Fra le icone indiscusse del cinema americano a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, protagonista di una carriera prodigiosa che non è stata compromessa neppure da alcuni sonori tonfi, alle soglie dei sessant'anni l'inossidabile Kevin Costner porta in concorso alla nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, nella sezione "Alice nella Città", Black or White, film da lui stesso co-prodotto.
Firmato dal regista e sceneggiatore Mike Binder, che aveva già diretto Costner nel 2005 nella pregevole commedia Litigi d'amore, Black or White si inserisce all'interno di quel filone di drammi processuali a tematica familiare, incentrati sulle lotte per l'affidamento di un minorenne, che conserva come suo principale rappresentante il pluripremiato Kramer contro Kramer di Robert Benton (film validissimo ma, già all'epoca, ampiamente sopravvalutato).
Una famiglia in tribunale
Il film di Binder si apre con la morte improvvisa, in seguito a un incidente stradale, della moglie di Elliot Anderson (Kevin Costner), socio di un prestigioso studio legale di New Orleans con la tendenza ad alzare il gomito. Elliot e sua moglie hanno cresciuto come una coppia di genitori la loro nipotina Eloise (Jillian Estell), dato che sua madre era morta subito dopo il parto e suo padre, l'afroamericano Reginald (Andre Holland), non aveva voluto né potuto prendersi cura della bambina a causa dei propri problemi di tossicodipendenza. Eloise ha sempre avuto un ottimo rapporto con nonno Elliot, pur soffrendo per non aver mai potuto conoscere suo padre; tuttavia, questo equilibrio familiare si incrina quando la caparbia Rowena (Octavia Spencer), madre di Reginald e matriarca di una vivace famiglia allargata che vive nei sobborghi della città, decide di trascinare Elliot in tribunale, pretendendo che il proprio figlio abbia l'affidamento esclusivo di Eloise. Il processo, ovviamente, non risparmierà ad entrambe le parti momenti di imbarazzo e di dolore, riesumando vecchi rancori appartenenti al passato ma tuttora irrisolti, ed evocando in più di un'occasione lo spettro dei presunti pregiudizi razziali di Elliot - benché si debba specificare come il tema del razzismo sia assolutamente circoscritto e minoritario rispetto alla trama complessiva del film, a dispetto di quanto un titolo banale e poco coerente non lasci invece intuire.
Conflitti familiari e voglia di tenerezza
Difatti, benché le tensioni razziali siano un problema ancora vivo e pulsante all'interno del tessuto sociale americano, Black or White non è un film sul razzismo (argomento anzi appena sfiorato, e in maniera alquanto superficiale), né per renderlo un film sul razzismo è sufficiente la presenza di un protagonista bianco impegnato a sfidare in tribunale un clan familiare nero. A dominare la scena è piuttosto il ritratto di Elliot, il giovane nonno amorevole che offre al "duro" Kevin la possibilità di alternare sequenze in cui l'attore può sfoderare il proprio istrionismo e parentesi di maggiore tenerezza. Tutto qui? Più o meno: perché Black or White nella sua ingenuità televisiva - tanto sul piano della messa in scena, quanto su quello dei contenuti - è un prodottoche poggia le proprie basi su un sentimentalismo un po' anacronistico e, all'esacerbazione dei conflitti fra i personaggi, antepone una patina di generalizzato buonismo. Elementi che non contribuiscono a risollevare le sorti di un tipico prodotto "per famiglie" che non aggiunge molto al proprio sottogenere di appartenenza.
Conclusioni
Interpretato e co-prodotto da un carismatico Kevin Costner, Black and White è una pellicola che non si sforza di di oltrepassare i canoni del filone dei family drama a sfondo giudiziario e rimane legata a un facile sebbene sincero sentimentalismo. Il risultato è un film scorrevole e ben confezionato, ma privo di una reale volontà di problematizzazione rispetto alla materia narrativa trattata.
Movieplayer.it
2.0/5