Gli scrittori e i film thriller sono da sempre un ottimo connubio. Nell'ultimo che troviamo nelle nostre sale, Black Butterfly di Brian Goodman (Boston Streets), a raccogliere la sfida è Antonio Banderas che interpreta Paul Lopez, scrittore spagnolo procrastinato con il vizio dell'alcol. Sbarcato in America per fare fortuna come sceneggiatore dovrà invece fare i conti con un blocco che diventa patologico. Il verso sembra cambiare quando compare misteriosamente nella sua vita il vagabondo con il volto dell'irlandese Jonathan Rhys Meyers. L'uno diventa prigioniero dell'altro. Lo scrittore tenterà più volte la fuga invano fino ad un finale stracolmo di colpi di scena, o presunti tali, che non serviranno a risollevare le sorti di un film che lascia piuttosto indifferenti. Consigli letterari e lezioni di vita vengono snocciolati a più non posso in questo home-invasion thriller piuttosto inverosimile. Poco chiare anche le dinamiche del rapporto che si instaura tra i due protagonisti. Prima protetto e protettore, poi allievo e life coach, infine vittima e carnefice.
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Il peccato originale
Nulla a che vedere con un capolavoro inarrivabile come Misery non deve morire di Rob Reiner (tratto dall'omonimo best-seller di Stephen King) che pure sembra essere l'indubbio punto di riferimento. Il peccato originale di Black Butterfly è la sceneggiatura scritta da Justin Stanley e Marc Frydman (in realtà adattamento del testo di Hervé Korian per il francese Papillon noir del 2008) senza particolare attenzione alla plausibilità degli eventi e alla caratterizzazione dei personaggi protagonisti. Perfino il titolo, che prende spunto da un tatuaggio che il personaggio di Meyers mostra sulla schiena, è talmente disconnesso dalla trama da non giustificare sufficientemente la sua presenza. Poca importanza riveste inspiegabilmente anche il paesaggio del Colorado (le riprese si sono tenute in Italia tra la Tiburtina e i dintorni di Bracciano) dove viene collocato il rifugio di Paul preso d'assalto dal suo antagonista.
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Performance poco creative
Black Butterfly rappresenta l'ennesima scelta sbagliata per Jonathan Rhys Meyers, attore magnetico e di grande talento, la cui carriera sembra aver subìto una battuta d'arresto da almeno dieci anni. Un attore irriconoscibile rispetto ai tempi di Match Point o de I Tudors - Scandali a corte. Stesso discorso per Banderas che negli ultimi tempi si sta riciclando in vari generi, in particolare quello action, senza mai rimanere veramente impresso. Nulla è dato sapere di questi personaggi in cerca di autore di Black Butterfly, che muovono i passi in un contesto indefinito e sommario dove tutto avviene in maniera macchinosa e poco convincente. Debole, poco ispirato al pari dello scrittore protagonista, il film è totalmente privo di fascino e tensione. Allo spettatore non resta che consolarsi con il breve cameo di Abel Ferrara, uno che al contrario di Goodman di suspense se ne intende.
Movieplayer.it
1.5/5