziendale. Il compito affidato a Enrico - convincerli a mettersi nelle mani dello zio e degli altri soci cedendo le loro quote - si rivela più arduo del previsto quando Filippo, il maggiore, decide di lasciare gli studi e prendere in mano le redini dell'azienda di famiglia.
Capitalismo e libertà
La felicità è un sistema complesso è un film ambizioso e stratificato, con un sottotesto politico esplicitato in più momenti. Tanta la carne al fuoco, perfino troppa, in un lavoro difficile da analizzare proprio in virtù dal suo esulare dai generi tradizionali. Anche se il personaggio affidato a Valerio Mastandrea strappa risate in più occasioni, il film di Zanasi non si colloca nell'ambito della commedia, anzi, è intriso di un mood malinconico amplificato da una colonna sonora molto languida e molto presente. La riflessione politica insita nel film si concentra su un tema su cui oggi si riflette spesso, quello di 'economia sostenibile'. Enrico Giusti prova, nel suo piccolo, a sistemare le cose nel modo migliore per tutti, per i dipendenti e per i suoi capi. Il suo personaggio umano sembra genuinamente preoccupato dalla sorte delle aziende che gli capitano sottomano ed eliminare gli imprenditori incapaci, per lui, è quasi una missione. Con l'arrivo di Achrinoam, interpretata da Hadas Yaron, rivelazione con La sposa promessa nel 2012, la riflessione si sposta sul piano personale. La ragazza, con tutto il bagaglio di problemi ed eccentricità che si porta dietro, mette in discussione il sistema di valori di Enrico, i suoi metodi e il tempo da lui dedicato al lavoro. Da un punto di vista etico, l'attività svolta da Enrico è discutibile. I suoi capi sono squali il cui principale interesse è il guadagno e la parola d'ordine è limitare i danni. Di conseguenza, lui è costretto a indossare una serie di maschere fingendosi altro da sé per portare a termine il compito che gli è stato affidato.
Un film lirico, che ci invita a riflettere sul senso della vita e del lavoro
Di fronte a un nucleo narrativo compatto, a livello formale il film di Gianni Zanasi appare ondivago e sfilacciato. Il regista lavora per associazioni ed evocazioni, inframezzando la narrazione tradizionale con pause liriche. Il risultato è un prodotto confuso, ma affascinante. La felicità è un sistema complesso spiazza il pubblico mescolando linguaggi diversi: a momenti comici se ne contrappongono altri pesantemente drammatici, a sequenze concrete - che riguardano principalmente l'ambiente lavorativo di Enrico - si affiancano scene simboliche, vagamente surreali, decontestualizzate dalla realtà. A tratti il regista sembra perdere il controllo di questo magma narrativo in cui la storia assume direzioni impreviste in una sorta di anarchia addomesticata, pervasa da un'atmosfera meditativa simil new age. Umanissimo e divertente, Valerio Mastandrea è ancora una volta l'anima del film. La tenera ironia e i guizzi del suo personaggio si contrappongono all'ambiguità delle figure affidate a Giuseppe Battiston e Teco Celio, padre e figlio accomunati dal doppiogiochismo e dalla ricerca del profitto a ogni costo. In un mondo in cui vincono i più forti, quelli che non si tirano indietro quando c'è da far fuori un ostacolo verso la corsa al benessere, gli unici in grado di guardare il mondo con occhi puri sono i giovani. Filippo, la sorella Camilla, Achrinoam, folli, idealisti, capaci di sognare (ancora). E Enrico, che grazie alla loro influenza ha ancora una possibilità di salvare se stesso.
Movieplayer.it
3.0/5