Recensione Boiling Dreams (2011)

Il tema centrale di Boiling Dreams è l'emigrazione, maledizione, costume, anelito che fa parte del DNA dei popoli del Mediterraneo. Ma la prospettiva dalla quale il regista marocchino Hakim Belabbes affronta l'argomento è multiforme e interessante.

L'assenza del padre

E' la notte dell'addio tra Fatima e suo marito Ahmed, che ha deciso di lasciare il paesino del Marocco in cui ha costruito la sua giovane famiglia per tentare la fortuna con una traversata illegale verso la Spagna. Mentre per Fatima e per i suoi due figli inizia una straziante agonia d'incertezza sulla sua sorte, Ahmed entra nel limbo dell'attesa mentre, accampato vicino alla costa, attende di potersi imbarcare.

Il tema centrale di Boiling Dreams è l'emigrazione, maledizione, costume, anelito che fa parte del DNA dei popoli del Mediterraneo. Ma la prospettiva dalla quale il regista marocchino Hakim Belabbes affronta l'argomento è multiforme e interessante: se la sofferenza della moglie e dei bambini abbandonati è al centro della narrazione, ci sono numerose altre voci che raccontano tanti aspetti del problema, dalla madre di Fatima che lamenta l'inaffidabilità e l'irrequietezza atavica degli uomini, al compagno di fuga di Ahmed che, senza legami e senza futuro, non ha niente da perdere, fino a chi ha scelto di restare, e se ne pente, perché è un "fallito" agli occhi della sua famiglia. L'elemento ambientale, in un film visivamente ambizioso, è pure importantissimo e serve a sottolineare ulteriormente la bellezza, il valore di ciò che il migrante si lascia alle spalle.


Nonostante la molteplicità delle visioni del problema, convogliata anche, e con sorprendente efficacia, grazie a surreali aside in cui vari personaggi si confessano con il pubblico, è evidentemente al personaggio di Fatima che il regista consegna la sua persuasione; e la splendida Houda Sedki incarna con infinita fragilità e dolcezza questa remissiva eppure dignitosa eroina verso il quale il regista indirizza la sua e la nostra simpatia, soprattutto nel lacerante monologo in cui implora al marito di non partire, perché lei non ha bisogno che "della sua spalla su cui addormentarsi". Di Ahmed ci viene rivelato meno, perché non è la sua decisione o il suo viaggio che conta ma la sua assenza, riflessa nelle tribolazioni di Fatima e nei giochi dei bambini, una piccola donna e un piccolo uomo che seguono lo stampo dei genitori, più paziente lei, più irrequieto il fratellino, come a suggerire il riverbero di una condizione che tuttora ci appartiene.

Boiling Dreams è anche un film ricco di simboli, il principale dei quali è l'acqua nella sua dualità: quella preziosissima che Fatima trasporta e conserva al villaggio, che sua figlia usa con cura per lavare le verdure, e che il piccolo Oussama spreca, e quella del mare, speranza di vita e di un futuro di agiatezza, ma anche minaccia una morte fredda immersa nel terrore. Le stesse promesse ambivalenti di quel sogno, di quello struggimento e di quella follia che strappano Ahmed dal suo posto nel mondo.

Movieplayer.it

3.0/5